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Pescara, 16/05/2025
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17/09/2013
Il Messaggero
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Alta velocità, Lorenzetti arrestata. L’accusa è corruzione, per gli investigatori del Ros avrebbe cercato di favorire alcune aziende e il marito, ma il suo legale, Luciano Ghirga, replica: «Seguiva i lavori, ma nessun favore» |
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PERUGIA Nove mesi precisi, dall’avviso di garanzia all’arrivo dei carabinieri nella casa in zona viale Firenze, dove risiede Maria Rita Lorenzetti, ex presidente della Regione Umbria e fino a ieri presidente dell’Italferr, società di ingegneria del gruppo Ferrovie dello Stato. I carabinieri le hanno notificato la misura cautelare degli arresti domiciliari disposta dal gip di Firenze nell’ambito nell’inchiesta sul nodo fiorentino della Tav. Accusata, da gennaio, di abuso di ufficio, corruzione e associazione a delinquere, Lorenzetti è finita ai domiciliari insieme a Gualtiero (detto Walter) Bellomo, membro della commissione Via del ministero dell'Ambiente; Furio Saraceno presidente di Nodavia; Valerio Lombardi, tecnico di Italferr; Alessandro Coletta, consulente, ex membro dell'Autorità divigilanza sugli Appalti pubblici; Aristodemo Busillo, della società Seli di Roma, che gestisce la grande fresa sotterranea «Monna Lisa» per realizzare il tunnel alta velocità sotto Firenze.
Il gip inoltre ha deciso la misura interdittiva di due mesi dallo svolgimento di attività per società ed enti di appartenenza a carico dei dirigenti della CoopSette di Castelnuovo di Sotto (Reggio Emilia) Alfio Lombardi, Maurizio Brioni, Marco Bonistalli, del presidente del cda di Seli Remo Grandori e dell'ad di Italferr Renato Casale. Sei gli arrestati, ma in totale gli indagati, alla fine di un’indagine condotta dai carabinieri del Ros e dal Corpo forestale dello Stato, sono trentuno. Tra le accuse, anche reati ambientali, tra cui lo smaltimenti illecito dei rifiuti. L’inchiesta infatti prende le mosse, nel 2010, dallo smaltimento abusivo di ingenti quantità di fanghi derivanti dalla realizzazione di paratie preliminari allo scavo di un tunnel della Tav. Ma la data di svolta è marzo 2012, quando Lorenzetti, da poco alla presidenza Italferr, viene pedinata e fotografata. Insieme a lei i membri di quell’«associazione illecita» che, secondo il procuratore Giuseppe Quattrocchi e i sostituti Giulio Monferini e Gianni Tei, «pianificano una serie di interventi a vasto raggio per influire e determinare le varie pubbliche amministrazioni coinvolte, in maniera da superare ogni possibile ostacolo e intralcio agli obiettivi dell’associazione: ovverosia favorire al massimo in termini economici Nodavia e tramite essa Coopsette (di cui si teme anche la prossima insolvenza) a scapito dei costi dell’appalto e a danno delle casse dello Stato». Nei guai sono infatti finiti i dirigenti della società vincitrice dell'appalto, la Nodavia appunto, della Coopsette (sua socia di maggioranza), tecnici di Italferr, componenti e funzionari della commissione di via del ministero dell'Ambiente, dell'autorità di vigilanza delle opere pubbliche e dirigenti dell'unità di missione del ministero delle Infrastrutture. E dopo nove mesi, la procura chiede le misure cautelari che il giudice per le indagini preliminari Angelo Antonio Pezzuti, in parte, concede. Nelle 450 pagine dell’ordinanza, viene ipotizzato il rischio di reiterazione del reato. Si parla anche di «gravi indizi di colpevolezza», apparendo «grave ed attuale il pericolo che i medesimi, se non limitati nella loro libertà, possano commettere altri delitti. In particolare, la natura, la specie, i mezzi, l'oggetto, il tempo, il luogo e ogni altra modalità delle azioni poste in essere dagli indagati denotano una particolare intensità del dolo». La presidente Lorenzetti, in particolare, sarebbe accusata di essersi adoperata perché venissero pagate due società impegnate nei lavori della Tav a Firenze, per le quali i versamenti erano in ritardo: in cambio avrebbe ricevuto presunti favori professionali per il marito. «Vantaggi assolutamente inesistenti», replica l’avvocato Luciano Ghirga. «Grazie al ruolo» di presidente di Italferr e «alle entrature politiche» come ex presidente della Regione Umbria e membro della direzione nazionale del Pd, Maria Rita Lorenzetti, per il gip, «dovrà perseguire tre obiettivi precisi di comune interesse che diventano per ciò stesso le finalità dell’organizzazione criminale». «Soprattutto la Lorenzetti, con espressioni esplicite e intenti manifesti, fa chiaramente il gioco del general contractor (Nodavia, ndr) e del socio di maggioranza Coopsette che giuridicamente dovrebbe essere la sua controparte contrattuale a cui deve far arrivare il massimo del profitto possibile con totale pregiudizio del pubblico interesse che dovrebbe sovrintendere la gestione di un appalto tale». Nell’ordinanza, il gip Pezzuti spiega come «l’appartenenza alla “squadra” più volte richiamata da Maria Rita Lorenzetti riporta ad un articolato sistema corruttivo per cui, ognuno nel ruolo al momento ricoperto, provvede all’occorrenza a fornire il proprio apporto per conseguimento del risultato di comune interesse. In questa cornice, che prevede la contestuale ripartizione dei funzionari pubblici interessati ai procedimenti amministrativi di interesse in amici e nemici, sono stati rilevati scambi di favore di varia natura».
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