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Pescara, 16/05/2025
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Data: 14/10/2013
Testata giornalistica: Il Centro
Verso le regionali in Abruzzo - Fine legislatura tra 2 mesi ma la data del voto non c’è. Il governatore Chiodi fa melina in attesa del momento migliore. Ci sono però situazioni di incandidabilità che imporrebbero una scelta rapida

PESCARA Cinque anni fa, il 14 dicembre 2008, gli abruzzesi andarono in pochissimi alle urne (poco meno del 53% degli aventi diritto) per eleggere il presidente della Regione e l’assemblea regionale. Tra due mesi scadrà dunque la nona legislatura, una delle più intense e drammatiche della storia dell’ente Regione. Una legislatura che rischia però di essere anche una delle più lunghe se non la più lunga. A due mesi dalla scadenza del quinquennio, infatti, il governatore Gianni Chiodi, che sarà anche candidato alle prossime elezioni per il centrodestra, non ha ancora deciso quando gli abruzzesi torneranno a votare. La legge gli dà la facoltà di scegliere una data tra il 14 novembre e il 14 marzo, in accordo con il presidente del Consiglio regionale e il presidente della Corte d’Appello dell’Aquila. Chiodi si sta prendendo tutto il tempo e se ne prenderà ancora, mentre la finestra di dicembre è già svanita. Nel frattempo il governatore si è adeguato volentieri ai desideri dei consiglieri regionali del suo partito: votare il più tardi possibile, meglio se a maggio assieme alle europee, secondo le disposizioni della spending review montiana (i consiglieri lo hanno riaffermato in una risoluzione votata in aula), e il suo gruppo politico, il Pdl, con l’avallo di parte della minoranza, ha già modificato la legge elettorale e il regolamento dei gruppi consiliari per adeguarli al nuovo quadro politico nazionale. Il Consiglio ha infatti approvato una leggina in cui si recepisce l’obbligo di election-day in caso di voto nello stesso anno delle europee, e ha approvato un regolamento che detta nuove norme per la formazione dei gruppi consiliari. Le ragioni di Chiodi e del Pdl sono note: il voto a maggio in election day farebbe risparmiare alla regione 8 milioni di euro (in realtà sono 5, perché anche in caso di election day la regione sarà chiamata a contribuire) e il voto invernale scoraggerebbe gli elettori, come si sarebbe visto nel 2008 (ma lì a scoraggiare furono le inchieste della magistratura per corruzione che azzerarono la giunta Del Turco). Se il governo Letta regge è probabile che si torni al voto a maggio con le europee e il Pdl sta facendo forti pressioni a Roma (dove al ministero dell’Interno c’è Angelino Alfano) perché ciò accada. Ma sarebbe bene saperlo con un certo anticipo, perché la legge elettorale elenca alcuni casi di incandidabilità che gli interessati dovrebbero rimuovere per tempo dimettendosi dagli incarici incompatibili con la candidatura. Uno dei casi è quello dei sindaci di città sopra i 5mila abitanti, dei presidenti di provincia e degli assessori provinciali che dovrebbero dimettersi tre mesi prima della presentazione delle liste. Ma nella stessa posizione sono i dirigenti e dipendenti regionali, gli ufficiali delle forze armate, i dirigenti delle Asl, i magistrati. E i sottosegretari.

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