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Data: 27/11/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
Berlusconi, il giorno della decadenza: «Tutti in piazza ed è solo l’inizio». Silvio in campagna elettorale parola d’ordine: fuori dall’euro

Oggi il voto del Senato, ma il Cavaliere non andrà: «Democrazia dimezzata, gara per arrestarmi». Il Pd: strategia della tensione

ROMA Silvio Berlusconi non parteciperà alla seduta del Senato che stasera voterà sulla sua decadenza. I sì dovrebbero essere 201, se si presenteranno i quattro senatori a vita, nominati recentemente da Napolitano. L’ex premier uscirà per partecipare alla manifestazione di Forza Italia in via del Plebiscito per poi rientrare ad Arcore. «Che è più che legittima, nulla di eversivo», puntualizza il leader di FI, rispondendo alle critiche del Pd che lo accusa di «fomentare la strategia della tensione». E, comunque, avverte fin dalla mattina, via radio e tv, la protesta di oggi «non è che l’inizio». L’ex premier, dunque, ha intenzione di continuare a difendersi ovunque con tutti i mezzi.
LA STRATEGIA

Oggi i falchi hanno in programma di farlo intervenire a metà pomeriggio per oscurare il voto di palazzo Madama. Lui dovrebbe rinunciare. Così come rinuncia, su pressione della famiglia ad essere ospite di Bruno Vespa, come invece era previsto. La strategia mediatica andrà comunque avanti per giorni per denunciare quello che Berlusconi considera «un omicidio politico». Che intende contrastare con tutte le forze. «Io non ho intenzione di andarmene, continuerò come sempre a difendere la libertà», ribadisce. Nessun passo indietro, perciò, nonostante l’amarezza e la preoccupazione di nuovi procedimenti da parte delle procure. «Mi hanno detto che c'è una gara di velocità tra i pm di Milano e Napoli su chi riesce prima ad agguantarmi», confida ai suoi. Dunque, l’ex premier non seguirà la prescrizione del suo medico, Alberto Zangrillo, che rivela di avergli consigliato «di restare tranquillo a casa e di non seguire il dibattito a palazzo Madama neppure in tv». Saggio consiglio, alla luce del malore che l’ex premier ha accusato alla convention forzista della scorsa settimana. Ma che sicuramente Berlusconi non seguirà. Tanto che avrebbe deciso di parlare soltanto lui ai suoi fan. Il clou della protesta, alla quale sono stati caldamente invitati tutti i militanti di Forza Italia, dovrebbe essere dalle 16 in poi. Poco prima, alle 15, il Popolo viola si è dato appuntamento a un passo da palazzo Madama, in piazza delle 5 Lune per tifare a favore della decadenza del Cavaliere. Pomeriggio ad alta tensione, dunque, che ha già messo in allarme le forze di sicurezza che hanno già approntato un piano di emergenza.
IL DIBATTITO

Il dibattito nell’aula del Senato dovrebbe entrare nel vivo in serata. La conferenza dei capigruppo, che si è riunita ieri all’ora di pranzo, ha infatti stabilito che oggi ci sarà una sola discussione generale, che comincerà appena concluso l’esame della legge di stabilità, con un’unica pausa, dalle 14 alle 15. Il regolamento del Senato prevede che non sia la relazione della Giunta delle Immunità a dover essere votata. Qualora non ci sia nulla da obiettare, deve intendersi come approvata. Dalle 19 si voteranno gli ordini del giorno, depositati in difformità alla relazione. I senatori del centrodestra avrebbero l’intenzione di presentarne parecchi, ma non uno ciascuno, come sembrava. Su ognuno ci dovrà essere un voto, la discussione però sarà unica, con un solo intervento per gruppo e per non più di 10 minuti. A questo, si dovranno aggiungere le pregiudiziali di costituzionalità o le sospensive. Al momento, ne ha annunciata una il leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini e altre tre le ha preparate la forzista Elisabetta Alberti Casellati.

