ROMA Un decreto ridotto all’essenziale e concentrato sull’obiettivo di riportare il rapporto deficit/Pil entro la soglia del 3 per cento. L’esito del Consiglio dei ministri di ieri è stato illustrato dal ministro dell’Economia, che oggi potrà presentarsi a Washington a nome del nostro Paese forte degli impegni mantenuti in tema di risanamento dei conti pubblici. La correzione di 1,6 miliardi, pari a un decimo di punto di Pil, viene realizzata senza il ricorso a nuovi entrate, grazie a tagli di spesa per circa 1,1 miliardi che colpiranno ministeri ed enti locali e ai proventi della vendita di un pacchetto di immobili demaniali a Cassa Depositi e Prestiti per un valore di 500 milioni.
LE MISURE
Non sono invece entrati nella manovrina l’aumento delle accise sui carburanti e il conseguente incremento degli acconti di imposta a carico delle aziende. Sono saltati anche il rifinanziamento per 330 milioni della Cassa integrazione in deroga e quello, di importo molto più modesto, della carta acquisti per i cittadini in difficoltà. Come ha spiegato Fabrizio Saccomanni, alcune di queste misure saranno riprese in un altro decreto legge, quello che accompagnerà la legge di stabilità e verosimilmente conterrà anche la cancellazione totale del saldo dell’Imu.
Quanto alla legge di stabilità vera e propria, che per definizione riguarda il prossimo triennio e quindi tendenzialmente non dovrebbe contenere interventi relativi al solo 2013. Ieri a Palazzo Chigi i ministri hanno però iniziato a parlarne. L’importo esatto è ancora da definire, dipenderà dalla somma dei cosiddetti oneri inderogabili che vanno finanziati ogni anno e dalla quantificazione delle scelte di politica economica. Tra le voci fondamentali c’è certamente la riduzione del cuneo fiscale e il conseguente incremento delle buste paga dei lavoratori; ma più in generale, ha specificato Saccomanni, «un segnale di forte flessione del carico fiscale». E questo non potrà che essere accompagnato sul lato della spesa da un avvio del lavoro di spending review, che dovrebbe incidere soprattutto sulla spesa corrente salvaguardando invece gli investimenti.
I RISPARMI
Nel decreto antideficit invece i risparmi di spesa sono ancora di tipo lineare, colpiscono quindi in maniera indistinta le varie uscite pur con qualche eccezione: saranno tutelate infatti istruzione, sanità, ricerca ed altre esigenze sociali. Metà delle minori uscite verranno dai ministeri, mentre i restanti 550 milioni saranno ottenuti con una riduzione dei trasferimenti agli enti locali, attraverso una nuova stretta sul Patto di stabilità. Rispetto alla versione del decreto di dieci giorni fa, quella che includeva anche il blocco dell’aumento Iva, questa è una novità che certo non farà piacere a Comuni e Regioni, i quali in queste settimane stanno sollecitando al governo interventi di segno opposto e invece devono fare i conti con una ulteriore sforbiciata a meno di tre mesi dalla fine dell’anno.
La scelta di incrementare le coperture derivanti da risparmi di spesa è una conseguenza, oltre che della rinuncia ai proventi delle accise, anche dell’incertezza sui risultati della vendita di immobili. Si tratta di una dismissione abbastanza virtuale, visto che gli asset demaniali verranno ceduti alla Cassa Depositi e Prestiti, la quale a sua volta dovrebbe provvedere a metterli sul mercato. L’operazione è possibile perché Cdp è formalmente un soggetto esterno al perimetro della pubblica amministrazione. Nonostante ciò per il buon esito della vendita era necessario individuare un gruppo di immobili liberi da vincoli e pronti per essere ceduti: è stato possibile farlo per soli 500 milioni, invece del miliardo ipotizzato inizialmente.