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Data: 27/11/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
Forza Italia non vota la fiducia al Senato: maggioranza addio. Scontro con il Colle. Via libera alla legge di stabilità: 171 sì, 135 no

ROMA Le larghe intese, rinate sette mesi fa con il governo Letta, tramontano al Senato con il via libera alla legge di stabilità che vede la nuova Forza Italia di Berlusconi abbandonare la maggioranza. I 171 sì contro i 135 no (maggioranza a 154) che, dopo un movimentato dibattito, palazzo Madama esprime, intorno all’una di notte, sulla fiducia, consegnano una nuova geografia della coalizione. Il Nuovo Centrodestra di Alfano sostituisce il disciolto Pdl nell’appoggio a Letta, e contemporaneamente si apre uno scontro tra la stessa FI e il Quirinale sul fatto se sia sufficiente la fiducia alla legge di stabilità per verificare la permanenza del rapporto fiduciario tra Camere e governo. Di questo avviso, oltre a Napolitano, sono il premier Letta, ricevuto ieri sera dal capo dello Stato, e il ministro dei Rapporti con il Parlamento, Franceschini.
Lo strappo dei fedelissimi del Cavaliere matura nel corso di una riunione dei gruppi di FI cui ha partecipa lo stesso Berlusconi che anticipa il no dei suoi alla legge di stabilità. Saranno poi i due capigruppo Paolo Romani e Renato Brunetta ad annunciare che «non ci sono più le condizioni perché FI stia in maggioranza. Oggi finisce il governo delle larghe intese. Si apre un nuovo capitolo della politica italiana, nel quale - aggiungono - anche il cammino delle riforme istituzionali può considerarsi interrotto». La causa della rottura viene indicata da Romani e Brunetta - al di là della legge di stabilità - nella «determinazione a far sì che il voto sulla decadenza di Berlusconi avvenisse il 27 novembre». Argomento, questo, che spinge Angelino Alfano ad accusare FI della «scelta sbagliata di sabotare il governo per portare il Paese al voto con la scusa, che non regge, del no alla legge di stabilità».
LETTA AL QUIRINALE
Intanto, i cambiamenti intervenuti nella coalizione con l’uscita di FI, vengono esaminati al Quirinale da Napolitano e da Letta, convenendo - secondo una nota del Colle - che la «necessità di verificare la sussistenza di una maggioranza a sostegno del governo» verrebbe soddisfatta con la discussione e la votazione sulla fiducia posta dall’esecutivo sulla legge di stabilità.
Conclusione che però lasciava del tutto insoddisfatti i capigruppo di FI, tantomeno convinti dalle considerazioni di Dario Franceschini, secondo le quali il voto di fiducia «è il modo più corretto e trasparente per verificare il rapporto tra il governo e la maggioranza parlamentare». Di qui una nota congiunta di Brunetta e Romani in conflitto con il Quirinale, in cui si sostiene che «la decisione di FI di uscire dalla maggioranza pone un tema tutto politico, con la fine delle larghe intese e della piattaforma politico-programmatica che aveva portato alla formazione di questo esecutivo di pacificazione e di servizio». Di qui una «crisi» che, secondo Brunetta e Romani, «si dovrebbe consumare attraverso un passaggio formale da parte del premier alle Camere e non con un voto che riguardi un solo provvedimento, pur importante, come la legge di stabilità». Legge che è ora attesa alla Camera per l’approvazione definitiva.

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