PESCARA Nell’inchiesta per presunte tangenti legate alle manifestazioni culturali emerge un duo formato dall’assessore alla Cultura Luigi De Fanis di 53 anni e dalla sua segretaria Lucia Zingariello di 34 anni finiti agli arresti nelle rispettive case di Montazzoli e Guardiagrele. L’assessore e la segretaria figurano insieme in tutte la accuse formulate dal procuratore capo Federico De Siervo e dal pm Giuseppe Bellelli: due episodi di concussione – per aver «costretto con la minaccia della mancata elargizione del contributo regionale il musicista Andrea Mascitti a promettergli dazioni» – un episodio di peculato e due di truffa. Accuse che De Fanis, che alle 21.42 di ieri si è dimesso, sta respingendo: «Non ho preso tangenti», ha detto l’ex assessore difeso da Massimo Cirulli e da Domenico Frattura. Per una delle due truffe contestate a De Fanis e Zingariello il capo di imputazione recita: «Zingariello, con l’avallo di De Fanis, faceva figurare ripetutamente di essere al lavoro in innumerevoli giorni mentre si trovava altrove per ragioni strettamente personali inducendo così in errore l’Ente che gli erogava le prestazioni». Sono 14 complessivamente le giornate lavorative in cui la segretaria, sostiene l’accusa, avrebbe timbrato senza essere presente al lavoro recandosi, su suggerimento dall’assessore, dall’«estetista, dal parrucchiere». L'accusa è sostenuta dalle indagini svolte dalla Forestale che, in varie occasioni, hanno intercettato i due. Gli investigatori hanno intanto ricostruito che Zingariello è stata assunta con rapporto part-time articolato su tre giorni: martedì, mercoledì e giovedì. Ecco una telefonata intercettata il 25 marzo. De Fanis: «Va bene, perché non vai a timbrare? Vai a timbrare». Zingariello: «Sì infatti vado». De Fanis: «E poi esci, che te ne frega!». Zingariello: «Sì ma infatti vado!». De Fanis: «Vai a timbrare, esci vai all’estetista, i capelli, poi ritorni ritimbri basta che fi quattr’ore, chi ti conta la jurnata capit?». Zingariello: «E infatti». De Fanis: «Oppure ci vai il pomeriggio alle due, due e mezza tre». Zingariello: «Sì sì». De Fanis: «Timbri». Zingariello: «Vado a timbrare». De Fanis: «E sennò poteva, se Nicola, no Nicola non va, sennò ti poteva.. se tu me lo dai domani te lo timbro e te lo lascio da qualche parte! Faccio timbrare Corrado». Zingariello: «No vabbè domani mattina vado a timbrare (...)». De Fanis: «Senti facciamo una cosa?». Zingariello: «Um». De Fanis: «Tu mi dai il tesserino a me». Zingariello: «Um». De Fanis: «Io ti timbro senza che tu fai cinquanta viaggi a Pescara, tu ti fai le cose tue a Chieti e io ti timbro, faccio timbra’ a qualcuno, non è un problema. Ti lascio il mio, il tuo badge sulla mia scrivania. Tu con calma, tanto domani, martedì, c’ha il rientro quella che ci sta sempre: tanto lei non ha visto che abbiamo timbrato noi, non glielo dico a lei. Ti dice di prendere una cosa là dall’assessore, prendi il badge e timbri». Gli investigatori commentano: «Dalla telefonata viene confermato come De Fanis, per agevolare Zingariello a svolgere i suoi impegni personali invece di andare al lavoro, prima pensa di coinvolgere Nicola o Corrado (nomi estranei all’inchiesta, ndr) e poi suggerisce alla Zingariello di lasciare a lui il badge in modo tale da potersi occupare lui della timbratura d’ingresso e ricordandole che sono sufficienti 4 ore lavorative per avere la presenza, quindi anche per timbrare l’uscita». In altri casi la Forestale ha pedinato l’assessore e la segretaria che, «per motivi strettamente personali», come commentano gli investigatori, sono spariti durante l’orario di lavoro.
