PESCARA Si sta riaprendo in Italia la partita dei porti. Lo ha annunciato il ministro delle infrastrutture Maurizio Lupi intervenendo la scorsa settimana all’assemblea di Assoporti. La sfida si chiama Distretti logistici, coinvolgerà le 24 autorità portuali (troppe per il ministro, ma la riforma è bloccata da tempo al Senato, nel frattempo 5 Authority sono state commissariate) e un settore che conta 800 mila addetti diretti e indiretti, 211 mila imprese, un valore aggiunto di 41 miliardi. Una sfida necessaria per il sistema nazionale dei porti che soffre di forti inefficienze e di costi troppo alti rispetto ai concorrenti del Nord Europa. O per dirla con Marco Conforti, presidente di Assoterminal, soffre di extraburocrazia, extracosti ed extracapacità, cioè di eccessiva capacità, in alcune aree, rispetto al mercato. È la ragione per cui su 100 navi che incrociano in Mediterraneo, 80 prendono la strada dei porti norderopei, una buona fetta quella della Turchia e del Nord Africa, una piccolissima quota si fermano in Italia. E così oggi è più facile che un container spedito da Singapore arrivi a Milano passando da qualche banchina olandese piuttosto che da Venezia o Genova. In questo mare di problemi e inefficienze, il futuro piano nazionale dell’economia del mare rischia di ripercorrere le vecchie strade e di lasciare fuori l’Abruzzo (che non è sede di autorità portuale), come sta accadendo per l’alta velocità ferroviaria. Basti pensare che nel documento “Destinazione Italia” (il piano del governo per attrarre investimenti), la misura 38, dove si parla del sistema portuale, cita esclusivamente l’Alto Tirreno, l’Alto Adriatico, come segmento del corridoio Genova Rotterdam, Adriatico Baltico e Mediterraneo; e i sistemi portuali campano, calabrese, siciliano e pugliese come porta sud del corridoio Helsinki La Valletta. Per far rientrare la regione nel risiko dei porti, due professionisti ortonesi, Nino Nervegna e Euclide Di Pretoro, rilanciano l’idea di Ortona come scalo marittimo strategico. L’intuizione si coglie a colpo d’occhio osservando una cartina dell’Europa, dove l’Abruzzo (e Ortona), appare chiaramente baricentrico rispetto alle direttrice ovest-est dei traffici marittimi. «Il mercato» spiegano Nervegna e Di Pretoro, «ha già designato in Adriatico le reti dei porti capolinea: Trieste, Venezia, Ravenna, Ancona, Bari, Brindisi. Questa rete tuttavia è imperfetta e risente di una mancanza di visione e di una forte debolezza strategica complessiva». Da qui il ruolo che potrebbe svolgere Ortona: «Il porto abruzzese nel corridoio Adriatico è indubbiamente in posizione strategica per i traffici nord-sud, ma anche per quelli dell’asse ovest-est. Proprio su quest’asse (Spagna-Italia-Paesi balcanici) Ortona risulta particolarmente interessante sia per le società di autotrasporto che per le società di navigazione». Un esempio è il traffico merci che si muove dalla Spagna al porto greco di Igoumenitsa, nel quale ha un ruolo centrale la Grimaldi. «Grazie alla partnership con Minoan Lines, la compagnia greca del gruppo Grimaldi», spiegano Nervegna e Di Pretoro, «le società di trasporto possono viaggiare con un’unica tariffa ridotta per due passaggi marittimi, da Barcellona a Civitavecchia e da Ancona o Brindisi a Igoumenitsa o Patrasso. Utilizzando Ortona i costi e i tempi di percorrenza si abbasserebbero notevolmente». La proposta è stata avanzata alla Grimaldi nel corso di un colloquio con l’amministratore delegato Emanuele Grimaldi nei mesi scorsi a Roma. A luglio due tecnici della società di navigazione hanno visitato lo scalo abruzzese, incontrato il sindaco di Ortona Vincenzo D’Ottavio e l’assessore Maria D’Alessandro, verificando le condizioni di fattibilità del progetto. Il problema più urgente riguarda i fondali all’imboccatura del porto. «Ma risolto il dragaggio del fondale il progetto può decollare», dicono Nervegna e Di Pretoro. I fondi per l’escavazione, 9,5 milioni di Fas, ci sono, ma al momento i lavori sono bloccati per problemi burocratici. Gli altri interventi dovranno essere ricompresi nel piano regolatore del porto la cui redazione è in itinere. A questi interventi andrà aggiunta la trasformazione in asse attrezzato della bretella che collega l’area del porto all’autostrada A14 distante appena 3 chilometri. «Poche opere per valorizzare una infrastruttura che ha tutti i numeri per diventare altamente competitiva rispetto ad Ancora e Brindisi». Ma come la mettiamo con i diretti concorrenti Pescara e Vasto? «Non c’è competizione», dicono i redattori del piano, «Ortona ha caratteristiche uniche che gli altri scali non hanno». Nell’ultimo piano della portualità abruzzese, che risale al 2005, la Regione aveva indicato il porto di Giulianova come scalo regionale pescheccio, quello di Pescara come porto passeggeri, Ortona porto commerciale, Vasto porto industriale al servizio della Val di Sangro. Uno schema che può funzionare anche oggi se si ragiona in termini di integrazione e di rete portuale. Una rete alla quale andrebbe aggiunta un’altra maglia strategica: l’interporto di Manoppello. Infine la mossa più delicata: convincere la politica che si può puntare sul cavallo abruzzese.