ROMA Accuse, sospetti, parole pesanti. Il voto segreto o palese che l’aula del Senato potrebbe esprimere tra non molto sulla decadenza di Berlusconi alimenta uno scontro sempre più duro. Che da ieri non risparmia il presidente del Senato Pietro Grasso al centro di una polemica per aver detto «che il regolamento non va applicato a ogni costo». Basta e avanza per scatenare la reazione del Pdl nel giorno in cui torna a riunirsi la Giunta per le elezioni che oggi ha in agenda un’altra seduta e domani voterà (leggasi boccerà) la relazione del senatore Augello. Il cui ruolo, dopo la bocciatura, ormai scontata, verrà ricoperto presumibilmente dalla senatrice Doris Lo Moro o dallo stesso presidente della Giunta Dario Stefàno (ipotesi non gradita però dal centrodestra pronto ad accusarlo di non essere superpartes). Tutto (ri)comincia quando da Bruxelles il presidente Grasso sostiene che «il voto è segreto». Ma aggiunge: «Se c'è la volontà di cambiare il regolamento, si trovi una maggioranza per farlo, non sarà il presidente a opporsi». Il Senato dovrebbe votare la modifica del regolamento con un voto - per paradosso - a scrutinio segreto.
DIBATTITO SURREALE
In quanto al dibattito sulla decadenza, è un dibattito classificato come «surreale». Lo sostengono in molti (lo stesso Grasso). Anna Maria Bernini senatrice e portavoce vicario del Pdl non gradisce la presa di posizione. E attacca: «È inquietante e surreale che alla vigilia di un appuntamento importante per la politica e la democrazia italiana qual è il voto sulla relazione Andrea Augello in Giunta delle elezioni il presidente Grasso abbandoni il ruolo di doverosa terzietà e nel corso di una trasferta all’estero si eprima sulla possibile modifica del sistema di voto in aula, oltretutto manifestando una preferenza».
Oggi il M5S, come anticipato dal capogruppo in Senato Morra, presenterà la proposta di modifica. Se si votasse oggi «il partito della decadenza» potrebbe contare in Senato su uno scarto di oltre 40 senatori. Ma il fantasma dei franchi tiratori - che dopo il caso Marini e il caso Prodi ancora aleggia in casa democrat - spinge a chiedere che la votazione avvenga in modo palese. Bastano 20 senatori che chiedano il voto segreto. «Il Pd non teme il voto segreto nè tantomeno è contrario all’ipotesi di un voto palese - sostiene Danilo Leva, responsabile Giustizia Pd - in qualsiasi paese civile un leader politico condannato in via definitiva si sarebbe dimesso di propria iniziativa e il suo stesso partito lo avrebbe richiesto».
GLI ESCAMOTAGE
Non deve sorprendere che in un’atmosfera come questa ci sia anche chi in questi giorni stia studiando anche le modalità per rendere evidente il voto in aula. Fotografie al dito indice che spingerà il pulsante o cose del genere già sperimentate in passato. Non è da escludersi che di quesot passo qualcuno vorrà psicanalizzare quel giorno la mimica facciale o il labiale, cose di questo tipo. «Siamo alla vera e propria farsa», chiosa Alfredo Pallone, europarlamentare Pdl-Ppe. E invita il segretario del Pd Epifani «a leggere l’articolo 169 del Regolamento del Parlamento europeo «che riguarda l’esercizio del voto segreto».