Silvio in campagna elettorale parola d’ordine: fuori dall’euro

Non crede a elezioni politiche a breve
e punta sulle europee in chiave euroscetticaSfida a Berlino. E già oggi potrebbe chiedere
ai sottosegretari forzisti di lasciare l’esecutivo

Il Cavaliere dalla politica intende uscire solo quando verrà deciso dall’Alto dei cieli e non per una sentenza. Tantomeno, come già accaduto, a seguito di una sconfitta elettorale. Nelle riunioni che da inizio settimana si susseguono a palazzo Grazioli e nella nuova sede di Forza Italia, Berlusconi è stato esplicito nel rassicurare i suoi della volontà di impegnare risorse e potenza mediatica per dimostrare non solo la sua innocenza, ma anche per ribadire che la golden share dell’area moderata è ancora in suo possesso. I sondaggi lo galvanizzano, non c’è dubbio. Così come il passaggio all’opposizione che permette al Cavaliere di interpretare il risentimento che circola nei confronti della politica di austerity imposta da Berlino e da Bruxelles e che per l’Italia si traduce nell’ennesima legge di stabilità con nuove tasse.
DIMISSIONI

Il «no» secco pronunciato ieri pomeriggio dall’ex presidente del Consiglio al presidente della Commissione Europea Manuel Barroso che gli chiedeva di votare la legge di stabilità, la dice lunga sulle mosse future del Cavaliere. Ieri l’altro, nella conferenza stampa convocata nella sede di FI per presentare le «nuove testimonianze che mi permetteranno di chiedere la revisione del processo», il Cavaliere ha annunciato la pubblicazione di un dossier sul «complotto» che a suo dire, «a colpi di spread nel 2011 mi spinse alle dimissioni». Parte centrale della ricostruzione di quei giorni ruota sulla ventilata ma reiterata minaccia dell’allora presidente del Consiglio di sfilare l’Italia dalla moneta unica che l’allora membro della Bce, Lorenzo Bini Smaghi, ricorda nel suo ultimo libro uscito per i tipi del Mulino. Una richiesta che Berlusconi avrebbe di fatto formalmente avanzato negli ultimi mesi di permanenza a palazzo Chigi.
L’uscita dall’euro, se la Germania non darà il suo assenso al cambio delle politica economica della zona a moneta unica, sarà il cavallo di battaglia con il quale il Cavaliere intende condurre la campagna elettorale delle Europee. Nel frullatore della campagna elettorale entrerà anche il fiscal compact e la Bce che, secondo le analisi di Berlusconi, deve trasformarsi in una vera e proprio banca centrale stampando moneta a volontà «perché l’inflazione la teme solo la Germania».
Alla possibilità di arrivare al voto politico anticipato a primavera Berlusconi non crede molto. In questi giorni sta tarando il suo impegno e quello del partito - compreso il passaggio della condanna che deve scontare - sul 2015. Non c’è dubbio però che l’uscita di Forza Italia dalla maggioranza non solo archivia la stagione delle larghe intese, ma rappresenta un problema non da poco per il governo che da oggi si ritrova assediato da berlusconiani e grillini che attaccano la legge di stabilità e accusano il Quirinale di tenere in piedi un governo privo di un voto di fiducia.
MANETTE

Per rovesciare l’assedio conta non solo su Raffaele Fitto - divenuto di fatto il principale interlocutore di Berlusconi in questi giorni - ma anche su una falange di parlamentari finalmente «tutti simpatici». Una stilettata, quella del Cavaliere, alla pattuglia degli alfaniani con i quali intende tenere buoni rapporti sino a quando non si sarà chiusa la finestra elettorale di primavera. Dopo tale appuntamento, e con le elezioni europee in vista, gli attacchi contro il Nuovo centrodestra saranno quotidiani perché «comunisti e traditori vogliono mettermi le manette». Una prospettiva - quella di un possibile mandato d’arresto da parte delle procure di Napoli o di Milano - che fa vivere nottate da incubo al Cavaliere che ieri a palazzo Grazioli ha ricevuto Micaela Biancofiore che è da tempo fuori dal governo, mentre ai sottosegretari Santelli (Lavoro), Miccichè (Pubblica amministrazione), Girlanda (Trasporti), Archi (viceministro agli Esteri) e Catricalà (viceministro allo Sviluppo Economico), potrebbe essere chiesto oggi di lasciare dallo stesso Berlusconi. L’uscita della residua pattuglia forzista dal governo dovrebbe costringere - sempre secondo le analisi azzurre - il governo a ripresentarsi davanti le camere per ottenere una nuova fiducia. Un passaggio che rischia di essere rischioso per il governo in quanto costringerebbe il Pd di Matteo Renzi a dare una nuova fiducia ad un esecutivo composto da ministri che non riconosce.

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