ROMA «Per le famiglie ci sarà un miliardo di tasse in meno». Alla guerra di cifre ingaggiata sulla legge di Stabilità, il ministero dell'Economia vuole mettere un punto fermo. Dopo l'intervento del viceministro Fassina che ha contestato le elaborazioni dei vari uffici studi (in testa la Cgia di Mestre) ieri da Via XX settembre è partita una nota dove si specifica con puntiglio il valore della pressione fiscale in seguito alle norme contenute nella legge. «Per la prima volta negli ultimi anni la manovra finanziaria riduce la pressione fiscale di un decimo di punto percentuale (da 44,3 a 44,2 per cento del Pil). Per il Governo è un'inversione di tendenza, che sarà più marcata negli anni successivi fino al 43,7 per cento nel 2016». Numeri che secondo il Tesoro tengono «le famiglie al riparo da significativi incrementi di imposta, e sono solo parzialmente interessate dall'aumento del bollo sui conti deposito titoli e altri strumenti finanziari e dalla revisione delle detrazioni». Gli sgravi calcolati dal ministero sono invece pari a «1,5 miliardi per maggiori detrazioni Irpef e altre riduzioni prevedibili dall'intervento a favore dei Comuni pari a un miliardo, teso a ridurre l'impatto delle imposte sugli immobili». Dagli uffici dell'Economia anche una correzione sul metodo adottato da chi vorrebbe calcolare l'aumento della pressione fiscale (conseguente alla legge di stabilità) solo valutando il gettito in crescita. Incremento al quale «contribuiscono prevalentemente misure che riguardano le banche e gli intermediari finanziari per 2,6 miliardi e altre misure volontarie come la rivalutazione delle partecipazioni e dei beni delle imprese», si legge nella precisazione del Mef. Una nota tecnica, ma con un profondo significato politico, che plana alla vigilia della settimana dove sulla legge di Stabilità, all'esame della commissione bilancio del Senato, si comincerà a fare sul serio. Saldi invariati, avverte come un mantra il governo, si lavora in Parlamento e non ci sarà nessuna cabina di regia come chiesto insistentemente da Brunetta che ieri ha nuovamente minacciato Letta e Saccomanni, per un cambio di rotta sulla nuova tassazione sulla casa. «Iniqua e incomprensibile, favorisce gli elettori del centrosinistra e punisce quelli del centrodestra. O si cambia o il governo non esisterà più», e la previsione del capogruppo Pdl che con gli altri falchi carica i fucili. Ma proprio il giudizio sulla legge di stabilità torna a spaccare il Pdl. Viste le dichiarazioni dei “lealisti” sulla legge di stabilità, sottolinea infatti il ministro Maurizio Lupi, «è lecita una domanda: vogliamo migliorarla nell'interesse dei cittadini oppure vogliamo trasformare la legge di stabilità in una assurda resa dei conti interna» al Pdl «sulla pelle degli italiani, lasciando il Paese senza governo?». Mentre sul fronte Pd, risponde ancora il viceministro Stefano Fassina che ricorda come «l'impianto della Tari-Tasi è stato definito con l'accordo per il superamento dell'Imu deciso ad agosto con tutti i capigruppo maggioranza». E dunque, perché una parte del Pdl ora lo critica? La risposta che si dà Fassina non contiene spiegazioni tecniche: «Forse si tratta di un attacco strumentale per coprire scelte dovute alla vicenda giudiziaria di Silvio Berlusconi». Prima della scadenza degli emendamenti fissata per giovedì, il premier Letta incontrerà mercoledì i parlamentari del Pd e ha dato la disponibilità a fare la stessa cosa con il Pdl e Scelta civica. Nel frattempo i due relatori Santini e D'Alì cercano di arrivare a un pacchetto di modifiche condivise e evitare il Vietnam degli emendamenti. Un lavoro di cesello affinché la somma delle due nuove imposte sia comunque inferiore alle precedenti Tares e Imu, inserendo alcune detrazioni.