PESCARA Aveva fatto scrivere dall’avvocato il presidente della Regione Gianni Chiodi. Una lettera all’assessore Luigi De Fanis per invitarlo alle dimissioni. Un consiglio amorevole per evitare l’onta della cacciata dalla giunta. E De Fanis, stretto nell’angolo, è stato costretto ad annunciare le sue dimissioni. L'ormai ex assessore perde anche la possibilità di votare al consiglio nazionale del Pdl essendo dal 12 novembre scorso agli arresti domiciliari nella sua casa di Montazzoli con le accuse di concussione, peculato e truffa aggravata. I reati si riferiscono, a vario titolo, all'elargizione di fondi per manifestazioni culturali e, in particolare, all'erogazione di contributi regionali destinati agli eventi celebrativi dell'anniversario dei 150 anni della nascita di Gabriele d'Annunzio. L'inchiesta è della Procura di Pescara, oltre a De Fanis che è stato posto agli arresti domiciliari, aveva coinvolto anche altre tre persone, tra cui la sua segretaria. «È con rammarico e profondo stupore che rassegno le mie dimissioni a seguito della misura cautelare, ma non posso permettere che una campagna denigratoria nei confronti della mia persona colpisca anche l'istituzione da me rappresentata», scrive De Fanis. «Una campagna portata avanti con violenza da alcuni mass media - ha aggiunto - e da alcuni soggetti in malafede e mossi da finalità immorali: non posso permettere che questo paralizzi l'attività dell'ufficio». La lettera è arrivata nella tarda serata di giovedì, mandata dal legale di De Fanis, Domenico Frattura, agli uffici regionali. Ad informare Chiodi il segetario generale Enrico Mazzarelli. Il presidente della Regione Abruzzo, Gianni Chiodi, ha deciso di riservare per sé le deleghe dopo le dimissioni. Si tratta di competenze su Politiche culturali, veterinaria, sicurezza alimentare e prevenzione collettiva.
E proprio queste vicende giudiziarie che si susseguono e investono la sua giunta, quegli uomini che dovrebbero essere i più fidati, a mettere in crisi Chiodi a sei mesi dalle elezioni. Il governatore vorrebbe parlare ma rimanda di qualche giorno le sue esternazioni. In mezzo c’è anche la nuova geografia del centrodestra, quella che uscirà dal Consiglio nazionale. «Le deleghe le tengo io anche perchè voglio vedere come finisce questa vicenda», ha detto Chiodi. Fino all’ultimo spera che tutto sia una bolla di sapone e che le accuse a De Fanis possano cadere. Quella che si prospetta a Chiodi è una campagna elettorale difficile. La sua giunta ha offerto agli avversari politici il fianco per una campagna elettorale velenosa, fatta di sospetti, di illazioni, di congetture che alla fine possono apparire anche lecite. O Chiodi ha sbagliato compagni di avventura o si è fatto abbindolare dalle logiche spartitorie. Difficile affermare che gli errori siano dovuti a sprovvedutezza. Adesso il lavoro fatto sulla sanità, i debiti ridotti, la buona politica vengono offuscati dai malaffari dei suoi assessori.
Chissà quante volte ha pensato di gettare la spugna, mandare tutti a quel paese e puntare su lidi politici più sicuri. Sicuramente adesso Chiodi ha bisogno dell’appoggio e del sostegno dit tutta la coalizione, berlusconiana o alfaniana che sia, simpatizzante o coinvolgente. Un momento difficile proprio quando deve tornare nelle piazze a chiedere voti, a essere giudicato per quello che ha fatto ma anche per quello che hanno fatto coloro che gli sono accanto.
Tornando alla questione cultura ha cominciato subito a cercare di riportare un po’ d’ordine. Chiodi ha infatti richiesto alla direzione delle Politiche culturali di predisporre un provvedimento regolamentare per la gestione della legge 43 sul modello del disciplinare adottato dalla presidenza della Giunta regionale. Secondo quanto richiesto dal Presidente, l'ipotesi regolamentare della direzione Cultura dovrà poi essere calata in una delibera che passerà all'esame della Giunta regionale. In questo modo, ha chiarito il presidente Chiodi, «s'intendono adottare le buone pratiche finora attuate dall'ufficio di presidenza della Giunta regionale nella gestione della 43» agli uffici dell'assessorato alla Promozione culturale e «proporre al Consiglio regionale una legge e un regolamento per uniformare tutto l'andamento della legge 43. Si tratta di un passaggio necessario che testimonia la volontà dell'amministrazione regionale di essere quanto piu' possibile trasparente nella gestione di provvedimenti che erogano contributi e soprattutto la volontà di stabilire, a garanzia dei richiedenti, un criterio di equità e valutazione valido per tutti». La presidenza della Giunta regionale, che secondo quanto stabilisce la legge 43 gestisce una parte dei fondi inseriti nella legge stessa (gli altri due beneficiari sono l'assessorato alla Cultura e il Consiglio regionale), ha adottato un disciplinare piuttosto rigido e preciso già dal 2011 con risultati positivi.