ROMA «Continueremo a chiamarvi ladri». La giornata nell'Aula di Montecitorio dove ieri è approdata la riforma del finanziamento pubblico ai partiti, non era certo cominciata con scambi di cortesie. Con gli insulti pesanti del Movimento 5 Stelle all'indirizzo della maggioranza, e non solo, si è scatenata la bagarre. Dopo la parola "ladri" pronunciata dal deputato Fraccaro, dai banchi del Pd e del Pdl sono partite urla e proteste, i Grillini denunciano minacce, mentre nell'emiciclo si scatena il caos tanto che la vicepresidente Marina Sereni deve sospendere la seduta fino al pomeriggio: «Impossibile continuare, questo non è uno stadio né un ring». Con il cambio alla guida dell'Aula di Simone Baldelli, la tensione resta alta tanto che pure il vicepresidente del Pdl deve minacciare i deputati 5 Stelle: «Se risento quel termine (ladri), vi tolgo la parola». «Hanno sparso veleni per tutta la giornata - denuncia il Pd con Ettore Rosato - polemiche infondate e con la doppia morale: c'è un unico leader politico, che non ha reso pubblica la dichiarazione dei redditi, Beppe Grillo». «Fanno solo propaganda, lucrano sul malcontento per guadagnare qualche voto» dice il capogruppo dei democratici Speranza motivando la bocciatura di una seduta fiume. «Ecco la Repubblica dei trolley», attacca Grillo, ironizzando sui parlamentari che tornano a casa a metà della settimana. Nonostante il clima non proprio sereno, la maggioranza che con fatica ha raggiunto in commissione un'intesa di massima sul testo base, va avanti nell'esame superando anche lo scoglio più duro, quello del tetto dei finanziamenti dei privati, fissato definitivamente a 300 mila euro per le persone fisiche e 200 mila per le società. L'accordo vale dal 2017 e fino ad allora la percentuale sul totale dei bilanci andrà a calare progressivamente, insieme al finanziamento diretto che entro i prossimi tre anni, secondo i tempi scanditi dalla riforma, sarà cancellato. Verrà sostituito dai finanziamenti privati e dalle contribuzioni volontarie provenienti dal 2 per mille. Proprio questo il punto d'attacco del Movimento 5 Stelle che con il vicepresidente Luigi Di Maio torna sullo scontro in aula: «Non sono ladri ma vogliono tenersi il malloppo». Per i grillini, la nuova legge non abolisce del tutto il finanziamento ai partiti e dunque bocciano come "una farsa" il disegno di legge del governo che è stato reso meno rigido anche dal lavoro in commissione. La stretta arriva invece dal capitolo delle fondazioni vicine o di emanazione diretta dei partiti, che in passato sono state utilizzate per aggirare le regole sul finanziamento. Con le nuove norme saranno invece obbligate a osservare i criteri di trasparenza e pubblicare le contribuzioni superiori al 10 per cento dei loro bilanci. I lavori riprenderanno martedì ma l'intesa tra i partiti Pd, Pdl, Scelta civica e Sinistra ecologia e libertà, dovrebbe reggere. A metterla in pericolo sono stati i dissidi dentro il Pdl dove nelle ultime settimane è aleggiato il fantasma della scissione. Qualora nasca la nuova Forza Italia, il tesoretto dei prossimi rimborsi sarà regolato con un accordo che nel caso di gruppi autonomi verrà diviso percentualmente secondo i nuovi rapporti di forza. Per le nuove formazioni, in futuro, per accedere alla ripartizione del 2 per mille dei contribuenti italiani, i partiti dovranno conquistare almeno un eletto sotto il proprio simbolo alla Camera, al Senato o all'Europarlamento.