TERAMO La forza delle cose, prima o poi, s’incarica di restituire la realtà. Così nel Paese che sprofonda ad ogni pioggia perchè costruito senza regole, la Teramo-mare crolla ancora. S’inabissa la bretella che collega la superstrada a Bellante, erosa dalla piena del Tordino nel cui letto ci sono i pilastri. Ed è una voragine che ricorda quella del 2009, quando pochi metri più ad est un altro tratto venne giù. Stavolta come allora tragedie evitate per un soffio: la notte scorsa la strada è sprofondata qualche ora dopo la chiusura disposta dall’Anas, quattro anni fa fu una pattuglia della polizia a fermare il traffico appena in tempo. Per il crollo del 2009 due dirigenti dell’Anas e due costruttori sono a processo per frana colposa. Secondo il consulente tecnico della procura quel crollo ci fu perchè l’opera non è stata realizzata seguendo le regole previste per la costruzione di strade vicino ai corsi d’acqua e soprattutto perchè non sono stati utilizzati i materiali adatti per questo genere di interventi. In particolare, sempre secondo l’accusa, il cosiddetto “rilevato” stradale sotto il tappeto d’asfalto. Il processo dirà se è stato così. Una seconda inchiesta, quella aperta dopo l’alluvione del marzo 2011 per un crollo sfiorato nel tratto tra Sant’Atto e Bellante, è stata archiviata. Per ora la Teramo-mare (per la bretella chiusa a Bellante l’Anas annuncia la riapertura per lunedì) crolla ancora in un territorio squassato da frane e allagamenti. Si allagano le strade, si allagano le case, si allaga il tribunale. Il palazzo di giustizia di Teramo, da anni in attesa di manutenzione, perde pezzi. Piove negli uffici, piove in alcune aule. Una situazione critica per cui ieri mattina sono intervenuti i vigili del fuoco che, dopo aver scongiutato il rischio di una chiusura, hanno transennato alcune aree del secondo piano dell’edificio la cui gestione spetta al Comune. Nel palazzo di giustizia che da settembre ospita le sedi distaccate di Giulianova e Atri dopo un accorpamento che consente allo Stato di risparmiare 520mila euro l’anno, ci sono secchi sistemati ovunque: negli atri, negli uffici. Ed è un presidente del tribunale amareggiato e adirato quello che parla ai giornalisti nel suo ufficio con i fogli di giornale sistemati sugli infissi per cercare di bloccare (inutilmente) l’acqua che entra. «Ed io», dice Giovanni Spinosa, «sono un privilegiato, ci sono dipendenti che lavorano in condizioni davvero critiche in uffici dove le infiltrazioni d’acqua sono ovunque. Noi quello che dovevamo fare l’abbiamo fatto (la produttività è aumentata del 25% (ndr) e certamente per questo non vogliamo medaglie perchè è il nostro compito, ma vogliamo essere messi nelle condizioni di poter lavorare. Non dò la colpa al Comune, non dò la colpa al ministero ma non è ammissibile che piova nel palazzo di giustizia». L’allarme per le condizioni in cui si trova il palazzo è scattato da anni , ma fino ad oggi – nonostante già in passato alcune aree sotto le volte di cemento siano state transennate proprio per timore di crolli – nulla è stato fatto. Ad eccezione di qualche piccolo provvedimento tampone che, evidentemente, non è servito a niente. L’edificio in cemento armato, citato nei libri di storia dell’arte come uno dei progetti più importanti dell’architetto Gianfranco Caniggia, è stato inaugurato nel 1982.Intanto, sul fronte della viabilità, la tregua concessa ieri dalla pioggia ha consentito alla Provincia di poter riaprire la strada provinciale 8, la Bonifica, nell’area sottostante il viadotto del Salinello. La strada era stata chiusa lunedì sera a causa del distacco di pezzi di cemento dall’autostrada A14. Nel Teramano resta difficile la viabilità nelle zone interne, dove smottamenti e massi hanno interessato numerose vie di collegamento.