E l’assessore si dimette dalla giunta
La decisione in serata a tre giorni dagli interrogatori. Le deleghe al governatore Chiodi: cambierò la legge sui contributi
PESCARA Alla fine l’assessore ha ceduto. Ha dovuto cedere davanti a messaggi che gli sono stati fatti arrivare, e ha rassegnato le dimissioni. Una scelta difficile per Luigi De Fanis, il medico che ha fatto della politica il suo primo lavoro, sull’onda del successo ottenuto alle elezioni regionali (è stato il secondo più votato nel Chietino), travolto dalle accuse di tangenti. In tarda serata, nella sua abitazione di Montazzoli (Alto vastese), dove si trova da tre giorni agli arresti domiciliari e al termine di una riunione con i suoi avvocati Domenico Frattura e Massimo Cirulli, “Gigi”, come lo chiamano i suoi compagni del Pdl, si è arreso e ha lasciato il posto di assessore regionale alla Cultura ( Beni culturali, Politiche culturali, editoriali e dello spettacolo, Sanità veterinaria e sicurezza alimentare, Prevenzione collettiva) consegnando le deleghe al governatore Gianni Chiodi. Per De Fanis più passava il tempo e più la strada che lo porta all’interrogatorio di lunedì si faceva stretta. Al punto che in mattinata lo stesso Chiodi, considerata dal punto di vista politico la gravità della situazione, lo aveva di fatto esautorato. «L’operatività dell’assessorato è per ora sospesa», aveva sottolineato il presidente della giunta regionale, «mi riservo di leggere meglio le carte, ma considerato quello che sta emergendo in queste ore e volendo garantire la funzionalità stessa dell’ufficio nei prossimi giorni, credo proprio che le deleghe alla Cultura le prenderò io». E così in è andata. Anzi le dimissioni di De Fanis hanno reso le cose più facili al governatore e alla sua maggioranza di centrodestra. L’ormai ex assessore era diventato indifendibile, dal punto di vista umano raccoglie totale solidarietà da parte del Pdl, in attesa degli interrogatori di garanzia. Contrariamente a quanto aveva fatto l’ex assessore Lanfranco Venturoni (attuale capogruppo Pdl), De Fanis ha tolto il disturbo prima degli interrogatori e e a meno di 48 ore dagli arresti. Pur restando convinto di essere innocente e di non aver preso alcuna mazzetta. In mattinata si era fatto sentire anche il deputato abruzzese di M5S Gianluca Vacca che in una nota a nome di tutti i parlamentari del Movimento si stupiva del fatto che l'assessore fosse ancora al suo posto: «Sappiamo benissimo che per questa classe politica staccarsi dalla poltrona è sempre difficile, se non impossibile, e De Fanis è in sintonia con la maggioranza alla quale appartiene e che pur di non andare a votare, è disposta ad andare contro i dettami della Costituzione prolungando fino all'inverosimile la consiliatura», aveva scritto attaccando anche il Pd: «Non ci sorprende la sua ipocrisia in questa vicenda, un partito che predica bene ma razzola malissimo, essendo sempre indulgente con i propri condannati e indagati, tanto da candidarne uno anzitempo alla carica di presidente della Regione e da mandarlo in giro a fare campagna elettorale». Accuse che Chiodi respinge: «Questa amministrazione è orgogliosa di come sono state gestite le risorse pubbliche rispetto al passato e mi sorprende come la legge sui contributi alla Cultura sia stata per anni lasciata nella più totale discrezionalità degli assessori. Da parte mia ho subito proveduto ad adottare un regolamento per la disciplina dei contributi di pertinenza della Presidenza, la stessa cosa ha fatto il Consiglio. E nella prossima porterò la delibera che prevede un disciplinare anche per il resto dei fondi, in modo da farla finita anche con questa questione».
La lettera: non voglio pregiudicare l’immagine della regione
MONTAZZOLI. Ore 21,42, l’assessore regionale alla Cultura Luigi De Fanis – agli arresti domiciliari con l’accusa di concussione – si dimette. In una lettera di poche righe, esaminata dai suoi avvocati Frattura e Cirulli (nella foto a sinistra) che viene consegnata questa mattina ad Enrico Mazzarelli, portavoce del governatore Gianni Chiodi, spiega la sua decisione. De Fanis innanzitutto professa la sua innocenza: sostiene che quanto contestato è frutto di una non corretta ricostruzione dei fatti che verranno chiariti nel corso dell’interrogatorio di lunedì. Quindi spiega che le sue dimissioni sono finalizzate a non pregiudicare l’immagine della Regione Abruzzo. Altro punto che si augura è che in questo modo, senza di lui, sia regolare il funzionamento dell’erogazione dei contributi alle associazioni culturali.