L’ultima volta fu nel 2000: il governatore della Banca d’Italia era Antonio Fazio, si parlava di «net economy» ed era da poco caduto il governo D’Alema II. Lo sciopero allora si limitò a poche ore. Giovedì, a quanto pare, sarà tutta un’altra storia con i bancari che scenderanno in piazza in difesa del loro posto di lavoro.
IL CORTEO - I dipendenti degli istituti di credito in Italia sono passati da 316 mila unità del 2011 a 309mila del 2012. Sette mila lavoratori in meno, che diventano oltre 28 mila se confrontati con i dati del 2008. A questa situazione si è aggiunta la disdetta unilaterale del contratto. Cosa significa? Che l’Abi, l’associazione bancaria, ha formalizzato la disdetta anticipata del contratto nazionale di settore la cui scadenza era invece fissata per il giugno 2014. «Una disdetta che non blocca gli aumenti contrattuali automatici — precisa Lando Sileoni, segretario generale Fabi — ma che potrebbe introdurre una regolamentazione selvaggia sulle retribuzioni, esternalizzazioni e modelli di filiali di agenzia completamente autogestiti». Per questo i sindacati di categoria hanno organizzato uno sciopero unitario che si terrà giovedì con cortei sparsi in tutta Italia. La manifestazione principale si terrà a Ravenna, dove ha sede la locale Cassa di Risparmio di cui è presidente Antonio Patuelli, da gennaio nominato al vertice dell’Abi. Ma ci saranno manifestazioni anche a Roma, Milano, Genova, Padova, città «simbolo» dicono i sindacati, di difficoltà per le banche.
LE ACCUSE - «C’è un processo di riorganizzazione del sistema bancario e un’idea delle banche che però i costi di questa riorganizzazione debbano essere scaricati sui lavoratori» ha detto il segretario della Cgil Susanna Camusso. I sindacati accusano l’Abi di non voler rinnovare il contratto nazionale per puntare a contrattazioni aziendali «sul modello Marchionne», rompendo una tradizione di relazioni industriali improntata alla collaborazione. Da qui lo sciopero il cui obiettivo, come ribadito anche da Sileoni è «tutelare i 309.000 addetti e restituire dignità alla categoria». «Gli unici da rottamare — ha sottolineato Fabio Verelli, segretario generale Ugl Credito — sono i banchieri». I sindacati infatti puntano il dito contro i maxi stipendi dei vertici e un modello di banca che punta a utili a breve termine a scapito di credito a famiglie e imprese.