ROMA Alitalia sempre più in stallo. Con le lancette del carburante, ovvero la liquidità in cassa, ormai sul rosso fisso e la scadenza per fare rifornimento, l’assemblea del 14 ottobre, che si avvicina senza nessuna intesa sul salvataggio e la ricapitalizzazione. Il nuovo vertice di ieri a Palazzo Chigi non ha fornito indicazioni utili, prolungando l’attesa non solo degli azionisti, che ostentano comunque ottimismo, ma soprattutto dei 14 mila dipendenti, sempre più in ansia per la loro sorte. A rischio ci sono gli stipendi di fine mese e la sopravvivenza stessa della società ormai arrivata a 5 giorni dal redde rationem. Perfino l’Eni, storico fornitore, non è più disposto a dare il carburante a credito e minaccia di chiudere i rubinetti.
La svolta industriale sembra lontana, e sembra assai difficile mettere in campo una soluzione ponte. Perché la società pubblica che nelle intenzioni del premier Enrico Letta dovrebbe affiancare gli azionisti e le banche, per ora resta nel limbo. E si fa strada l’idea, se non ci saranno rapide svolte, di affidare la compagnia a un commissario. Del resto, anche Fintecna avrebbe fatto sapere di non essere disponibile ad un intervento. Di più. L’intero cda della società della Cdp, ma questo è solo un rumor, avrebbe minacciato le dimissioni qualora fosse chiamato in causa.
CACCIA AL SOCIO PUBBLICO
Sfumata l’opzione Ferrovie, anche se un sottile margine ci sarebbe ancora, esclusa la cassa depositi e prestiti e le sue società operative, i margini di manovra appaiono molto stretti. Per questo si è di nuovo aperta la strada verso la legge Marzano. Il che significa avviare l'amministrazione controllata con il congelamento dei debiti. Un’ipotesi che le banche tenteranno di evitare con tutte le loro forze, ma che alla fine potrebbe rivelarsi l’unica via per tentare di traghettare Alitalia verso un nuovo rilancio.
L’ipotesi non piace ovviamente ai soci italiani e nemmeno al governo, che poi dovrebbe gestire il piano di salvataggio come accadde nel 2008, ma è comunque sul tavolo. In questo quadro la variabile tempo è cruciale.
Su Alitalia «andiamo avanti a lavorare - si è limitato a dire ieri Maurizio Lupi, ministro dei Trasporti - e non abbiamo ancora le risposte». In ballo, ha fatto capire, c’è sempre Fintecna, ma ci «sono tante ipotesi che bisogna valutare». Bocche cucite invece nei corridoi del Tesoro, con Fabrizio Saccomanni in costante contatto con il presidente Letta. Emerge ovviamente che il dossier è molto complesso anche se c’è la ferma volontà di non lasciare naufragare la ex compagnia di bandiera e il principale aeroporto del Paese. Il piano di Air France, come noto, prevede un forte ridimensionamento di entrambi, con il vettore destinato ad essere confinato in un ambito regionale e lo scalo romano di Fiumicino a portare traffico e fatturato a quello parigino.
STRUMENTI FINANZIARI
Nulla di fatto ovviamente anche al consiglio d’amministrazione di Alitalia, in trepida attesa di notizie positive da Palazzo Chigi. La riunione di ieri è stata aggiornata a giovedì. Trapela comunque l’idea che il governo starebbe studiano operazioni finanziarie ad hoc per superare l’impasse, soluzioni che non trovano però conferma al Tesoro. Il presidente della compagnia, Roberto Colaninno, resta comunque fiducioso: «L'analisi della situazione per definire gli idonei interventi si sta completando, ci vorrà un ulteriore breve lasso di tempo» per mettere tutto a punto.
Chi tifa per l’intervento statale in grande stile è il sindacato. Per il leader della Uil, Luigi Angeletti, la scelta non è più rinviabile. «Probabilmente - ha detto ieri il sindacalista - bisognerebbe fare una cosa più strutturata, che non sia quella di dare soldi, ma per esempio di fare un accordo infrastrutturale tra le reti ferroviarie e quelle aeree. La soluzione è fare accordi con altri partner che ci diano la garanzia sulle tratte intercontinentali. Non c'è alcuna ragione per accettare soluzioni per le quali un italiano per andare a New York debba fare il giro d'Europa». Oggi a Palazzo Chigi è previsto un nuovo vertice governo-compagnia.
