ROMA Enrico Letta lavora a un “piano segreto” per il taglio del costo del lavoro. Un piano che va ben oltre ai 4-5 miliardi stimati dal ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni. «Roba da 10 miliardi l’anno e senza aumentare le tasse», rivela un consigliere del premier. «Il problema» aggiunge un alto esponente lettiano, «è che Enrico non ha ancora trovato le risorse per effettuare l’operazione». Per questo il premier tace. «Il timore è che si crei un effetto annuncio che poi, nel caso che il taglio da 10 miliardi del cuneo fiscale risultasse irrealizzabile, si rivelerebbe un boomerang», spiegano a palazzo Chigi. Tant’è che Letta non ha dato cifre neppure durante il Consiglio dei ministri di ieri sera, dove ha illustrato l’impianto «e la filosofia» della legge di stabilità per il 2014.
SACCOMANNI ACCERCHIATO
Ma il piano c’è. E Letta ci lavora «notte e giorno» in vista del varo della legge martedì prossimo. L’imperativo del premier «è più soldi in busta paga per i lavoratori», in modo di rafforzare la domanda interna e dare «una forte spinta ai primi accenni di ripresa grazie all’aumento dei consumi». Proprio per questo, secondo Letta, i 4-5 miliardi stimati dal Tesoro sono insufficienti. Del resto anche per il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi «la cifra necessaria è di 10 miliardi».
Il problema, a questo punto, è dove trovare i fondi senza aumentare la pressione fiscale. Il tema è stato affrontato ieri sera, poco prima della riunione Consiglio dei ministri, in un vertice tra Letta, il vicepremier Angelino Alfano, i ministri Dario Franceschini, Maurizio Lupi e Saccomanni. Inutile dire che gli occhi di tutti i presenti si sono appuntati sul ministro dell’Economia. E’ a lui che Letta chiede «il miracolo» grazie alla spending-review e alla vendita di immobili pubblici. Inutile aggiungere che il ministro dell’Economia, per la prima volta da quando siede all governo, si è sentito accerchiato. Stavolta non è solo il Pdl a chiedere qualche «sforzo in più». Anche Letta e il Pd, in ragione dei maggiori margini di spesa concessi dalla chiusura della procedura d’infrazione per deficit eccessivo, puntano a un’«operazione importante» sul fronte del costo del lavoro. «Con un sollievo fiscale evidente e percepibile da lavoratori dipendenti e imprese».
Il tutto s’inquadra nella battaglia avviata ieri da Alfano e dai ministri del Pdl. «Siamo le sentinelle anti-tasse», ha detto il vicepremier. Una mossa preannunciata a Letta, che ha storto il naso perché «non ama passare per quello delle tasse», spiegano i suoi. Ma che «ha lasciato correre, in quanto comprende le difficoltà in questa fase di Alfano».
La competition però è competition. E la sortita del vicepremier ha innescato la reazione del Pd e di Scelta civica. Sentite il ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando: «E’ ovvio che la parte in commedia scelta da Alfano è quella di paladino anti-tasse. Ma visto che anche noi le tasse non le vogliamo, vorrà dire che il Pd espliciterà con più forza le proprie bandiere programmatiche». E ascoltate Benedetto Della Vedova, portavoce di Sc: «E’ una caricatura contrapporre tassatori e anti-tassatori, per altro la storia dimostra che la responsabilità dell’aumento del fisco è dei ministri berlusconiani».