La manovra diventa un campo di battaglia. Il viceministro dell'Economia invia una lettera di protesta: "Io, estromesso dai lavori preparatori". Il segretario Pd gli dà ragione. Monti si dimette da Scelta civica. Nel Pdl spaccatura falchi-colombe. Ma il premier: fiducia di Obama conferma che questa è strada giusta
ROMA - Diventa un campo di battaglia la legge di stabilità. I dissidi interni a Scelta civica provocano sotto sera le dimissioni di Mario Monti da presidente. Parallelamente, i fronti più caldi, sul piano politico, sono senz'altro il ventilato passo indietro di Stefano Fassina da viceministro (Pd) e gli equilibri interni al Pdl dove - sulla manovra - si riacutizzano le divisioni tra falchi e colombe. Tanto che Silvio Berlusconi prende direttamente l'iniziativa e incontra a Palazzo Grazioli il segretario, Angelino Alfano, Gianni Letta, Renato Schifani e tutti i ministri pidiellini. Al vertice, durato oltre tre ore hanno partecipato il ministro per le Riforme costituzionali Gaetano Quagliariello, quello per le Politiche agricole Nunzia De Girolamo e quello della Salute Beatrice Lorenzin.
Dagli Stati Uniti, intanto, il premier Enrico Letta a colloquio con il presidente Barack Obama, difende la legge dicendo di aver "imboccato la strada giusta" e di avere "intenzione di continuare" anche sulla scia dei "giudizi positivi ascoltati a Washington" . Perché "l'austerità senza crescita è un grosso problema, ecco perché in Italia è passata una legge di stabilità che mette il bilancio sotto controllo con un indebitamento in diminuzione e la tassazione in riduzione per la prima volta da molti anni". E poi: della legge di stabilità e delle polemiche che si sono scatenate in queste ore intorno al provvedimento del governo "parlerò domani a Roma - dice ancora - e parlerò diffusamente. Domattina mi occuperò di tutte le vicende di politica interna e risponderò a tutti i temi su cui c'è bisogno di rispondere".
Nel frattempo, per bocca del ministro della Pubblica amministrazione, Gianpiero D'Alia, il governo si è detto disponibile a modifiche anche per quanto riguarda la nuova stretta sui dipendenti pubblici che ha scatenato le polemiche dei sindacati.
Stando a quanto riporta Huffingtonpost.it, però, Stefano Fassina, viceministro all'Economia, sarebbe pronto a dimettersi al rientro di Enrico Letta dal viaggio negli Stati Uniti. A determinare la decisione sarebbe stata l'estromissione dai lavori preparatori della legge di stabilità. Il numero due del Tesoro avrebbe scritto una lettera alla presidenza del Consiglio. Non un vero e proprio annuncio di un passo indietro, viene spiegato, ma una missiva di protesta nella quale Fassina lamenta il fatto di aver chiesto più volte la documentazione relativa alla legge di stabilità e di non averla mai ricevuta. Il viceministro di via XX Settembre avrebbe chiesto anche di essere coinvolto nella stesura del provvedimento di bilancio e anche in questo caso, secondo la sua visione dei fatti, non avrebbe avuto nessun riscontro da palazzo Chigi. Il deputato Pd, aspetterebbe dunque il rientro da Washington di Enrico Letta per avere un chiarimento direttamente dal premier prima di formalizzare la sua decisione
La legge di stabilità, però, non piace neanche a Guglielmo Epifani. Il segretario Pd lamenta, infatti, una scarsa attenzione alla "parte della popolazione che sta peggio". Parlando al tg5, Epifani ha spiegato che bisogna cambiare "innanzitutto tutta la parte relativa al sociale: la indicizzazione delle pensioni, i fondi per i non autosufficienti, l'intervento per le disabilità. Abbiamo tutta la parte della popolazione che sta peggio alla quale la finanziaria non dà l'attenzione necessaria". Quanto poi a Fassina, Epifani sottolinea che il viceministro minaccia di dare le dimissioni non per la legge di stabilità ma per una "mancanza di collegialità" nel governo: "Non credo - ha detto - sia a causa di questa legge di stabilità, credo che lamenti una mancanza di collegialità e credo che abbia ragione".
Pd: "Critiche ingenerose". Ma le acque sono agitate anche nel Pd. "E' così stabile, soffice ed equilibrata che praticamente è come se non fosse mai stata fatta, come se non esistesse", ha attaccato il renziano Yoram Gutgeld. Critica che non è piaciuta a Pier Luigi Bersani. "Forse si sono create troppe aspettative - dice l'ex segretario - ma trovo alcuni giudizi ingenerosi; è la prima volta in Italia in 3 anni che non si taglia la sanità e si dà un minimo slancio ai comuni". Poi aggiunge che se ci sono dei difetti, questi dipendono "non da limiti di Enrico Letta, ma della situazione politica attuale". Per Laura Puppato con la manovra ci sono difficoltà di coperture: "Non ci avviciniamo neanche lontanamente al principio per cui più bocche mangiano in una famiglia e più si dovrebbero limitare i costi di quella famiglia. Questo meccanismo non è ancora entrato nella logica politica del Paese".
Pdl ancora spaccato. Non si placa la battaglia tra i berlusconiani. "Le critiche e le preoccupazioni da noi mosse sulla legge di stabilità, non vanno ricondotte al dibattito interno", dice il principale sfidante di Alfano, Raffaele Fitto. Ma le bordate, nei confronti della manovra, partono tutte dal fronte dei lealisti. La delusione per la legge "si aggrava di ora in ora", ha spiegato il superfalco Daniele Capezzone. Il coordinatore del partito, Sandro Bondi, che ieri aveva sparato a zero contro la manovra, oggi risponde alle critiche di chi giudica la sua posizione troppo estrema: "Chi, anche all'interno del mio partito, mi include fra gli estremisti è in malafede. Comunque, se questa legge non sarà modificata nella sostanza, avrei difficoltà a votarla, così come non ho votato la fiducia al governo". Maria Stella Gelmini torna alla carica: "È una manovra deludente, nasconde un ritorno dell'Imu. Siamo pronti a votarla se non ci saranno nuove tasse sulla casa e se il taglio al cuneo fiscale sarà qualcosa di significativo". Mentre la 'colomba' Fabrizio Cicchitto mette in guardia: "Buttare per aria un governo in questa situazione sarebbe solo un atto di autolesionismo", ha ammonito.
Lavoratori pubblici. Il ministro della pubblica amministrazione, Giampiero D'Alia, prova a rassicurare i dipendenti pubblici: "A saldi invariati - dice - il governo offre al Parlamento un rapporto di collaborazione. La manovra può e deve essere migliorata, anche per quanto riguarda il settore del lavoro pubblico". Però, aggiunge D'Alia, "per finanziare un rinnovo economico del contratto ad esempio ci vorrebbero oltre 7 miliardi di euro nel triennio, è evidente che, rispetto alle esigenze che il Paese ha, abbiamo dovuto fare una scala di priorità".
"C'è - dice in ministro - una base di risorse disponibili, ma considerando questo noi siamo assolutamente a riaprire la discussione: soprattutto sul taglio del 10% degli straordinari dei dipendenti pubblici. Ma da qui a parlare di scioperi per decisioni già note da tempo...mi sembra un po' esagerato", rileva D'Alia rispondendo a Cgil e Uil.