ROMA Non era poi tanto segreta la lettera sugli aiuti di Stato che Mario Draghi ha inviato al commissario Joaquin Almunia il 30 luglio, se è vero che la missiva da settimane girava su decine di scrivanie. E tantomeno era un tentativo di alleviare i problemi dell’Italia, come qualcuno ha invece immaginato, essendo diretta al sistema Europa nel suo complesso. Ciò che non si capisce è perché abbia tardato tanto ad essere diffusa al pubblico visto che di riservato vi è ben poco. Che cosa scrive Draghi al commissario per la Concorrenza poco prima che inizino le vacanze estive? L’incipit: «Prima di assumere la vigilanza unica delle banche europee, la Bce ha in programma di condurre una revisione rigorosa dei bilanci degli istituti di credito in modo da accrescere la propria credibilità di supervisore e migliorare la trasparenza e la fiducia nel sistema finanziario». È quindi «fondamentale che i paesi membri si impegnino ad attivare meccanismi pubblici di salvaguardia finanziari credibili (public backstops) per assicurare che ci siano risorse disponibili nel caso in cui il capitale privato sia insufficiente a coprire eventuali ammanchi». In altre parole, «l'assenza di un impegno pubblico minerebbe la credibilità dell'operazione di revisione dall'inizio».
GLI ESEMPI DEL PASSATO
Draghi quindi nel mentre si augura che «i casi di ricapitalizzazione pubblica siano eccezionali, essi possono tuttavia essere necessari». Questo però «non significa che i costi debbono ricadere sui contribuenti». Il governatore della Bce spiega «che in passato ci sono stati esempi di banche solvibili ricapitalizzate con denaro pubblico per migliorare la fiducia e la stabilità, con fondi che poi sono stati restituiti tempestivamente e lo Stato ha anche realizzato ritorni non trascurabili». Il governatore cita quindi i casi di difficoltà temporanea del Banco Popolare, Natixis, SocGen e Goldman Sachs.
«In questo contesto siamo preoccupati dall'interazione con le nuove linee guida sugli aiuti di Stato che dovrebbero entrare in vigore ad agosto», scrive Draghi ad Almunia, sottolineando inoltre che «una conversione forzata del debito in azioni potrebbe non essere giustificata in alcuni casi, come quando una banca, dopo la revisione sulla qualità degli attivi, ha un livello di capitale superiore a quello minimo richiesto ma inferiore al tetto fissato negli stress test, oppure ha bisogno di capitale aggiuntivo per qualsiasi altro motivo e la ricapitalizzazione attraverso un aumento di capitale è ritenuta non fattibile in quel momento».
RICHIESTA DEL SUPERVISORE
In questo scenario, conclude il numero uno dell'Eurotower, «la banca non è in stato fallimentare (dopo la revisione non la si ritiene fallita o vicino al fallimento se non ricapitalizzata), è solvibile ma il supervisore chiede un aumento di capitale per migliorare la fiducia». Ed ecco la conclusione, che giunge dopo una serie di spiegazioni tecniche: «In alcune circostanze gli aiuti di Stato dovrebbero essere possibili per ricapitalizzare le banche anche in via precauzionale».
Cinque settimane dopo a Cernobbio, durante l’annuale seminario Ambrosetti, il commissario Almunia annunciava pubblicamente che avrebbe obbligato il Mps a un aumento di capitale monstre (2,5 miliardi) entro dodici mesi. Forse non aveva ancora letto la missiva di Draghi.