ROMA Il governo non ha intenzione di introdurre sistemi di pensionamento più flessibili rispetto alla legge Fornero perché produrrebbero un «aumento consistente» del numero delle uscite con un aggravio per i conti pubblici di «vari miliardi l'anno»: il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini ieri ha di fatto messo la parola fine alle ipotesi di modifica della legge Fornero perché anche le eventuali penalizzazioni per chi esce prima del tempo «non potrebbero compensare l'aumento dei costi» con un aggravio «incompatibile» con il processo di risanamento dei conti pubblici. Alle dichiarazioni di Giovannini ieri in due audizioni alla Camera e al Senato hanno immediatamente risposto i sindacati chiedendo di aprire il confronto sulla flessibilità perché la situazione attuale è «insostenibile» per le condizioni delle persone ma anche per gli effetti «devastanti» che produce sul mercato del lavoro rendendo più difficile per i giovani trovare impiego. Giovannini ha inoltre confermato il blocco rispetto all'inflazione per il 2014 per le pensioni oltre le sei volte il minimo (poco meno di 3.000 euro), mentre ha ipotizzato la sterilizzazione per i trattamenti oltre questa soglia anche per gli anni successivi per usare i risparmi «in un'ottica di solidarietà». Risparmi che comunque, ha ammesso il ministro, non saranno consistenti dato il basso numero di questi trattamenti (poco più di 600.000 su 23,4 milioni di pensioni totali per 34 miliardi di euro sui 270 complessivi). Il governo, ha spiegato Giovannini, ha valutato attentamente le proposte arrivate sulle modifiche alla riforma Fornero in termini di maggiore flessibilità, ma l'onere complessivo che si avrebbe è «incompatibile con il percorso attuale di contenimento della spesa pubblica e con l'indirizzo del governo che ha fissato come priorità la riduzione del costo del lavoro». Il governo, ha detto ancora, «sta valutando ipotesi diverse» da queste proposte, ma non è disponibile a una controriforma. La riforma Fornero, solo nella parte sull'inasprimento dei requisiti per l'accesso alla pensione, prevede un risparmio fino al 2021 di 93 miliardi. Per lo stesso periodo sono stati stanziati per i circa 136.500 “salvaguardati” finora circa 10,4 miliardi. Si studiano quindi soluzioni a problemi di flessibilità diversi rispetto a quelli presentati come un percorso di avvicinamento alla pensione per coloro che hanno perso il lavoro dopo il 2011 (e che quindi non rientrano tra gli esodati), soluzione che deve essere comunque «contenuta» nei costi.