ROMA Duello nel governo sul futuro di Alitalia. A punzecchiarsi, in una polemica sterile oltre che inutile, il ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, e quello dello Sviluppo, Flavio Zanonato. Con quest’ultimo che boccia senza appello in un’intervista lo sbarco dei francesi e rivendica una scelta diversa per il vettore italiano. Il tutto proprio nel giorno in cui il suo collega di governo vola a Parigi dove ribadisce invece il pieno sostegno ad Air France, chiedendo però garanzie precise su mercato e occupazione in Italia. Una bufera nell’esecutivo, tra l’altro investito dalle fibrillazioni dei ministri Pdl pronti a lasciare gli incarichi nel caso in cui Berlusconi venisse dichiarato decaduto.
Indispettito dalle parole di Zanonato («La compagnia va prima risanata e successivamente si fanno tutte le alleanze»), Lupi afferma con forza che il dossier Alitalia è di sua esclusiva competenza. E che lo Sviluppo farebbe meglio a seguire altri casi scottanti come Riva o Finmeccanica. «La compagnia di bandiera - sostiene Lupi - è un mio tema. Ognuno approfondisca i temi che conosce». «Credo - aggiunge il ministro - che il collega Zanonato abbia altri problemi di cui occuparsi, da mesi il sottoscritto si occupa invece a tempo pieno di Alitalia». Comunque, «quelle di Zanonato sono opinioni legittime, come io ne ho su Riva».
LE CONDIZIONI
Va detto che Lupi pone precisi paletti all’arrivo di Air France. Il governo - spiega - conferma il suo via libera a un'eventuale presa di controllo di Alitalia da parte di Air France-Klm, ma serve il riconoscimento della «rilevanza strategica» della ex compagnia di bandiera e degli scali italiani e tutela dei livelli occupazionali. E ricorda che, anche se i francesi sono il «partner privilegiato», non è da escludere che si affaccino anche «altri interlocutori».
«Non c'è alcuna preclusione da parte del governo italiano all'arrivo di Air France, ma alle nostre condizioni». L'Italia, prosegueo, chiede in particolare al gruppo franco-olandese che «sia ribadito dal piano industriale e dagli investimenti relativi che Alitalia non sarà considerata una compagnia regionale», ma potrà avere un «ruolo rinnovato e forte» nello scenario internazionale del trasporto aereo.
LE GARANZIE
Garanzie simili sono richieste per gli aeroporti italiani, Fiumicino in testa ma anche Malpensa, che l'esecutivo non vuole vedere ridotti a scali secondari nella rete europea. «Se si vuole andare verso i mercati emergenti, l'Italia è un punto di partenza fondamentale», ha quindi sottolineato Lupi, ricordando come nel settore siano apparsi «attori che nessuno si aspettava», come ad esempio le compagnie del Golfo o del Sud est asiatico.
Semestre in rosso per 294 milioni stabile il numero dei passeggeri
Alitalia ha chiuso il primo semestre 2013 con una perdita di 294 milioni, in peggioramento dal rosso di 201 milioni dello stesso periodo del 2012, scontando anche 50 milioni di accantonamenti straordinari, di cui 47 legati al contenzioso fiscale sulle società irlandesi in capo all'ex gruppo Air One. L’ebit industriale mostra invece un miglioramento di 18 milioni. A fronte di una diminuzione generale del numero di passeggeri in Italia di oltre il 9%, Alitalia - si legge in una nota della società - ha trasportato 10,7 milioni di passeggeri, comportandosi meglio del settore, anche se in diminuzione, rispetto al periodo gennaio-giugno 2012, del 4%. Nello stesso periodo la quota di mercato domestico è stata pari al 49,5% (1,2 punti in più rispetto al 2012). Sull'insieme dei tre segmenti - intercontinentale, internazionale e domestico - il gruppo ha mantenuto la stessa quota di mercato dello scorso anno, superiore al 22%. Sull'hub di Roma Fiumicino la quota di mercato è stata del 46,6%, con 0,9 punti percentuali in più rispetto al dato del 2012. Nel periodo è significativamente migliorato anche il tasso di riempimento degli aerei (load factor), che è passato dal 71% del primo semestre 2012 al 73% del 2013, pari a un incremento di 2 punti percentuali. I ricavi totali gestionali del periodo ammontano a 1,6 miliardi, in flessione di circa il 4%.
