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Data: 12/10/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
Berlusconi chiede l’affido in prova: nessuna comunità ma a casa sua. Lo sfogo del Cavaliere: tradito dai ministri appena decado mi arrestano

MILANO Una richiesta essenziale, con pochi dettagli, ma illuminante per quanto riguarda i progetti futuri del Cavaliere. Ieri poco dopo mezzogiorno i legali di Silvio Berlusconi hanno presentato all’ufficio esecuzioni del tribunale di Milano l’istanza di misura alternativa alla detenzione: informano che l’ex premier non svolgerà un’attività socialmente utile in un gruppo di volontariato o in una onlus, non danno alcun tipo di indicazione sul lavoro a cui intende dedicarsi, fissano come residenza palazzo Grazioli e come domicilio villa San Martino. L’affidamento in prova ai servizi sociali dunque sarà a Roma o ad Arcore e non necessariamente comporterà un’attività esterna: considerata l’età, l’ex presidente del consiglio può scontare a casa il residuo anno di pena della condanna a quattro anni per frode fiscale nel processo Mediaset senza essere sottoposto alle ristrettezze dei domiciliari.
RICHIESTA IN CASSAFORTE
Il documento messo a punto dagli avvocati è generico quanto basta per consentire ampi spazi di manovra nell’udienza che tra qualche mese si svolgerà davanti ai magistrati del tribunale di sorveglianza. L’iter è appena cominciato, il fascicolo per ora ha un numero di registrazione ed è composto da un semplice foglio con il nome del richiedente pinzato su una cartellina rossa. E’ chiuso nella cassaforte del presidente Pasquale Nobile De Santis, che appena lo ha ricevuto ha provveduto a firmarlo e a metterlo al sicuro prima di affidarlo al magistrato incaricato. Lunedì partirà la fase istruttoria e la documentazione personale del Cavaliere formerà il suo dossier: polizia e carabinieri si occuperanno dei carichi pendenti, ovvero i procedimenti penali in corso, degli accertamenti sulle sue frequentazioni, se è in contatto con pregiudicati e quali condotte di vita tiene. Un primo rapporto degli assistenti sociali invece descriverà la tipologia del suo domicilio, ubicazione e numero di vani, e riferirà dei conviventi. Alla luce di queste informazioni i magistrati riuniti in udienza decideranno se accogliere la richiesta di affidamento che a quel punto gli avvocati provvederanno a dettagliare, specificando la città nella quale risiederà il Cavaliere e se ha intenzione di svolgere un’attività lavorativa. Di certo non andrà in un’associazione di volontariato, come ha precisato fin da subito nell’istanza ponendo fine una volta per tutte agli appelli ormai quotidiani giunti, da Don Mazzi a Gino Strada. «Del resto si tratta di un’ipotesi impraticabile», fa notare un magistrato. «Berlusconi si muove con dieci uomini di scorta, non come Cesare Previti che andava in bicicletta da Don Picchi». Se dopo i primi sei mesi del percorso di reinserimento arriverà dai magistrati una valutazione positiva, l’ex premier potrebbe ottenere uno sconto di 45 giorni. In totale, dunque, sconterebbe dieci mesi e mezzo di affidamento.
NIENTE INDULTO
Strade alternative ai servizi sociali, al momento, non si profilano all’orizzonte. Restano solo i domiciliari, peggiorativi per condizioni dato che limiterebbero le possibilità di movimento del Cavaliere e la sua agibilità politica. Quanto a eventuali atti di clemenza, il leader del Pdl confida ai suoi di non averci mai creduto. Un indulto di tre anni potrebbe influire sul destino giudiziario di Silvio Berlusconi? Il ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri non concede spiragli: «Penso proprio di no», dice a Radio 24. E quanto a eventuali indicazioni o pressioni dal Colle, afferma: «Nessuna richiesta da parte del Quirinale. Il presidente vuole la forza di ragionare insieme, come accadde per il terrorismo, di ritrovare unità di intenti». Sulla legge il ministro ha le idee chiare, dovrebbe riguardare «20 mila persone», e sui beneficiari rassicura: «Assassini, stupratori, ladri non lasceranno mai il carcere».

