ROMA Prima il lealista Raffaele Fitto, poi, forse, Angelino Alfano. Silvio Berlusconi prova a tenere insieme il suo partito sempre più diviso tra falchi e colombe ma tra i fedelissimi dell’ex premier cresce il sospetto che la pax alfaniana sia solo una copertura per preparare la scissione. Soprattutto dopo che alla Camera, dove si sta votando la legge su finanziamento pubblico dei partiti, passa un emendamento che viene subito bollato come “salva-scissionisti” perché prevede che possano accedere ai soldi pubblici anche i deputati e senatori che lascino il partito con il quale sono stati eletti se riusciranno a formare un gruppo di venti parlamentari. Il Cavaliere è tornato a Roma di pessimo umore sia per la convocazione per lunedì della giunta del Senato che dovrà votare la relazione di Stefano sulla sua decadenza, sia per le ultime «rivelazioni» sulla sua relazione con la giovane fidanzata napoletana, Francesca Pascale. L’ex premier non si schiera nè con Fitto, nè con Angelino Alfano. Anche se le ultime da palazzo Grazioli confermano che anche il Cavaliere, che solo qualche giorno fa aveva promesso ad Alfano la guida della rinata Forza Italia, ci abbia ripensato. E ora sostenga la richiesta di Fitto e dei lealisti di nominare un nuovo gruppo dirigente del partito. All’ex governatore pugliese, incontrato ieri per più di due ore a palazzo Grazioli dove c’erano anche Sandro Bondi e Denis Verdini, Berlusconi avrebbe confermato la simpatia per la dura presa di posizione in sua difesa contro i «traditori», ovvero la pattuglia ministeriale che è riuscita a fare rivotare la fiducia al governo Letta, contro la stessa volontà del leader azzurro. Non si sarebbe però pronunciato chiaramente sulla richiesta avanzata dai «lealisti» di azzerare tutte le cariche nel partito, a cominciare da quella del segretario, Alfano appunto. Con il cuore, il Cavaliere sta con Fitto e con i duri e puri del Pdl. Con la testa è invece indeciso. Il braccio di ferro tra le due anime del partito continua e il punto di svolta sarà il voto in Aula sulla decadenza di Berlusconi. Solo allora, con il Cavaliere fuori dal Parlamento, si capirà chi resterà al suo fianco in Forza Italia e chi lo «tradirà». In ogni caso nelle ultime ore l’ala dura dei falchi è tornata a far sentire la sua voce, mentre alla Camera è circolato un sondaggio della Gisleri che dà Pd e M5S appaiati al 27% contro il Pdl al 25%. «Ho fatto una battaglia con la mia faccia ma ho assolutamente perso, all’interno del nostro movimento vedo cose che non mi piacciono e su questo la mia faccia non ce la metto», avverte Daniela Santanchè. Ma è Mara Carfagna la più dura con Alfano. «I congressi non si consumano nelle aule parlamentari perché ci sono 5 o 6 persone che si sono auto-selezionate e pretendono di dare la linea, si fanno di fronte alla nostra gente, le decisioni devono tornare nella mani di Berlusconi e tutte le attuali cariche vanno azzerate» tuona Carfagna. «Quando fu eletto segretario Alfano promise che non ci sarebbero stati più dirigenti nominati dall’alto e che andava rispettato il principio anatomico: non si possono occupare più sedie contemporaneamente».