ROMA Non erano previste sorprese e non ci sono state. Il cda di Alitalia, alla terza convocazione in poco meno di una settimana e dopo l’arrivo in soccorso delle Poste, ieri ha approvato l’aumento di capitale che mette in sicurezza la compagnia. Via libera quindi alla manovra da 500 milioni che cancella lo spettro del fallimento e rimette in pista il vettore nazionale. Anche Air France, spiazzata dalla soluzione in extremis trovata dal governo italiano, si è allineata votando a favore. Parigi prende quindi atto, dopo aver accarezzato a lungo l’idea del commissariamento, del nuovo assetto, ribadendo che servirà «un nuovo e più aggressivo piano industriale». Ora bisognerà aspettare l’assemblea di lunedì 14 in cui gli azionisti dovranno varare l’aumento di capitale da 300 milioni. Difficile, a questo punto, immaginare colpi di scena. Il gruppo guidato da Massimo Sarmi, pronto a sottoscrivere fino al 25% dell’aumento, rappresenta infatti la garanzia che l’operazione andrà a buon fine.
LO SCHEMA
Lo schema dell’operazione prevede 300 milioni a titolo di aumento di capitale da offrirsi in opzione ai soci e 200 milioni di nuove linee di credito da parte del sistema bancario. Nel comunicato finale si legge poi che è stato formalizzato anche l'impegno di Poste. Il gruppo, come previsto, garantirà un esborso fino a 75 milioni, prendendo il posto degli azionisti che eventualmente daranno forfait.
Un altro tassello che va a posto riguarda la copertura della quota di ricapitalizzazione residua: Intesa SanPaolo e Unicredit garantiranno infatti la sottoscrizione fino a 100 milioni dell'eventuale inoptato. A fronte di questa garanzia sull'inoptato, è prevista da parte di Intesa Sanpaolo e di Unicredit la concessione di un bridge to equity di 100 milioni per consentire ad Alitalia di far fronte al suo immediato fabbisogno finanziario. Un nuovo cda si terrà sempre lunedì prossimo prima dell'assemblea degli azionisti convocata per le ore 17.
LA SODDISFAZIONE
Nel giorno della verità per le sorti della ex compagnia di bandiera, sono ovviamente piovute le dichiarazioni all'insegna della soddisfazione dopo lo scampato pericolo. Sono contenti i sindacati che hanno visto la compagnia sull’orlo del precipizio, ma anche la politica, dal Pd al Pdl. Ed è contento anche il presidente di Alitalia, Roberto Colaninno, che in una nota ribadisce come «la disponibilità a ricapitalizzare sia stata espressa da un congruo numero di azionisti». Colaninno ricorda poi che i soci italiani hanno già versato circa 1.270 milioni con le precedenti capitalizzazioni. E che faranno ancora una volta la parte che compete.
Resta da sciogliere il nodo relativo all’effettiva partecipazione all'aumento da parte di Air France, dopo il via libera dei suoi consiglieri in cda. Dalla Francia si precisa che «ci sono trenta giorni di tempo per decidere se sottoscrivere l'aumento ed Air France-Klm ha quindi tutto il tempo di capire e verificare per poi negoziare». In ogni caso la sottoscrizione dell'aumento dovrà passare l'esame del board della stessa AF-Klm, cui sarà sottoposta. Quanto alle condizioni, da Parigi si richiama quanto detto in più occasioni dal numero uno De Juniac che in recenti interviste ha fatto riferimento a «ristrutturazioni dure» in cambio dell’ulteriore investimento. «E sono indicazioni che restano valide», concludono le fonti.
RISPARMIO AL SICURO
Da Poste arriva l'assicurazione che per l'investimento di 75 milioni non utilizzerà risorse legate al rapporto con i depositanti, quindi nè da conti correnti nè da buoni o libretti postali. Sarà utilizzata esclusivamente la liquidità della società. Rientra in gioco, nel ruolo di uno dei principali fornitori, l'Eni, pronto a rifornire di carburante gli aerei Alitalia.
Lupi: «Adesso si cerchi l’alleato giusto»
ROMA «Abbiamo dato un colpo di reni importante, dimostrato che l’Italia può rialzare la testa. Altro che aiuti di Stato, altro che operazione che non sta in piedi. Molti soloni dovranno ricredersi perché l’ingresso di Poste in Alitalia è legato a un preciso piano industriale, a robuste sinergie, a una discontinuità con il passato. Assurdo pensare che sono a rischio i risparmi postali degli italiani. Le Poste sono un’azienda sana, che fa utili, ha un proprio patrimonio, manager efficienti che hanno risanato l’azienda. E che adesso potranno dare un contributo fattivo al nuovo posizionamento di Alitalia».
Maurizio Lupi, ministro dei Trasporti, è molto soddisfatto per aver finalmente chiuso il cerchio. Spiazzando i pessimisti e soprattutto «chi gioca sempre al tanto peggio».
Ministro, è stata sua l’idea di coinvolgere Poste dopo la marcia indietro di Cdp e Fintecna?
