ROMA Onorevole Polverini, sta con Alfano o con Fitto?
«Decisamente con la linea indicata da Fitto».
Perché non con Alfano?
«Perché è arrivato il momento nel quale serve fare un congresso, che rimetta al centro i valori e le idee in cui il centrodestra si è impegnato per vent’anni. Il problema è che Alfano, di fatto, sta creando un centro che rischia di essere subalterno alla sinistra».
Lei non vuole morire democristiana?
«Non lo voglio, assolutamente. E soprattutto non voglio, se non cambia l’atteggiamento degli scissionisti, continuare a sostenere un governo che è partito come un governo di larghe intese ed è diventato, sfruttando i voti di Berlusconi, un governo di centrosinistra».
Perché li chiama scissionisti?
«Sono loro che hanno minacciato la costituzione di gruppi autonomi. Sono loro che si chiamano fuori».
E se Berlusconi dà ragione ad Alfano e agli altri e non a voi «lealisti»?
«Non stiamo cercando né il torto né la ragione. In questi giorni noi ci siamo confrontati molto, ma sempre all’interno del partito. Senza mai portare la discussione sui media e senza chiedere aiuto all’esterno».
Se Berlusconi - insisto - dà ragione agli altri?
«Non saremmo disponibili a restare in un partito che non riparta dal basso e dal merito, e che non individui la nuova classe dirigente attraverso il consenso sui territori».
Sta dicendo che la scissione la potreste fare voi?
«Oggi siamo tutti convinti che ci sarà l’impegno di Berlusconi per tenerci uniti. Ma le condizioni che ha appena posto Quagliariello per noi sono inaccettabili. Lui vuole un partito fatto dagli alfaniani e che lasci fuori tutti gli altri. Se così sarà, ne trarremo le conseguenze».
Non le piacerebbe stare in un Pdl nel quale, per esempio, Formigoni sarà un super big?
«Non è certo quello il partito che ho in mente. Dove c’è chi sta consentendo a Epifani e a Cuperlo di crearsi l’avversario più comodo da battere alle elezioni e ha consentito a Letta di liquidare con una battuta arrogante vent’anni di valori e di battaglie. Io difendo Berlusconi e questi vent’anni della nostra storia».
Anche Alfano li difende.
«Me lo auguro. Se è così, non può accettare le battutacce e neppure stare in un governo che, al momento, appare la negazione di quelli che sono i nostri valori. In questi ultimissimi giorni, abbiamo tutti apprezzato la ritrovata fermezza e determinazione di Alfano. Ma un anno fa Alfano lo avrei apprezzato se avesse avuto la stessa forza nel difendere dalla bufera Fiorito coloro che avevano lavorato bene nel Lazio».
Questo non avvenne e perciò lei si dovette dimettere da presidente?
«Io mi sono dimessa a causa di quella vicenda, che non toccava né me né la mia Giunta ma solo un esponente del Pdl. Nessuno mi ha detto grazie per le dimissioni. Né il vertice del partito è intervenuto per difendere noi e circoscrivere la responsabilità a colui che era il reale colpevole del caso non a caso chiamato caso Fiorito».
Voi oggi non vi sentite rappresentati dai vostri ministri?
«Facciamo fatica. Non riusciamo a capire se loro fanno ancora parte di un partito alternativo alla sinistra. Mi piacerebbe capire, tra l’altro, se siano ancora per il bipolarismo e per il presidenzialismo. E sulla riforma della giustizia non ho capito se intendano portare avanti la battaglia, che appartiene al nostro Dna e ce la chiede anche l’Europa, sulla responsabilità civile dei magistrati».
Sono traditori?
«Non si tratta di usare etichette, ma di parlare di contenuti. Qual è la nostra posizione sulla riforma fiscale? Quasi ogni giorno viene messa in discussione la questione dell’Imu, e i nostri ministri non dicono niente. E poi: stanno facendo una battaglia per capire se ci sono davvero i soldi per ridurre il cuneo fiscale, senza illudere i cittadini? E ci facciano sapere: è ancora attuale il quoziente familiare?».
Insomma, i vostri ministri fanno i vaghi?
«C’è bisogno di un impegno più profondo di tutti sull’agenda di governo. Abbiamo dato la fiducia e continuiamo a dargliela, ma mi dà fastidio vedere Letta quasi disturbato dal fatto che tutto il Pdl abbia deciso di sostenerlo».
Lei si sente in buona compagnia con falchi e pitonesse?
«Queste sono semplificazioni giornalistiche. Il dibattito nel Pdl è molto più ampio, duro e profondo. E mi pare infatti che stiano scendendo in campo persone che hanno sempre avuto un rapporto vero con l’elettorato e non sono ascrivibili al mondo animale. Sono stati prima mediatori, e ora lealisti. E io, nella categoria dei lealisti, mi trovo bene».
Fitto può battere Alfano al congresso?
«Se il congresso ci sarà, chi scenderà in campo lo farà per vincere».
Intanto a voi piacerebbe un rimpasto, per togliere qualche alfaniano e mettere qualche lealista nella squadra di governo?
«Nessun rimpasto. Non servono né poltrone né poteri. E neppure nuovi organigrammi nel partito. Occorrono soltanto un rinnovamento e una riorganizzazione che possono passare solo attraverso il congresso. Almeno si parla di contenuti. L’altra sera, al presidente Berlusconi, abbiamo detto che lui era ed è il leader indiscusso e indiscutibile. Ma in una fase che è nuova, bisogna competere. Non serve più il Pdl dei delfini. Con lo zoo, abbiamo finito: né falchi né colombe né delfini».