Lo sfogo: tradito dai ministri appena decado mi arrestano
Cavaliere spaventato e pessimista: galere italiane orrende, finirò come la Tymoshenko. Appello all’unità: «Anche a costo di perdere qualche pezzo». Incontro serale con Alfano

ROMA Il momento dev’essere davvero delicato. La situazione deve apparire a Silvio Berlusconi particolarmente grave: «Appena sarò dichiarato decaduto e perderò l'immunità le procure di Milano e Napoli mi faranno arrestare e cercheranno di umiliarmi ancora di più...», si sfoga. Sennò, non si spiega tutto il via vai, mai così intenso come ieri nel bunker di Palazzo Grazioli, di dignitari, big, peones, avvocati, deputati ed eurodeputati, Ghedini e Confalonieri, Fitto e (separatamente) Alfano, Dell’Utri e La Russa, Crosetto e Meloni, Verdini, Abrignani, Roberta Angelilli, falchi («Il congresso ora non si può fare», ha avvertito il leader), colombe, consiglieri, capigruppo, che lungo tutta la giornata hanno fatto visita al Cavaliere.
E tutti, lo hanno trovato così: non ben disposto verso il governo (che non può abbattere però), piuttosto rabbioso per la vicenda della decadenza, pieno di afflato unitario per il partito balcanizzato e sia a Fitto sia a Alfano ha detto: «Deponete le armi, non fate il gioco della sinistra». Loro, e le loro truppe, naturalmente le armi non le deporranno. E lui, in questo tira e molla tra i due big in guerra, rischia di trovarsi in una posizione difficile («Ma il leader sono sempre io!», rassicura chi vuole essere rassicurato a cominciare da se stesso) e un eurodeputato, particolarmente pessimista, lo descrive così: «Lui che è abituato a fare il burattinaio adesso si sente un po’ un burattino. Chi tira i suoi fili da una parte, chi li tira dall’altra...».
LA GHIGLIOTTINA

Ma il cruccio vero di Silvio non sono le beghe interne ma la «ghigliottina della decadenza» che gli sta per stringere il collo. «Dovete fare moral suasion, anche presso i senatori del Pd, per evitare che votino contro di me», è il messaggio che ha recapitato a molti dei suoi visitatori il leader del Pdl. Ad Alfano, in tarda serata, non tace il suo disappunto, quello che aveva già raccontato agli europarlamentari all’ora di pranzo: «Un tradimento c’è stato il giorno della fiducia. Alla fine, senza che io sapessi niente, è spuntata la lettera dei 23 senatori. E io mi sono dovuto adeguare per non spaccare il partito. Ma voi ministri, mentre davate a me la vostra fedeltà sulla sfiducia, vi eravate già accordati con Letta». Parole che in serata verranno così commentate dal ministro Quagliariello: «Berlusconi sapeva da subito del mio dissenso sulla linea della sfiducia». Nel frattempo, mentre scorrono i visitatori, l’ex premier aveva incalzato così: «I ministri di questo governo non li ho scelti io. Solo Alfano è la mia scelta». E ancora: «Il governo non mi piace. Ma che alternativa abbiamo?». Con Alfano i toni sono più soft: «I lealisti stanno esagerando, ma sedetevi attorno a un tavolo». Quel tavolo che Angelino volutamente in questi giorni ha snobbato e ieri andando dal Cavaliere ha detto parole non bene accolte dai lealisti: «Mi sono dovuto occupare di cose di governo, non ho avuto tempo di pensare alle cariche nel partito». Alla fine sarebbe emersa l’ipotesi di un assetto con il Cavaliere presidente e Alfano vicepresidente della nuova Forza Italia.
Comunque: si sente un martire Silvio, un innocente messo alla gogna, anzi anche peggio. «I miei avvocati - è uno degli sfoghi di giornata - dicono che il mio futuro è infausto. Mi faranno marcire in galera. E come dimostra il caso Timoshenko, dopo molte manifestazioni alla fine anche la ribellione contro questi soprusi si placa e la gente se ne dimentica». Si paragona alla Timoshenko, ecco, il Cavaliere. «Ma voi - dice ai suoi visitatori - dovrete lottare ovunque e con ogni messo per dire la verità. Che sono un innocente massacrato dalla malagiustizia». «Le nostre carceri sono una vergogna», dice con tono preoccupato all’eurodeputato Rivellini, e il Cavaliere non esclude affatto di poterci finire dentro: «I magistrati mi odiano».
I PEZZI

Quanto al Pdl, Silvio avverte: «Il partito deve restare unito, anche a costo di perdere qualche pezzo». I pezzi più attratti dall’idea del post-berlusconismo? I ministri più impazienti e i parlamentari colombe che mordono il freno per fare gruppi autonomi? L’impressione di quasi tutti i pellegrini passati ieri da Palazzo Grazioli è che il caos Pdl si soltanto all’inizio.

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