SULMONA Un assessore fantasma e sempre troppo indaffarato, mai disponibile, neanche ad ascoltare le ragioni e le istanze di chi la cultura aveva scelto per passione e per lavoro. E' un coro unanime quello che viene dagli operatori del settore culturale che negli ultimi quattro anni, in totale solitudine, si sono visti decurtare quasi la totalità dei finanziamenti regionali. «Senza neanche avvertirci - esordisce Edoardo Tiboni, presidente dell'omonima Fondazione che da mezzo secolo produce il Premio Flaiano, Scrittura e Immagine e tanto altro -. Sulla costa, poi, c'è stata una precisa strategia di annientamento, con L'Aquila che aveva qualche via d'uscita con i fondi legati al sisma e noi, che invece, terremotati della cultura, lo siamo diventati. L'aiuto dei privati ci ha permesso finora di non licenziare, ma la realtà è che il tessuto culturale che l'Abruzzo aveva faticosamente costruito dal dopoguerra è ormai frantumato. Si è confuso lo spettacolo e i grandi eventi, con la cultura che, invece, si costruisce lentamente per dare forma alla società. La strategia è stata quella di svuotare le leggi di settore - continua Tiboni - dove i fondi erano assegnati a progetti specifici triennali e permettevano quindi una programmazione. Gli spicci invece sono stati convogliati sulla 43, dove è il principe ad assegnare. Solo che questo non era un principe illuminato, o meglio era illuminato dagli interessi elettorali. Di cose strane sotto questo assessorato ne sono accadute: ad esempio la legge 56 prevedeva una commissione stabilita dalla legge stessa. Commissione che poi, senza spiegazione, è stata cambiata».
Anche quando rispondeva e prometteva, l'assessore, poi non sempre teneva fede agli impegni: «Lo scorso anno abbiamo fatto uno spettacolo al chiostro di San Domenico all'Aquila con Piera degli Esposti - racconta Rolando Panfili, fundraising per il Teatro di Gioia di Dacia Maraini - della fattura da 10 mila euro finora ne hanno pagati solo 5 mila. O ancora, lo scorso anno, ci avevano accordato con la 56 un finanziamento di 10 mila euro e poi ce ne hanno dati 500. Il divorzio di Dacia Maraini con l'Abruzzo è arrivato così inevitabile, lo scorso aprile, quando De Fanis annunciò di aver recuperato fondi per la cultura e non per il Teatro di Gioia».
La «palla al piede» della cultura era troppo pesante anche quando produceva ricchezza: «Con la Film Commission siamo riusciti a portare investimenti in Abruzzo e una visibilità internazionale. Basti pensare alla produzione del film con George Clooney - spiega il presidente di Sulmonacinema, Marco Maiorano - in compenso la Regione ci ha quasi azzerato i finanziamenti (da 75 mila a 4 mila euro) e l'assessore, l'unica volta che ci ha ricevuti, ci ha liquidati in sessanta secondi: faccia la domandina, ci ha detto». «I finanziamenti venivano dati senza alcun criterio oggettivo - si sfoga Massimo Coccia del Teatro dei Marsi - senza tener conto degli ingressi e della qualità delle proposte. Non è mai stata fatta un'analisi dei numeri e dei risultati ottenuti».
«D'altronde - aggiunge Gianfranco Lupidi dell'associazione teramana Benedetto Marcello - come avrebbe potuto farsi un'idea l'assessore: da noi, nonostante gli inviti, non è mai venuto». «La Regione ha abbandonato la cultura, ha deciso che non è né utile, né importante - spiega Gaetano Di Bacco, presidente del Caniglia e della Camerata Musicale sulmonese - abbiamo avuto tagli dell'84 per cento. Ma la cosa che fa più tristezza in questa storia di presunte mazzette e finanziamenti mirati - continua - è vedere come ci si è accaniti su spiccioli: neanche a sporcarsi le mani. Tutto questo mentre il lavoro dei professionisti e dei volontari è stato umiliato».