PESCARA Quarantotto ore di tempo per dimettersi. Se la lettera di addio non arriverà entro due giorni, sarà il governatore Chiodi a revocare l’incarico all’assessore alla cultura Luigi De Fanis, arrestato martedì all’alba dagli agenti del Corpo Forestale dello Stato su disposizione del Gip del Tribunale di Pescara Mariacarla Sacco. Aspetterà fino a sabato, il governatore: lo ha detto ieri ai suoi fedelissimi durante una riunione a Teramo, a cui hanno partecipato anche alcuni componenti della sua squadra di governo. Troppo gravi - come aveva ammesso lo stesso Chiodi commentando a caldo la notizia degli arresti - quelle accuse di concussione, truffa aggravata e peculato contestate all’assessore del Pdl. De Fanis sarà interrogato lunedì mattina, alle 9, in Tribunale a Pescara. Dovranno rispondere alle domande del Gip anche Lucia Zingariello, segretaria dell'assessore, come lui agli arresti domiciliari, Ermanno Falone, rappresentante legale dell'associazione «Abruzzo Antico», e Rosa Giammarco, responsabile dell'Agenzia per la promozione culturale della Regione, entrambi colpiti dalla misura cautelare dell’obbligo di dimora. La Giammarco martedì, dopo la «visita» dei Forestali, si era regolarmente presentata al lavoro, nell’ufficio di Sulmona. In realtà il provvedimento del Gip prevede che non possa allontanarsi dal Comune di Pettorano, dove risiede, e che non esca di casa dalle 21 alle 7. Ieri dunque in ufficio non è andata. «Ho preso qualche giorno di ferie, ma sono serena», ha dichiarato al telefono. L'inchiesta, coordinata dal procuratore capo della Repubblica di Pescara, Federico De Siervo, e dal Pm Giuseppe Bellelli, ha preso le mosse dalla denuncia presentata da Andrea Mascitti, organizzatore del concorso internazionale «Mario Nascimbene»: agli investigatori il musicista-imprenditore ha raccontato le continue richieste di denaro che gli sarebbero state fatte da De Fanis in cambio dell'erogazione di fondi per l'allestimento della manifestazione e di un evento da tenere a Torino nell’ambito delle celebrazioni per i 150 anni dalla nascita di d'Annunzio. «Un danno gigantesco per l'immagine dell'Abruzzo e per la gestione della cultura»: così la senatrice del Pd Stefania Pezzopane definisce l’ennesimo scandalo che scuote il governo regionale, scoppiato con clamore proprio nel giorno in cui al ministero a Roma una delegazione dell’Aquila perorava la candidatura del capoluogo abruzzese a capitale europea della cultura. «Non vogliamo fare processi fuori dalle aule dei Tribunali - chiarisce la Pezzopane -. Tuttavia il giudizio politico sull'intera vicenda e sul modus operandi nella gestione della cultura da parte della giunta Chiodi è pesante. In questi cinque anni si sono avvicendati numerosi assessori regionali, senza impostare un progetto culturale. C'è stato un continuo svuotamento delle leggi di settore: a una gestione razionale e organica dei contributi si è preferito invece un criterio "soggettivo", che ha consentito di giostrare con le assegnazioni clientelari. Le persone che prediligevano questo meccanismo perverso sono le stesse che hanno manifestato uno sprezzante disinteresse per L'Aquila e che hanno deciso tremende nefandezze, come la liquidazione dell'Accademia dell'Immagine, la chiusura del teatro di Gioia dei Marsi di Dacia Maraini, il taglio dei fondi alle istituzioni culturali aquilane e abruzzesi, tagli da cui si salvavano solo i "figli di un Dio maggiore". Di fronte a questo scenario desolante - chiede la Pezzopane - cosa aspetta la Giunta a dimettersi in massa? Si torni subito alle urne, evitando un penoso prolungamento della legislatura». Il vicepresidente del Consiglio regionale, Giovanni D’Amico (Pd), propone invece la convocazione di una seduta straordinaria dell’assemblea, aperta a tutte le rappresentanze sociali, con un solo punto all’ordine del giorno: un codice morale per la classe dirigente. Dal 2008 - denuncia - la gestione della cosa pubblica non è stata sempre trasparente e moralmente irreprensibile. «C’è bisogno - commenta D’Amico - di una riflessione e di una piena assunzione di responsabilità, che vada oltre gli stessi schieramenti politici», nessuno dei quali in questi anni è stato risparmiato dalle inchieste della magistratura.
In Abruzzo sono due le leggi che disciplinano i finanziamenti alla cultura. «Una - ricorda il capogruppo del Pd Camillo D’Alessandro - è quella incriminata, la numero 43, la legge omnibus dei fondi a pioggia. L'altra, la numero 56 del 1993, prevede invece che i progetti da finanziare siano sottoposti alla valutazione di un comitato scientifico. Per la legge 56 sono stati stanziati zero euro. Per la 43 invece - guarda caso - 780mila».