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Pescara, 16/05/2025
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Data: 05/12/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
Il Porcellum è incostituzionale. Bocciati il premio e le liste bloccate. La sentenza della Consulta abroga l’essenza dell’attuale sistema elettorale. Pd, l’allarme di Renzi: Consulta discutibile torna la prima Repubblica

ROMA Bocciato. Con effetti non immediati - per quelli toccherà attendere qualche settimana - ma il Porcellum non sarà più il sistema con cui andremo a votare alle prossime elezioni. La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità della legge elettorale del 2005. E lo ha fatto senza rinvii e in circa cinque ore e mezza di Camera di consiglio, nel corso della quale quindici giudici presieduti da Gaetano Silvestri hanno votato per tre volte su altrettante questioni, l’ultima delle quali passata per un solo voto. La mannaia della Consulta si è abbattuta su due capisaldi del Porcellum: l’attribuzione del premio di maggioranza senza la previsione di una soglia minima di voti, sia alla Camera che al Senato; le liste “bloccate”, nella parte in cui non consentono all’elettore di esprimere una preferenza.
I PALETTI
In dodici righe di nota ufficiale la Corte si è però affrettata a fornire precisazioni non di poco conto. La prima è sugli «effetti giuridici» della decisione: decorreranno dal momento della pubblicazione della sentenza, che l’ex presidente dell’Antitrust Giuseppe Tesauro dovrà ora scrivere e sottoporre nelle prossime settimane a un nuovo esame della Corte. Nel frattempo, vale a dire da qui all’inizio del 2014, resta in vigore il Porcellum. Ma soprattutto - ed è questa la seconda precisazione della Consulta - «resta fermo che il Parlamento può sempre approvare nuove leggi elettorali, secondo le proprie scelte politiche, nel rispetto dei principi costituzionali». Frase, quest’ultima, messa nero su bianco quasi a prevenire le immaginabili critiche su un ruolo di supplenza arbitraria della Corte da parte di forze politiche per lunghi mesi incapaci di varare una riforma elettorale. Le reazioni non si sono fatte attendere: il Nuovo centrodestra di Alfano e il Pd s’inchinano alla Corte ma invocano una modifica parlamentare; Grillo e Forza Italia, invece, puntano a un ritorno immediato alle urne.
COSA RESTA
Quella operata dalla Consulta è una sorta di “cosmesi normativa” sul Porcellum. Senz’altro non tornerà a rivivere il Mattarellum, ma resterà in vigore un meccanismo proporzionale di attribuzione dei seggi, senza premio di maggioranza, con le differenti soglie di sbarramento previste per Camera e Senato. Inoltre, con una pronuncia tecnicamente definita “additiva”, la Corte ha reintrodotto le preferenze. È stato quest’ultimo un punto di divisione tra i giudici, perchè almeno sette di essi avrebbero voluto far rivivere il Mattarellum. Per il resto la Camera di consiglio avrebbe trovato una sostanziale unanimità. Il primo scoglio da superare era quello dell’ammissibilità della questione di legittimità sollevata dalla Cassazione su sollecitazione dell’avvocato Aldo Bozzi e di altri 26 cittadini elettori. Il dubbio che nei giorni scorsi era stato sollevato da diversi costituzionalisti era che vi fosse un «difetto di incidentalità» tale da comportare uno stop di inammissibilità al ricorso. I quindici giudici avrebbero invece convenuto, all’unanimità, che se fosse stata sposata questa tesi, la legge elettorale rischiava di cadere in una sorta di “zona franca”. Voto pressocché unanime anche sull’irragionevolezza del premio di maggioranza così congeniato dal Porcellum. L’ultima questione, quella relativa alle liste bloccate, è stata la più spinosa. Secondo alcuni, una pronuncia così circoscritta avrebbe comportato il rischio di un vuoto normativo, e dunque era preferibile la “riviviscenza” del Mattarellum. Ma la possibilità di far tornare in vita la legge elettorale con cui si è votato dal ’94 al 2001 è caduta automaticamente quando, per un solo voto, è passata la linea di dichiarare illegittime le norme sulle liste bloccate. Non sarà facile - fanno notare alcuni - scrivere le motivazioni della sentenza su questo punto. Ma dalla Corte vengono assicurazioni sul fatto che, a decisione depositata, resteranno comunque in vigore norme con cui si potrà andare al voto, sempre che il Parlamento non provveda prima diversamente.

