ROMA Un po’ di più ai lavoratori dipendenti, un po’ meno alle imprese. Almeno nel primo anno della ripresa, quando l’effetto fiducia può diventare un moltiplicatore eccezionale per il recupero del terreno perduto in questi anni di crisi. È una delle ultime ipotesi governative relative al taglio del cuneo fiscale in arrivo con la legge di stabilità. A fronte di un quadro ancora non limpido sulle risorse disponibili per il taglio delle tasse sul lavoro (si continua a parlare di 4-5 miliardi di euro nel 2014 e una decina nell’arco del triennio), inizia però a diventare più nitida la cornice dell’intervento. Obiettivo: massimizzare l’effetto nelle tasche dei lavoratori, così da spingere sui consumi interni e quindi sulla produzione di beni e servizi. Si sta quindi pensando di dividere la torta dandone due terzi (o il 60%) sotto forma di maggiori detrazioni Irpef ai lavoratori dipendenti con redditi fino a 55.000 euro lordi l’anno, il resto alle imprese sotto forma di incentivi per gli utili reinvestiti, potenziamento delle deduzioni Irap, agevolazioni per le assunzioni. A ogni lavoratore potrebbe così andare una cifra (resta l’ipotesi di un’unica tranche) intorno ai 200-250 euro. Per dare una mano alla competitività delle aziende, ritorna in campo l’estensione della maggiore flessibilità contrattuale collegata all’Expo. Probabile anche il rifinanziamento (attingendo ai fondi europei già definiti per il periodo 2014-2020) del bonus fiscale per assunti a tempo indeterminato. La misura è così piaciuta alle imprese che in pochi giorni dall’avvio del click day, il plafond è pressoché quasi terminato. «Abbiamo già raggiunto quota diecimila posti di lavoro» dice il ministro Trigilia.
Poi dal 2015 la divisione della torta potrebbe essere invertita, dando la fetta più grande alle aziende, con misure che andrebbero a ridurre strutturalmente i contributi relativi agli oneri non previdenziali. Sui quali, tra l’altro, attualmente c’è una sorta di giungla delle aliquote, con settori che per alcune voci (Aspi, Cuaf, maternità) versano percentuali anche doppie rispetto ad altri. L’idea è quella di armonizzare le aliquote verso il basso.
RIGORE NEI CONTI
Tra incontri ufficiali (ieri il premier Letta ha chiuso il primo giorno di consultazione delle parti sociali ricevendo separatamente Alleanza Cooperative, Confapi e Ania) e simulazioni, si lavora ormai a pieno ritmo sulla legge di stabilità che, complessivamente, sarà di circa 12-13 miliardi di euro nel 2014 (una ventina nel triennio). Oltre alle misure sul cuneo fiscale, il governo dovrà infatti recuperare 4 miliardi per le spese indifferibili, due/tre miliardi per gli enti locali e poi le risorse per rifinanziare alcuni capitoli sociali a partire dal fondo per la non autosufficienza e la cig in deroga.
Il tutto - come ha ribadito Letta - senza abbandonare la strada del risanamento dei conti pubblici. Quindi: rispetto del tetto del 3% per quanto riguarda il deficit, ma anche «progressiva riduzione del debito». A questo proposito verrà anticipata l’operatività della nuova società di gestione risparmio Invimit, che si occuperà delle dismissioni immobiliari, attraverso le quali il governo conta di incassare almeno un miliardo l’anno nel prossimo biennio.