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Pescara, 16/05/2025
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Data: 10/10/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
Pensioni d’oro: il governo pronto a sterilizzarle dal 2015

ROMA Si dice siano centomila e costerebbero allo Stato più di 13 miliardi di euro all’anno. Si dice, appunto. Perché i numeri esatti delle pensioni d’oro e del loro ammontare non sono accertati. Tanto da far dire al ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, che si «tratta di numeri folli». Per adesso dobbiamo accontentarci di quella sorta di hit parade dei ”ricchi in quiescenza”, presentata un paio di mesi fa dal sottosegretario al Welfare, Carlo Dell’Aringa: primo posto assoluto per Mauro Sentinelli, ex manager e ingegnere elettronico di Telecom con una pensione mensile di oltre 91.000 euro. A seguire Alberto De Petris, ex di Infostrada (66.436,88 euro), al terzo posto Mauro Gambaro, ex presidente della sempre ex compagnia aerea Volare (51.581,93). Dal quinto al decimo gradino della graduatoria, con assegni intorno ai 40.000 euro, altri manager di spicco: da Vito Gamberale (ex Autostrade) ad Alberto Giordano (ex Cassa di Roma), a Federico Imbert (ex JP Morgan). Inutile andare avanti, sarebbe come consultare un elenco telefonico. Comunque tutte pensioni altissime per quanto legittimamente percepite.
IL CONGELAMENTO
E inscalfibili, come ha stabilito una sentenza della Corte Costituzionale a seguito del ricorso di un magistrato della Corte dei Conti, titolare di un assegno di superiore ai 90.000 euro annui. Con quella decisione la Consulta ha bocciato, nella sostanza, il tentativo del governo Berlusconi prima e Monti poi di ridurre gli emolumenti previdenziali più ricchi a titolo di «contributo di solidarietà». Non si può fare, hanno stabilito i giudici costituzionali, semplicemente perché la solidarietà devono pagarla tutti e non soltanto alcune categorie, seppure privilegiate.
Ed è uno scoglio, questo, sul quale si è andato ad infrangere ogni possibile tentativo dell’esecutivo Letta che, al momento, è riuscito soltanto a congelare la rivalutazione delle pensioni che superano i 3.000 euro al mese e a garantire un aumento per quelle più basse che - ad eccezione delle minime - sono ferme dal ’98. Oltre tutto, secondo calcoli del ministro Giovannini, il taglio eventuale delle pensioni d’oro darebbe risultati modesti proprio in considerazione del loro basso numero. Però si potrebbe operare - ed è questo lo strumento che il governo vorrebbe adottare dal 2015 - con la deindicizzazione, cioè la mancata rivalutazione, degli assegni più cospicui. Ed è ciò che intendeva il titolare del Lavoro quando, ieri l’altro, ha precisato che «è più facile agire sui pensionandi che sui pensionati». Come dire che sul futuro si può intervenire, sul passato no. Più esattamente, a partire dal prossimo anno potranno essere congelate le pensioni più alte, così i pensionati d’oro diventeranno progressivamente meno ricchi.
Il golden system previdenziale è figlio del vecchio meccanismo retributivo, applicato ai lavoratori che al 31 dicembre ’95, prima dell’entrata in vigore della riforma Dini, avevano già maturato 18 anni di contributi. L’adozione del contributivo, ha spiegato Giovannini, attenuerà progressivamente il fenomeno delle pensioni d’oro.

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