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Pescara, 16/05/2025
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Data: 29/10/2013
Testata giornalistica: Il Centro
Marina si smarca. Alfano fa dietrofront. La figlia del Cavaliere: «Resto in azienda». E Barbara attacca il Pdl. Il vicepremier: «Nessuna raccolta di firme, il leader è Berlusconi»

ROMA Marina e Barbara dicono no. Le figlie di Berlusconi mettono alla porta chi le vorrebbe al timone del futuro partito di Forza Italia. Le due pupille ai vertici di Mondadori e del Milan hanno messo il dito nella piaga della classe dirigente del Pdl che non riesce a esprimere un leader dopo Silvio. Il pressing era ripartito potente tra i fedelissimi del Capo dopo la scelta di tornare al vecchio progetto del '94 e con la decadenza ormai vicinissima. Ferma e decisa, Marina è dovuta ancora ricorrere per l'ennesima volta alla smentita ufficiale. Il suo è no tassativo: «Non ho mai avuto e non ho alcuna intenzione di impegnarmi in politica. Per la politica ho grande rispetto ma amo moltissimo il mio lavoro che è il mio passato, il mio presente e sarà anche il mio futuro. Vi prego di prenderne atto». Al gentil rifiuto della primogenita, segue quello della più giovane Barbara che però attacca a testa bassa la classe dirigente del partito, quei «tanti, che hanno finto di sposare le sue idee politiche, ma che in realtà agivano per interesse personale, per le poltrone e per il potere» dice in un'intervista all'Huffington Post. «La condanna di mio padre è infame e infamante, questa sentenza non posso rispettarla perché è il ribaltamento della verità». Poi l'accusa si sposta dalla difesa dell'orgoglio (e del patrimonio) familiare a quella tutta politica. Barbara Berlusconi ragiona sul limite del ricambio, sull'assenza di un leader dietro la zuffa tra falchi e colombe: «Il loro interesse privato unito a una palese inadeguatezza che oggi si manifesta in una totale assenza di idee e contenuti politici. Questa la cosa più grave». Sembra che gli insegnamenti di Massimo Cacciari abbiano lasciato il segno. «È una ragazza bravissima, in politica potrebbe funzionare meglio di Marina» ha detto di lei il professore poco tempo fa. Con una grinta per molti insospettabile, azzanna nel punto giusto, pur senza fare nomi. Chi ha orecchie per intendere sa, chi si sente chiamato in causa nella corte del Cavaliere, è avvisato. Sullo scontro in atto dentro il partito, Angelino Alfano, segretario di un Pdl congelato, cerca di fermare le voci su un «documento di innovatori» che starebbe circolando in vista del Consiglio Nazionale. «Nessuna firma e nessun documento», dice cercando di rimettersi in mezzo al guado, «ma se ci fosse, la prima frase dovrebbe prevedere il riconoscimento della leadership di Silvio Berlusconi». La presa d'atto che nessuna alternativa è possibile, anche se non rinuncia a pensare a un futuro diverso da quello immaginato dai falchi estremisti. «L'oggetto del dibattito non è la guida e neanche il nome di Forza Italia, che richiama anni bellissimi. Ci sono altre questioni su cui crediamo si debba discutere a livello nazionale davanti all'opinione pubblica e del nostro movimento politico». Un passo indietro rispetto ai gruppi autonomi che sancirebbero lo strappo definitivo e che trovano tra i suoi sostenitori più convinti Formigoni e tutti coloro, come anche Cicchitto, che temono un'uscita del partito dalla maggioranza di governo, un minuto dopo la votazione sulla decadenza di Berlusconi. Timore che ha spinto Alfano a rinnovare l'appello al Pd per riconsiderare il giudizio sull'applicazione della legge Severino e sulla retroattività della norma che fa scattare l'ineleggibilità. Il ministro Lupi assicura che l'evento per quanto traumatico non metterà in discussione la partecipazione al governo. Ma i falchi hanno già pronto anche il grimaldello della legge di stabilità, altro tema di attrito con gli alleati del Pd, con Brunetta che oltre a bombardare la Rai quotidianamente, continua a chiedere cabine di regia su ogni questione economica. Per questo tenere a bada le due fazioni del Pdl fino al giorno del Consiglio Nazionale fissato per l'8 dicembre sarà una prova difficilissima per tutto il gruppo dirigente e ora si sta ragionando sulla possibilità di anticiparlo, magari subito dopo quel voto sulla decadenza che potrebbe segnare i destini dell'esecutivo.

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