Alitalia, passa l’aumento ma Air France vota contro
I soci italiani compatti spiazzano i francesi
ROMA Primo round ai soci italiani che evitano, almeno per ora, l’affondo di Air France e si schierano uniti per sottoscrivere la ricapitalizzazione da 100 milioni. Denari necessari ad Alitalia per consentirle di volare ed evitare il tracollo. Ieri, nel cda-chiave per le sorti della compagnia, i francesi, chiamati per primi a votare sull’aumento di capitale, non hanno esitato a bocciare la proposta, convinti che nessuno metterà mano al portafoglio. Un no secco per stringere all’angolo la compagnia, e costringerla in tal mondo a portare i libri in tribunali. A cogliere di sorpresa gli uomini di Jean Claude Spinetta, evidentemente male informato sulle intenzioni degli altri azionisti, l’intero fronte tricolore, che in un pre-briefing aveva deciso di proseguire la rotta continuando ad investire. Una scelta dettata da ragioni pratiche, non perdere i tanti soldi già spesi, e dalla convinzione che di fronte a una analisi più puntuale delle opportunità sul tavolo, le banche daranno una mano ancora una volta. Ma al di là della mossa che ha spiazzato Air France, la ritrovata compattezza, dopo tanti dissidi interni, è frutto di un ragionamento che un azionista così sintetizza: «I francesi vogliono ridurre Alitalia a una compagnia regionale, imporre condizioni capestro e acquistarla gratis. Ebbene, abbiamo deciso di non subire il ricatto e il conseguente scippo».
FURIA FRANCESE
Uno schiaffo che ha mandato su tutte le furie i transalpini scesi a Roma con uno stuolo di avvocati proprio per fare il gran colpo a costo zero. Eppure il fuoco di sbarramento del governo, sebbene tardivo, avrebbe consigliato maggiore prudenza. Difficile immaginare un via libera senza resistenze ad un piano, quello messo a punto da Parigi, che prevede l’eliminazione degli aerei a lungo e medio raggio, lo spostamento dell’hub chiave a Parigi e tagli selvaggi al personale.
LE ALTERNATIVE
A spiazzare ulteriormente i francesi ci ha pensato poi l’ad Gabriele Del Torchio, che ha illustrato ai consiglieri il dossier di Rothschild anticipato sul Messaggero di ieri. Un rapporto che mette in luce come ci siano altri pretendenti per Alitalia. Dai russi di Aeroflot ad Etihad, fino ai cinesi di Hna. Durante il cda, Del Torchio ha letto una lettera d’intenti di Aeroflot, che si dice pronta ad entrare nel capitale e a sviluppare una partnership industriale. Ma agli italiani, si sa, la soluzione che va più a genio resta quella rappresentata da Etihad, che però non vuole inimicarsi Air France. Va però detto che il passo falso dei francesi compiuto ieri potrebbe rivelarsi un clamoroso autogol: un invito cioè a scendere in campo per colmare il buco lasciato da Parigi. Del resto, nel rapporto di Rothschild viene esplicitamente indicato come sia Etihad sia Aeroflot siano disponibili ad entrare in Alitalia con un’operazione mista (acquisto di azioni e aumento di capitale).
Il nodo da sciogliere entro il 14 ottobre, quando l’assemblea dei soci sarà chiamata a varare l’aumento di capitale, è quindi tutto legato al ruolo che le banche vorranno svolgere. In ballo ci sono circa 250-300 milioni da recuperare. Non solo per tappare i buchi di bilancio (le perdite nel primo semestre si sono attestate a quota 294 milioni) ma per consentire al piano di Del Torchio, bocciato senza dai francesi insieme alla semestrale, di cominciare a dare frutti. Il tutto in attesa di quel partner forte in grado di far allentare la morsa di Parigi e garantire dignità e indipendenza alla compagnia italiana.