E Parigi prepara l’affondo finale: non avete più tempo
ROMA I negoziati tra Alitalia e Air France richiedono tempo, «e non sono sicuro che Alitalia di tempo ne abbia ancora»: è così che al ministro dei Trasporti francesi, Frédéric Cuvillier, ha presentato la faccenda al presidente di Air- France-Klm Alexandre de Juniac secondo il quotidiano economico Les Echos.
D'altra parte, viste le difficoltà che attraversa il gruppo in patria, è inutile aspettarsi che i francesi facciano i buoni oltralpe con Alitalia, salvandola dai debiti senza chiedere nulla in cambio. Sui siti economici francesi il termine più usato per definire il rafforzamento di Air France in Alitalia è «croquer», sgranocchiare, azzannare, pappare. Insomma, Air France potrebbe fare di Alitalia un sol boccone. Con quali risultati? Per ora De Juniac si trincera dietro il segreto negoziale. Si è limitato a parlare di «condizioni rigide». Nessuna parola ufficiale su tagli o sul possibile ridimensionamento di Fiumicino. Da prendere o lasciare. «Non posso per ora precisare le condizioni poste - ha detto di recente De Juniac a Les Echos - ma se quelle che riteniamo indispensabili non saranno riunite, non andremo più lontano. La situazione di Air France-Klm non ci permette di spendere senza fare attenzione ai costi».
Alitalia a parte, la situazione di Air France è nota e non è rosea. Nel gennaio 2012 la compagnia ha lanciato un vasto e drastico piano di ristrutturazione giustamente denominato «Transform 2015». Obiettivo, trasformare la tendenza e ritornare in crescita tra due anni. Per riuscirci, soprattutto una strada: tagli ovunque. Oltre ai 1.826 posti di lavoro già soppressi, altri 2.800 saranno cancellati entro il 2014. Potrebbe essere un assaggio della cura francese per la compagnia italiana. Si parla di 4 mila posti già contabilizzati tra i tagli per Alitalia in caso di accordo.
Di certo Air France non può permettersi né vuole concedere oltralpe quello che nega in casa. De Juniac è stato chiaro in proposito: il salvataggio di Alitalia deve essere «compatibile» con gli sforzi richiesti da Transform. «Siamo molto vigili - ha aggiunto De Juniac nella stessa intervista a Les Echos - se le condizioni ci saranno, andremo avanti, se non è il caso, ci fermeremo. Se Alitalia, insieme con noi, si dà la possibilità di svilupparsi in modo sostenibile a medio e lungo termine, noi la accompagneremo nel percorso di riconquista». Difficile che in questo cammino Alitalia riesca a conservare il suo statuto di compagnia internazionale, anche se i francesi vogliono essere rassicuranti e giurano che «se Alitalia diventerà uno dei tre grandi marchi del gruppo, nessuno sarà trattato peggio degli altri». «Sappiamo - ha detto De Juniac - che Alitalia è un simbolo nazionale, un marchio di valore al quale non abbiamo intenzione di portare pregiudizio qualsiasi cosa succeda». Per poi però precisare che Alitalia «fa parte di quelle compagnie europee che hanno mancato l'appuntamento degli hub e che adesso hanno bisogno di appoggiarsi a un grande gruppo. E' una prospettiva che Air France-Klm può offrire». Per gli analisti, come Oddo Securities, il gruppo franco-olandese «non può permettersi di lasciare che Alitalia lanci collegamenti internazionali in competizioni con quelli operati da Roissy-Charles-de-Gaulle o da Amsterdam-Schipol». Di là del miele sparso da De Juniac, ciò significa che per Fiumicino resterebbe poco spazio in un futuro a tre in Europa. Altri analisti segnalano tuttavia come il tandem Air France-Klm non lascerà Alitalia a cuor leggero. Secondo Kepler Cheuvrex, «se la compagnia italiana uscisse dall'alleanza Skyteam, le perdite per AF-Klm potrebbero essere anche superiori a 100 milioni di euro l'anno».