ROMA Il certificato di morte delle larghe intese l’ha vergato mercoledì Silvio Berlusconi con la richiesta di dimissioni in massa dei parlamentari del Pdl. Il Quirinale, con una durissima nota, ha definito «inquietanti» questi intendimenti: la crisi è ad un passo. In un clima simile, la settimana prossima, in un disperato tentativo di «dare continuità e stabilità al Paese», Enrico Letta sfiderà il Pdl in Parlamento. Chiederà una nuova fiducia «di fronte ai cittadini».
L’epilogo, al momento sembra già scritto. Con le dimissioni di (quasi) tutti i suoi parlamentari in tasca e sull’abbrivio di uno scontro istituzionale senza precedenti con Napolitano, Berlusconi non darà la fiducia. Almeno su questo scommettono i “falchi” del Pdl. Ciò non vuol dire che il governo cadrà in ogni caso. Alla Camera bastano i voti del Pd e al Senato per permettere a Letta di raggiungere la “soglia di sopravvivenza” servono meno di venti voti. E questi potrebbero arrivare da transfughi del Pdl e dei Cinquestelle. Ma nell’entourage del premier non si esclude il miracolo: «Siamo pronti a scommettere che alla fine il Pdl e Berlusconi confermeranno la fiducia».
Ma questo, al momento, è fantascienza. Il barometro politico ora segna tempesta. Oggi, di ritorno dagli Usa, il premier salirà al Colle per affrontare la situazione assieme a Napolitano. Troverà un capo dello Stato sorpreso e amareggiato dalla piega presa degli eventi, e preoccupato perche il Pdl sembra determinato a portare in un vicolo cieco l’esecutivo e, forse, la legislatura. Per cercare di capire gli sviluppi possibili bisogna partire da qui: dal braccio di ferro tra il Quirinale e Berlusconi. I primo ha chiesto di rinunciare alla dimissioni di massa; la risposta è stata la raccolta unanime di firme sia da parte dei deputati che dei senatori berlusconiani. Un plateale gesto di sfida. Se non rientra, è difficile immaginare che possa ricrearsi un clima positivo tra i partner della maggioranza. E’ il primo punto nell’agenda del faccia a faccia tra premier e Presidente della Repubblica.
IL RISIKO DELLA FIDUCIA
Poi c’è il seguito. Che parte da un dato che appare indiscusso: il passaggio parlamentare. Dove il capo del governo chiederà la fiducia reclamando esplicite garanzie dal Pdl per separare la vicenda processuale di Berlusconi e la sua eventuale decadenza da senatore da quella dell’esecutivo; archiviando altresì le dimissioni a raffica. Al momento, l’ipotesi che Letta si presenti direttamente dimissionario non trova riscontro. Napolitano sta valutando i possibili sviluppi partendo da un dato che ha evidenziato anche nella nota sul Pdl: l’indisponibilità a sciogliere in assenza di una riforma del Porcellum e alla vigilia di un appuntamento fondamentale, sul quale sono appuntati gli occhi deal Ue, che è la legge di stabilità, da predisporre adesso e approvare entro dicembre.
LE SUBORDINATE
In aula, dunque, Berlusconi ed il suo partito dovranno specificare se e come intendono proseguire sulla strada delle larghe intese. Il via libera alla fiducia, infatti, porta con sé la fine dello scontro con il Colle; la separazione sentenze-governo che vuole Letta; la garanzia che un adeguato spirito di collaborazione soffierà alle spalle dell’esecutivo. In realtà ci sarà anche da verificare l’atteggiamento del Pd. Non è un mistero, infatti, che settori non indifferenti dei Democrat puntano a spezzare il legame con il Cavaliere e ad andare ad elezioni. In gioco c’è il partito e il voto anticipato potrebbe permettere a Bersani & C. di non consegnare il Pd a Matteo Renzi nelle primarie dell’8 dicembre. Primarie che verrebbe rinviate, per trasformarsi in gennaio nella scelta del candidato premier.
Ma potrebbe anche accadere che il Pdl rifiuti la fiducia. O compattamente oppure sfrangiandosi. Anche qui si aprono percorsi opposti che il Quirinale sta vagliando. Se il Pdl si spacca, si può formare un nuovo esecutivo (difficilmente guidato dall’attuale premier) che prenda il testimone da quello in carica e cerchi di completare la sua road map se possibile gestendo anche il semestre italiano di presidenza della Ue. Oppure, nel caso i transfughi dal Pdl fossero pochi e perciò i numeri troppo risicati, Napolitano potrebbe puntare su un esecutivo di scopo, magari guidato da un tecnico oppure dal presidente del Senato, Pietro Grasso, con in agenda due soli obiettivi: la riforma elettorale, appunto, e la ex Finanziaria.