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Data: 11/10/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
Trattativa in bilico fino all’ultimo. Letta: ora serve un nuovo vertice. Lupi: «Confronto con Air France alla pari»

ROMA Il soccorso di Enrico Letta e del governo ad Alitalia ha un prezzo. Il premier, dopo aver individuato il socio pubblico, chiede «discontinuità di governance e rinnovamento di gestione». Obiettivo: un rilancio vero e non una nuova agonia. «Serve un trapianto di polmoni, non una semplice boccata d’aria», spiegano a palazzo Chigi.
«Noi il nostro intervento di responsabilità per difendere un asset strategico e per tutelare l’occupazione l’abbiamo fatto», ha spiegato Letta ai soci di Alitalia, «ora tocca a voi fare la vostra parte. Ma dovete cambiare passo, in questi ultimi cinque anni avete portato la compagnia al fallimento». Insomma, qualche testa cadrà. Gli equilibri dovranno cambiare. Per dirla con il ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, da giorni in prima linea nell’operazione di salvataggio: «Ci deve essere una discontinuità di piano industriale e di gestione. Alitalia non potrà continuare a perdere».
La svolta si è avuta l’altra notte, quando a palazzo Chigi è stato chiamato il numero uno di Poste italiane, Massimo Sarmi. Alla presenza di Letta, Lupi, Zanonato, del sottosegretario Filippo Patroni Griffi, il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni ha dato il via libera al coinvolgimento di Poste, una spa al 100% sotto il controllo del Tesoro. In più il governo si impegna, «una volta assicurati discontinuità e rinnovamento», ad accompagnare «il percorso con un supporto strategico e finanziario».
IL PERCHÈ DELLA SCELTA

Dopo aver scartato Fintecna e Ferrovie, dopo aver imprecato per il «no» di Cassa depositi e prestiti, l’idea di puntare su Poste era sbocciata mercoledì mattina durante un incontro tra Patroni Griffi, Saccomanni e Lupi. Ecco il racconto di uno dei tre protagonisti: «La prima cosa da garantire era la logica industriale e la complementarietà del socio pubblico. Abbiamo cominciato analizzando l’opzione-Ferrovie, riscontrando problemi enormi. Il principale: un gigantesco conflitto d’interessi, visto che Ferrovie gestisce la tratta Roma-Milano. Così siamo andati a verificare la situazione di Poste, scoprendo che già in Germania Lufthansa ha come socio Deutsche Post e verificando che gestendo i Cargo e avendo una piccola compagnia aerea, la Mistral, la società di Sarmi poteva essere il partner industriale giusto».
Conclusa l’azione di scouting, individuata una società pubblica con buona liquidità, il passo successivo del governo è stato garantire l’aumento di capitale. Patroni Griffi ha chiamato uno a uno i vari Colaninno, Benetton e le banche. Ma non tutti i problemi sono risolti, se in una nota Palazzo Chigi ha scritto: «Il governo si aspetta che i soci si assumano appieno le loro responsabilità».
Letta però già guarda ad Air France. «L’aumento di capitale e l’individuazione del partner industriale», spiega un collaboratore del premier, «serve a non regalare la compagnia ai francesi e per accompagnare al meglio, nel modo più dignitoso possibile, Alitalia verso l’indispensabile e necessaria integrazione con Air France. Come è ormai purtroppo dimostrato, la nostra compagna aerea da sola non può sopravvivere». Ancora più chiaro il ministro Lupi: «Air France rimane l’interlocutore privilegiato, ma dovrà trattare con un’azienda più forte. La trattativa avverrà con pari dignità». I partner alternativi, nel caso in cui i francesi decidessero di non sottoscrivere l’aumento di capitale scendendo all’11%, sono anzitutto la compagnia araba Etihad e subito dopo la russa

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