«Lasciamo stare i meriti. E ricostruiamo i fatti. Da dieci giorni il governo era investito da questa vicenda che riguarda un asset strategico del Paese. Con coraggio abbiamo individuato una soluzione che non comporta aiuti di Stato e prevede un’alleanza internazionale che ora potrà essere contrattata alla pari. Le Poste hanno caratteristiche precise, costituiscono un valore aggiunto per Alitalia e ci consentono di preservare un asset strategico. Tutti, soci privati, banche e Poste ora dovranno fare la loro parte».
L’alternativa all’opzione Poste sarebbe stato l’arrivo del commissario...
«Sarebbe stato un vero disastro. Tra l’altro, il ricorso alla legge Marzano oltre a generare altre voragini anche in termini occupazionali, avrebbe potuto configurare l’ipotesi di aiuti di Stato che l’Europa non vuole».
Sta di fatto che Cdp e Fondo strategico, chiamati a Palazzo Chigi, non hanno offerto una grande collaborazione. Vi ha irritato il loro atteggiamento?
«No. Anzi, il loro atteggiamento ci ha aiutato a comprendere meglio il percorso giusto».
E’ opinione diffusa che la scelta delle Fs avrebbe però offerto più vantaggi rispetto all’opzione Poste. Perché non avete proseguito su quella strada?
«Era un’ipotesi con una sua valenza, ma poi abbiamo ritenuto che Ferrovie dovesse privilegiare lo sviluppo del trasporto regionale che ancora non è completato. Inoltre avremmo dovuto risolvere il problema della sovrapposizione sulla tratta Roma-Milano. Alla fine le Poste ci sono sembrate la scelta migliore».
Con quali sinergie?
«Sono un’azienda sana e profittevole. Le sinergie sono nel cargo, nell’e-commerce, nel trasporto della corrispondenza, nelle piattaforme infrastrutturali. Abbiamo chiesto all’amministratore delegato Sarmi di darci delle risposte, e il manager prontamente ci ha presentato una serie di linee d’azione concrete».
Anche per quanto riguarda la governance? E’ vero che i vertici operativi di Alitalia adesso sono a rischio?
«Non spetta certo al governo occuparsi di questo. Saranno i soci, Poste comprese, a soppesare il piano industriale. Noi abbiamo chiesto discontinuità con il passato. Ma le decisioni sul governo aziendale spettano ai soci».
In relazione alle alleanze future, nell’editoriale di Romano Prodi pubblicato ieri sul Messaggero si legge che la soluzione Air France sarebbe la più rischiosa per il Paese. Anzi, Prodi traccia un identikit dell’alleato ideale che somiglia tanto a Etihad. E’ d’accordo?
«Prodi ha ragione quando scrive che in cinque anni è cambiato il mondo del trasporto aereo. Sono arrivati sulla scena nuovi soggetti, il prezzo del greggio è andato alle stelle, la crisi ha fortemente ridimensionato quel business costringendo l’intero settore a concentrazioni che sono tuttora in corso. E altre ne arriveranno. Noi, come governo, avevamo l’obbligo di mettere Alitalia in condizione di trattare da pari a pari con l’azionista Air France, di essere cioè un interlocutore forte, con un azionariato pronto a fare la propria parte. Se avessimo battuto la via del commissario avremmo perso tutto. Adesso sul fronte delle alleanze ogni opzione diventa possibile».
Che cosa farà Air France? Avete avuto contatti di recente con la compagnia francese?
«La questione è semplice: se partecipa all’aumento di capitale conservando il suo 25% continuerà ad essere l’interlocutore privilegiato. Ci sono dei patti da rispettare. Se invece deciderà di diluirsi, scendendo all’11%, allora ogni strada sarà aperta».
Ma il loro piano per Alitalia prevede, fino a prova contraria, che Parigi e Amsterdam siano i soli hub intercontinentali. Ciò significa ridurre Fiumicino a un hub regionale.
«L’accordo con loro per lo sviluppo di Alitalia si potrà fare solo se i tre hub saranno posti allo stesso livello. In caso contrario ci rivolgeremo altrove».
Etihad è un partner possibile? Uno studio di Rotschild dice che la compagnia degli Emirati sarebbe pronta se fosse chiamata.
«Per il momento non è questione che interessa il governo. Alitalia oggi, anche in virtù di precisi patti parasociali, ha l’obbligo di trattare con Air France. Se Parigi deciderà di cambiare strada, ne prenderemo atto. Ripeto, il nostro compito era rimettere in forza un’impresa italiana. E mi spiace che molti non lo capiscano. La Marzano avrebbe invece significato perdere altri soldi».
Nel decidere l’entità dell’investimento di Poste, vale a dire 75 milioni, avete calcolato la quota di potenziale inoptato rispetto all’aumento di capitale?
«Poste ha posto un tetto massimo. Poi si vedrà. Io comunque mi aspetto che tutti gli azionisti facciano la loro parte con coraggio. Come le banche».
Anche il governo sta facendo la sua parte. Non avete forse concesso una garanzia per altri 75 milioni a tutela dell’intervento delle banche?
«Si tratta di un passaggio successivo. Questa garanzia scatterà solo se verrà completato il percorso verso l’alleato finale».