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Data: 21/11/2013
Testata giornalistica: Il Centro
Berlusconi in trincea pronto a gesti eclatanti. Si studia la campagna contro la decadenza. Il Cavaliere forse eletto capogruppo Ipotesi di uscita dalla maggioranza anche prima del 27. «Tremonti era pazzo»

ROMA Capogruppo per sette giorni. Silvio Berlusconi presidente dei senatori di Forza Italia, può diventare l’ultima provocazione della strategia pensata dai fedelissimi con l’obiettivo di dare il massimo clamore alla decadenza dall’assemblea di Palazzo Madama. Sarebbe un colpo di teatro di pochi giorni per lasciare poi il timone a Paolo Romani sul quale sarebbe caduta la scelta finale. È l’effetto “Timoshenko” la mossa di puntare i riflettori su quella che i falchi azzurri definiscono «una cacciata di stampo politico» da parte degli avversari del Pd, sulla quale tentare di montare un caso internazionale. Una campagna mediatica messa in piedi con una serie di ospitate nelle trasmissioni televisive di maggior ascolto fino al 27 novembre. Una data che è vissuta come una sorta di giorno del giudizio, che il Cavaliere vorrebbe trasformare in un referendum su di sé nel quale vorrà «guardare in faccia i traditori e capirò chi fa finta di starmi vicino». Alfaniani avvisati, la rottura non è per nulla archiviata perché «chi è in minoranza si adegua alla maggioranza e invece loro se ne sono andati». Aspettando il voto della sua uscita dal Senato, per l’offensiva tv si lavora a una puntata di “Porta a Porta” da Bruno Vespa, dove Berlusconi potrebbe andare da solo. Il Cavaliere in questi giorni si gioca tutto e la “road map” sarebbe stata messa a punto ieri nel vertice riunito nella nuova sede di piazza San Lorenzo in Lucina dove il leader ha incontrato lo stato maggiore del partito. Fino al 27 novembre la strategia di Forza Italia per cercare di allontanare il più possibile la decadenza prevede però altre astuzie. Per cercare di allungare il più possibile il calendario di Palazzo Madama non viene esclusa qualche manovra ostruzionistica durante l’esame della legge di stabilità. Sul piatto però ci sono anche azioni clamorose. Nel novero delle possibilità anche quella di uscire dalla maggioranza prima della decadenza, sfilandosi dal voto di fiducia che il governo starebbe pensando di mettere sul testo approvato dalla commissione bilancio. «Così com’è non la voto» avrebbe confessato il leader ai fedelissimi. Una rottura in contrasto con le rassicurazioni fatte fino a sabato scorso quando Berlusconi ha chiesto ai sottosegretari del governo Letta di restare al loro posto fino a nuovo ordine. Sarebbe una vittoria della linea dura o comunque un modo per forzare la mano sui provvedimenti economici del governo sui quali Brunetta e soci stanno bombardando quotidianamente il ministro Saccomanni. Vorrà dire qualcosa se il capogruppo alla camera guardando al caso Cancellieri ha chiamato Enrico Letta «leader pro tempore», trincerandosi dietro la campagna congressuale del Pd. L’ordine del giorno ufficiale del vertice di ieri sera prevedeva la sostituzione di Renato Schifani passato con Alfano al gruppo del Nuovo centrodestra. Alla riunione hanno partecipato tutte le aree dopo la scissione e le prime proposte sul tavolo erano quelle di Sandro Bondi e Nitto Palma. Due falchi che avrebbero provocato nuovi malumori e così tra i lealisti di Fitto e gli elementi dell’ala più dura, si sarebbe giunti alla mediazione con la scelta di Paolo Romani. Un dialogante, uno che nella fase precedente alla scissione con Angelino Alfano si è speso fino all’ultimo per tenere unito il partito. Ma i vecchi, falchi o lealisti che siano, ora temono la rottamazione e non stanno vivendo ore tranquille perché il nuovo partito Berlusconi lo vuole con facce nuove. Ieri è circolato un video di un incontro con i giovani ospitati a villa Gernetto: «C’è bisogno di linfa nuova, di entusiasmo e passione giovane da schierare al fianco dei superstiti per portare avanti la rivoluzione liberale», ha detto il Cavaliere incontrando i ragazzi. «Avevamo Urbani, Baget Bozzo, Colletti, Melograni e lo stesso Tremonti, che si è aggiunto a noi dopo. Non sapevamo che era pazzo, ma era sicuramente molto dotto ed esperto e parlava molto bene». Ora Berlusconi vuole un «nuovo trust di cervelli» da «tampinare» nelle università e che si dedichino al programma e alla formazione.

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