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Pescara, 16/05/2025
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27/10/2013
Il Centro
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Pdl, Quagliariello: «Divisi sul governo. Berlusconi va difeso, ma senza scaricare la tensione sul Paese». Alfano ancora incerto cerca una mediazione |
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ROMA E’ ancora Gaetano Quagliariello a segnare lo spartiacque tra falchi e colombe del Pdl il giorno dopo il blitz con il quale Silvio Berlusconi ha sciolto partito e gruppi dirigenti. E mentre tra i parlamentari cominciano a circola documenti «segreti» in vista della conta dell’8 dicembre, tocca a lui l’interpretazione dello scontro in corso. «Il nodo di fondo è quello del governo, alcuni pensano che questo governo che certamente non è il migliore possibile debba andare avanti perché una crisi sarebbe devastante, altri invece pensano che questo governo non stia facendo il bene del Paese», dice ai microfoni di Sky Quagliariello. «Noi pensiamo che Berlusconi, che in questi anni ha subito una vere e propria persecuzione giudiziaria, vada difeso non scaricando la tensione sul Paese ma coniugando questo problema alla necessità delle riforme essenziali, anche di quella dirimente della giustizia», aggiunge il ministro del Riforme, con Beatrice Lorenzin tra i più decisi allo strappo con il Cavaliere. Per i governativi il documento approvato in fretta e furia per riconsegnare tutte le leve nel potere nella mani di Berlusconi in vista del ritorno a Forza Italia è infatti contradditorio perché da una parte si dice che il governo deve andare avanti ma dall’altra si sottolinea che la questione della giustizia è dirimente per la sua sopravvivenza. I falchi del Pdl-Forza Italia fanno infatti capire che se il Parlamento votasse la decadenza di Berlusconi al Senato verrebbe meno la ragione delle larghe intese. Tutta l’attenzione è in questo momento puntata sulle mosse di Angelino Alfano, ora ex segretario del Pdl. E’ lui, con Nunzia De Girolamo, il più insicuro sul da farsi. Raccontano infatti che il vicesegretario sia ancora titubante rispetto alla creazione di un nuovo gruppo parlamentare. Al Senato la pattuglia dei dissidenti potrebbe contare su almeno 24 senatori, addirittura dieci di più a sentire Roberto Formigoni. E sarebbero una ventina anche i deputati pronti a seguire Alfano. Ma il vicepresidente del Consiglio sta ancora cercando una mediazione, preoccupato di fare la stessa fine di Gianfranco Fini. Nel 2014, sempre se il governo Letta scavallerà il voto sulla decadenza del premier, si vota per le europee e i sondaggi non sono particolarmente rassicuranti visto che attribuiscono agli eventuali scissionisti il 4%. Senza considerare il problema dei finanziamenti. Forza Italia e poi il Pdl sono stati finora finanziati da Berlusconi che ne ha coperto i debiti con personali fidejussioni bancarie. Il tempo però gioca a favore dell’ala più dura delle colombe che non può arrivare all’appuntamento con il redde rationem fissato dal Cavaliere senza paracadute. Ieri la parola più usata da falchi e colombe è stata «l’unità del partito». Ma anche negli schieramenti qualcosa sotto traccia si muove. Renato Schifani che ha disertato l’ufficio di presidenza a palazzo Grazioli, replica duro al Giornale: «Sono sereno e non ho nessuna maschera da gettare». E Maurizio Gasparri avverte: «Il Consiglio nazionale dell’8 dicembre può decidere che il Pdl diventi Forza Italia o non deciderlo, ma non potranno esistere contemporaneamente Forza Italia e Pdl: non si può finire in una guerra dei Roses in tribunale».
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