PESCARA Forse è proprio la volta buona. L’operazione di salvataggio del gruppo Tercas-Caripe sembra avere imboccato la dirittura d’arrivo, con la Banca Popolare di Bari a un passo dall’acquisizione dell’istituto abruzzese. La trattativa è entrata nel vivo da una decina di giorni ed è molto ben vista dalla Banca d’Italia, a cui spetta un parere decisivo, essendo il gruppo abruzzese sottoposto al commissariamento disposto proprio dall’istituto centrale. Dopo il ritiro dalla partita da parte del Credito Valtellinese, sembra così tramontare anche l’ipotesi di un intervento da parte delle Fondazioni abruzzesi di origine bancaria, con Pescarabruzzo in testa. E l’improvvisa svolta, favorevole ai pugliesi, sembra avere non poco irritato il presidente della Fondazione pescarese, Nicola Mattoscio, che si era seduto al tavolo della trattativa solo dopo avere vinto a fatica la riluttanza iniziale. Ma perché l’offerta barese sembra in grado di mettere la parola fine a una vicenda che solo fino a qualche settimana fa assomigliava a un rompicapo quasi irrisolvibile? Ormai il mondo del credito sembra essersi diviso in due campi ben definiti: da una parte ci sono le prede e dall’altra ci sono i cacciatori, ovvero gli istituti che hanno le carte in regola per espandersi anche in questi tempi di crisi. Non c’è dubbio che la banca pugliese si sia iscritta da tempo a questo secondo schieramento: l’attuale rete di 254 sportelli è il frutto di una serie di acquisizioni portata a termine negli ultimi quindici anni, grazie alle successive acquisizioni prima delle Popolari di Calabria e della Penisola Sorrentina, poi di una parte della Nuova Banca Mediterranea e infine della Cassa di Risparmio di Orvieto. Negli ultimi mesi, potendo godere di bilanci in salute, la Popolare barese aveva studiato diversi dossier di banche in difficoltà e alla ricerca di un cavaliere bianco che le togliesse d’impaccio: si è parlato, tra le altre, della Banca Popolare di Spoleto e della Banca di Puglia e Basilicata. L’attenzione per Tercas-Caripe nasce anche dalla constatazione che i due gruppi possono integrarsi, non essendoci sovrapposizioni tra i 150 sportelli della banca abruzzese e la rete barese. Qual è a questo punto lo scenario che abbiamo davanti? Nel giro di alcuni giorni, se non sorgeranno intoppi insormontabili, dovrebbero essere definiti gli ultimi dettagli, grazie alla consulenza dell’advisor Banca Imi e alla sovrintendenza di Banca d’Italia: la Popolare pugliese dovrebbe entrare con un aumento di capitale riservato, per un importo di circa 200 milioni di euro, a cui si unirebbero altri fondi assicurati dal sistema bancario. A quel punto il commissario straordinario, Riccardo Sora, potrà dichiarare chiusa la sua gestione e riconsegnare la banca ai nuovi azionisti, che saranno affiancati dalla Fondazione Tercas come socio di larga minoranza. La mossa successiva sarà, con ogni probabilità, la fusione tra Banca Tercas e Banca Caripe in un unico istituto e l’avvio di un piano industriale che consenta di mettere a frutto tutte le sinergie possibili tra i back-office di Bari e Teramo. Impossibile, al momento, capire se tutto questo comporterà esuberi di personale, dato che i piani sono in una fase ancora embrionale. L’unica certezza è che, vendute anche Tercas e Caripe, la sola Carichieti conserverà la sua autonomia tra le vecchie Casse di risparmio della regione.