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Data: 15/11/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
Pil ancora giù. Saccomanni: «Ma non serve un’altra manovra»

ROMA Ancora un segno meno, ed è la nona volta di seguito. Anche nel terzo trimestre di quest’anno il Pil è indietreggiato: -0,1% rispetto ai tre mesi precedenti, -1,9% rispetto allo stesso periodo del 2012. Nessuna ripresa, quindi. Per l’Italia la parola recessione resta purtroppo attuale. Unica consolazione: come evidenziano gli analisti Istat, la caduta del Pil sta rallentando la sua velocità. Dopo aver chiuso gli ultimi tre mesi del 2012 con un bruttissimo -0,9 congiunturale, si è passati a -0,6% (gennaio-marzo 2013) e poi a -0,3%. Non solo, quel -0,1% tra luglio e settembre «è la sintesi di una diminuzione del valore aggiunto nei comparti dell’agricoltura e dei servizi e di un aumento del valore aggiunto nell’industria». Insomma, il manifatturiero ha iniziato a girare nel verso giusto. E per un Paese come l’Italia, al secondo posto in Europa proprio nel manifatturiero, non è notizia da poco. Per questo il governo resta ottimista. Ed è convinto che gli ultimi tre mesi dell’anno finalmente il sospirato segno più tornerà a farsi vedere. Il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, lo ha ribadito ieri: le previsioni per il quarto trimestre «sono positive, e il dato annuo sarà in linea con quello messo nella legge di stabilità». Per cui, ha assicurato, «non c’è nessuna ulteriore necessità di intervento» sui conti pubblici. Preferisce essere più cauto il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, che a proposito della ripresa nell’ultimo scorcio del 2013 parla di «speranza». E Giovannini con le previsioni ci sa fare, dato che prima di entrare nella squadra del governo Letta, guidava l’Istat. In ogni caso c’è da ricordare che dietro l’angolo (le prevede il decreto Imu di fine estate e anche la legge di stabilità) sono in agguato le «clausole di salvaguardia», con il rialzo degli acconti Ires, Irap e delle accise.
LO SPETTRO DELLA DEFLAZIONE

Passare al segno positivo è importante, ma non è sufficiente se il numeretto dietro quel più resta molto piccolo. Per recuperare il terreno perduto in questi duri anni di crisi serve un’accelerazione consistente. Lo spiega bene il leader di Confindustria, Giorgio Squinzi: «Dopo nove trimestri di Pil negativo, vedremo ricomparire il segno più ma questo non basterà perché se non modificheremo lo status quo nel quale il nostro Paese è sprofondato, vedremo una piccola crescita che non creerà occupazione». La pensano così anche alcuni autorevoli centri studi. «La ripresa italiana avrà un ritmo lento, insufficiente per produrre miglioramenti che possano ripercuotersi sul mercato del lavoro. Avremmo bisogno di una crescita del 2,5% per recuperare in tempi ragionevoli, nel 2018, i livelli di benessere pre-crisi» dice Sergio De Nardis, capo economista Nomisma.
Peraltro, non manca chi vede scenari in peggioramento. Come il centro studi Promotor che parla di Pil «in stallo» e di «concreto pericolo di un ulteriore peggioramento se dovesse aprirsi uno scenario di deflazione».
Scettici anche i sindacati. «Siamo così alla vigilia della ripresa che c’è la certificazione del nono trimestre negativo di seguito» ironizza il numero uno della Cgil, Susanna Camusso. Luigi Angeletti, leader Cgil, parla invece di «dati implacabili». Forte la preoccupazione di Confcommercio, Confesercenti e consumatori.

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