Ma Alfano e i moderati non intendono seguire l’ex premier Formigoni: il documento è pronto, più senatori con noi
ROMA «Che non si facciano neanche vedere». L’ira di Silvio Berlusconi esplode ancora prima del voto della Giunta del Senato sulla sua decadenza da parlamentare ed è diretta in primo luogo ai cinque ministri con i quali avrebbe dovuto pranzare ieri. Gaetano Quagliariello a Sky nega che l’appuntamento sia saltato non appena al Cavaliere è stato chiaro che il Pd e Scelta civica avrebbero votato a favore del voto palese sulla decadenza. «Sapevo da martedì che non avrei pranzato con Berlusconi» dice. Ma lo strappo della Giunta pesa, e avvelena anche i rapporti all’interno del Pdl. L’ex premier infatti riceve a palazzo Grazioli Denis Verdini, Gianni Letta e Sandro Bondi e con loro mette a punto la nuova offensiva per far saltare il governo. Un terreno su cui le “colombe” hanno già detto di non volerlo seguire. Così, la tabella di marcia che di lì a poco Berlusconi illustrerà anche ai due capogruppo Pdl, Brunetta e Schifani, prevede diverse tappe e in primis l’anticipazione del Consiglio nazionale, fissato per l’8 dicembre in concomitanza con le primarie Pd, durante il quale arrivare alla resa dei conti con i «traditori». La mossa la suggerisce Raffaele Fitto, a capo dei lealisti che ha chiesto e ottenuto l’azzeramento delle cariche nel partito, azzoppando Angelino Alfano, ormai ex segretario e che ieri è stato ricevuto a palazzo Grazioli. Il Consiglio nazionale deve approvare il ritorno a Forza Italia e approvare lo statuto con una maggioranza di due terzi. La pattuglia dei «moderati» potrebbe però dare filo da torcere se come sembra gli “alfaniani” contano su un discreto numero di seguaci. «Basta decidere di riprendere lo statuto del ’94», suggerisce Fitto per evitare la conta. «Voglio vedere chi oserà votare contro il Presidente dopo l’atto di squadrismo di Pd e Scelta civica», tuonano i duri e puri del Cavaliere. Formigoni fa però sapere che il documento dei filogovernativi «esiste e nel giro dei prossimi giorni lo renderemo noto», poi lo «porteremo» al Consiglio nazionale dove «saremo certamente più di un terzo del partito e forse più della metà». Nella bozza del documento che circola si definisce la stabilità di governo «una risorsa da preservare» e si ribadisce il no a una «linea politica estremista». Da palazzo Grazioli si annuncia invece una grande manifestazione a Roma in difesa del capo. Anche perché contro il voto della giunta e a difesa del Cavaliere tuonano sia falchi che colombe. La spaccatura emerge però quando si parla di crisi del governo. «Difenderemo sempre Berlusconi ma non a danno del Paese», avverte Roberto Formigoni convinto che i 24 senatori che lo scorso 2 ottobre ha costretto Berlusconi alla retromarcia sul governo siano oggi molti di più. «Facendo cadere il governo non si farebbe il gioco del centrodestra perché si creerebbe una maggioranza ostile a noi e si farebbe una legge elettorale contro il Pdl» avverte il ministro delle Riforme Gaetano Quagliariello convinto che le elezioni vedrebbero vincente Matteo Renzi. «Alfano dica definitivamente se sta con Letta e con il Pd o se sta con Berlusconi», tuona Michaela Biancofiore. L’ex delfino però è ancora titubante sull’ultimo strappo, quello di dar vita a gruppi parlamentari autonomi. Il vicepremier è preoccupato di fare la fine di Gianfranco Fini non solo politicamente ma anche personalmente. Si vocifera di dossier contro di lui, sul modello del metodo Boffo. Fabrizio Cicchitto però conferma che è pronto un documento dei governativi e che proprio Alfano ne sia stato l’ispiratore. «La decisione di Scelta civica e del Pd e di M5S è la violazione del principio di civiltà, sarà battaglia in Parlamento per ripristinare il diritto alla democrazia», recita la tardiva dichiarazione di Alfano che mentre in tarda serata è in corso una riunione delle colombe incontra Enrico Letta insieme a Brunetta e Schifani. Formalmente il vertice è sulla legge di stabilità.