Iscriviti OnLine
 

Pescara, 16/05/2025
Visitatore n. 743.961



Data: 03/10/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
Il Cavaliere annulla la piazza anti-toghe «Con Angelino il partito era al 12%»

ROMA «Napolitano, Letta e Alfano ci hanno inc.». E’ una vera parolaccia quella con cui il leader del centrodestra commenta la sconfitta politica più cocente della sua vita. Una giornata così non la si può che raccontare ripercorrendola ora per ora. Sono le sette del mattino, il Cav è sveglio e il “Mattinale” segna tempesta. Ha visto Alfano la notte precedente, ma la rottura è definitiva. Poche ore di sonno, le ultime telefonate ai fedelissimi (Verdini) e via verso palazzo Madama. Prima, però, esce un’intervista (fatta il giorno prima) su Panorama: «Non muoio neanche se m’ammazzano», il concetto-base, citando Guareschi. Il riferimento è agli arresti domiciliari (il Cav ha scelto: li farà a Roma, niente richiesta di affido ai servizi sociali). Spaccatura del Pdl in testa che – avverte gli scissionisti Berlusconi – «sono e devono restare in FI, dove non ci sono sinedri segreti né gerarchi occulti, i ministri sbagliano». L’ultimo disperato messaggio a Napolitano è «rifletta sulla legge Severino e sulla sua incostituzionalità». La bottiglia è destinata a perdersi nel mare.
IL CEDIMENTO

Domani, venerdì 4, nonostante il Cav abbia dato mandato alla Santanché di annullare del tutto la manifestazione di parlamentari a suo sostegno, la Giunta delle Immunità del Senato voterà la sua decadenza da senatore. E anche se ci vorrà qualche settimana prima che la parola passi all’aula per il voto finale, resta il punto: entro il 19 ottobre, quando la corte d’Appello di Milano ricalcolerà l’interdizione dai pubblici uffici, il Cav sarà decaduto anche se lui intigna e ribadisce ai cronisti che «no, non mi dimetterò mai». Quando, però, alle dieci entra a palazzo Madama, il problema è un altro: Letta sta parlando, ma lo smottamento dei senatori del Pdl è una slavina. Il segno del cedimento finale, quello che neppure Verdini (che poi piangerà, una scena mai vista anche questa) aveva previsto, sono i sei senatori eletti in Calabria che, dietro ordine del governatore Scopelliti si allineano all’improvviso alle posizioni di Alfano. Così, quando il gruppo pidellino al Senato si riunisce e, su 91 componenti, non ci sono neppure sessanta presenti, anche il Cav capisce che è l’ora di ritirarsi: tutto è perduto. Ecco che, dunque, invece del previsto capogruppo Schifani, parla lui in Aula. E così il Pdl, nel giro di tre ore, passa dal secco “no” alla fiducia al “ni” e poi al “sì” che il Cav annuncia specificando che arriva «dopo un intenso travaglio». E dopo, parlando ai suoi, ancora increduli: «Era la cosa giusta da fare». Poi vota tra i primi e lascia palazzo Madama tra le contestazioni della piccola folla presente. Passa per Grazioli, poi alla Camera.
I VERTICI

Lì, nuove riunioni-fiume con i suoi. C’è una nuova emorragia da fermare, quella degli scissionisti della Camera e di un Alfano «con cui siamo scesi al 12%»: «Ma dobbiamo provare a recuperare gli altri». Poi parla Cicchitto, annuncia che il gruppo autonomo nascerà, Santanché lo attacca dentro e fuori l’aula. Tutto è compiuto. L’incontro con Alfano, previsto per la sera a Grazioli, non ci sarà. Il Cav riceve solo i pochi fedelissimi rimasti, i suoi pretoriani: Verdini, Santanché, Gasparri, Micciché e chi gli vuole – ancora - bene.

www.filtabruzzo.it ~ cgil@filtabruzzo.it