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Data: 11/10/2013
Testata giornalistica: Il Tempo d'Abruzzo
Altri veleni su Bertolaso e Cialente. Vittorini e Visione già parte civile nel processo satellite alla «Grandi Rischi» presentano due esposti contro l’ex capo della Protezione Civile e il sindaco

L’AQUILA Altri guai in arrivo per Bertolaso e Cialente? Sarà la magistratura a rispondere a questa domanda. Sono state infatti depositate ieri mattina in Tribunale all'Aquila, durante l'udienza per l'incidente probatorio nei confronti di Guido Bertolaso, due denunce nei confronti del sindaco dell'Aquila Massimo Cialente e altrettante contro l’ex capo della Protezione Civile. Le persone che hanno formalizzato gli esposti presentati in realtà già nei giorni scorsi, sono il consigliere conunale di «L'Aquila che vogliamo», Vincenzo Vittorini e Pierpaolo Visione. Il procedimento contro Bertolaso, vede Vittorini e Visione parti civili nell'inchiesta che rappresenta una costola del processo principale contro la Commissione Grandi Rischi, andato a sentenza di primo grado nell'ottobre scorso. Originariamente le accuse erano state rivolte anche all'ex assessore regionale alla Protezione Civile, Daniela Stati, poi prosciolta. Al centro delle accuse la famosa telefonata intercettata tra Stati e Bertolaso in cui lo stesso capo della Protezione Civile, facendo riferimento alla riunione della Commissione Grandi Rischi, che si tenne poi all’Aquila il 31 marzo 2009, parlò di operazione mediatica. Tornando al processo di ieri, secondo fonti interne, sembrerebbe che le nuove denunce depositate durante l'avvio d'udienza, riguardino la condotta che l'ex numero uno della Protezione Civile, Bertolaso, ebbe prima, durante e dopo il terremoto catastrofico del 6 aprile 2009. Per Cialente invece le accuse riguardarebbero l'assenza e dunque la mancata attuazione di un piano di Protezione Civile, che venne pensato solo dopo che il territorio aquilano era stato raggiunto da oltre 400 scosse, prima di quella principale delle 3,32 che distrusse il capoluogo d'Abruzzo portandosi via la vita di 309 persone. Ad avvalorare le nuove denunce che nei confronti di Bertolaso erano già state presentate, nuove documentazioni che dimostrerebbero, secondo gli esposti, la colpevolezza del capo della Protezione Civile e del primo cittadino dell'Aquila. Gli esposti erano stati già presentati nei giorni scorsi in Procura e il pm Picuti ha chiesto di acquisirli in udienza. Ieri in realtà si sarebbe dovuto svolgere l'incidente probatorio nei confronti di Guido Bertolaso, unico indagato al momento in questa inchiesta satellite della Commissione Grandi Rischi. Si sarebbero dovuti sedere sul banco dei testimoni infatti, i sette membri dell'organo consultivo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, già condannati a sei anni di reclusione in primo grado dal giudice Marco Billi, e cioè Enzo Boschi, Bernardo De Bernardinis, Gian Michele Calvi, Claudio Eva, Mauro Dolce, Franco Barberi e Giulio Selvaggi, che dovevabo essere interrogati proprio per capire ed inquadrare la responsabilità penale di Guido Bertolaso. Insieme a loro, doveva testimoniare anche Giuseppe Zamberletti, ex ministro ed ex capo della Protezione Civile. Nonostante si sapesse che ieri, per un legittimo impedimento dell'avvocato Dinacci, difensore di Bertolaso, l'udienza preliminare sarebbe saltata, complice anche una serie di difetti di notifica, Zamberletti si è presentato , affrontando un lungo viaggio da Varese fino all’Aquila per prendere parte al processo che così come era previsto, dopo aver appurato l'impossibilità di celebrarlo, è stato rinviato al prossimo 29 ottobre, giorno nel quale, ulteriori rinvii permettendo, si inizieranno a delineare le reali responsabilità dell'ex capo della Protezione Civile e si capirà quale piega prenderà il processo anche alla luce di questi ulteriori elementi di prova depositati, consistenti nelle nuove denunce, che potrebbero far passare nuovi guai giudiziari al sindaco dell'Aquila Cialente. Una storia dolorosa , mai chiusa, che continua con questo processo. Così come fa male riaprire quelle ferite, in effetti mai rimarginate, provocate dalla morte di 309 persone. Morti che per alcuni, molti in realtà, si sarebbero potute evitare, ma che comunque hanno segnato una comunità intera che fino a quando processi del genere non verranno definitivamente chiusi, difficilmente potrà guardare avanti con serenità al futuro.

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