Pd, l’allarme di Renzi: Consulta discutibile torna la prima Repubblica. Il sindaco a Bologna attacca la decisione sul porcellum «Le primarie serviranno a dettare l’agenda di governo»

ROMA Si ritorna alla casella di partenza, per l’esattezza alla «Prima Repubblica»: mastica amaro e non nasconde la sua delusione, Matteo Renzi, mentre parla all'Unipol Arena, nella tappa bolognese della sua campagna di candidato alle primarie. Il rush finale verso la segreteria del Pd si sta rivelando una corsa piena di insidie. Non è un caso che nel suo tour elettorale ieri ci sia stato un «buco» di quasi tre ore. Il sindaco le ha passate nel suo ufficio di Palazzo Vecchio a rimuginare sulla sentenza della Corte costituzionale che ha azzerato il Porcellum. Si aprono spazi, se ne chiudono altri.
GENTILONI ATTACCA

«Politicamente - è la sintesi a cui è giunto in serata il rottamatore - non cambia molto, ma tecnicamente la legge elettorale che torna in vigore è quella prima del referendum del 1993, è quella della prima repubblica». Poi alzando i toni, rivolto ai tremila venuti a sentirlo all’Unipol Arena di Casalecchio di Reno: «Se vogliono far finire questi vent'anni tornando indietro... Ma mi sembra una scelta discutibile».
Prima di Renzi, sulla stessa lunghezza d’onda si erano espressi altri esponenti del Pd a lui molto vicini. «Questa sentenza è la fotografia del disastro che si è consumato rinviando continuamente la riforma», è stato il commento di Paolo Gentiloni. Come dire che adesso non si può più fare melina, non si può palleggiare in eterno a centrocampo per mantenere lo zero a zero. «Quello che trovo alquanto bizzarro, e non capisco fino a che punto sia una iniziativa individuale oppure del gruppo - attacca il braccio destro di Renzi - è la scelta di riprendere il percorso dal Senato dove la legge è rimasta ferma 4 mesi. Ripeto: questa scelta non l’ho capita, contrasta anche con quanto ha detto il presidente Grasso. Sono decisioni individuali che rendono la situazione ancora più ingarbugliata». Gentiloni non fa nomi ma è chiaro che sul banco degli accusati c’è innanzitutto la presidente della commissione Affari costituzionali, Anna Finocchiaro.
FACCE SCURE
Per il resto i renziani ci vanno cauti. Molto cauti. Vogliono capire, soppesare, far passare le primarie senza altri scossoni. Ma Gentiloni rimane interdetto: «Non ho capito perché la Consulta non abbia indicato a quando si fa risalire l’incostituzionalità, se addirittura al 2006 o a questa legislatura. E non mi sembra un particolare da poco». Le prime facce scure dei renziani si erano intraviste alla Camera già pochi minuto dopo l’annuncio della Consulta. Allungherà la vita al governo Letta? Depotenzierà Renzi? «Il punto è tutto politico - osserva Lorenzo Guerini, in predicato di far parte della squadra del sindaco - se da una parte il campo per costruire una nuova legge elettorale si restringe, dall’altra sostenere che il Parlamento è illegittimo vuol dire offrire un argomento formidabile a chi vorrebbe tornare alle urne».
Il primo a rompere il silenzio era stato l’ex veltroniano Antonio Funiciello, un renziano acquisito: «Nessuna assemblea legislativa di un Paese occidentale si elegge proporzionale + preferenze», aveva scritto a caldo su Twitter. Il primo campanello d’allarme. La conferma che la decisione dell’Alta Corte sarebbe stata accolta male dal rottamatore, fautore del bipolarismo e di un maggioritario spinto. Il sindaco di Firenze era già stato costretto a incassare la stroncatura del doppio turno votata in Senato. D’allora era iniziata una trattativa per riportare a galla il doppio turno di collegio alla francese, lo schema che più si avvicina al sistema di elezione dei sindaci caro a Renzi.
KYENGE E TOUADI

Al rottamatore impegnato nel suo tour elettorale - domani sarà al Lingotto di Torino - continuano ad arrivare adesioni. Dopo Jean Leonard Touadi, ex assessore congolese della giunta Veltroni, ecco il ministro dell'Integrazione Cecile Kyenge, ieri sera in prima fila alla kermesse bolognese. E si schiera anche Pippo Baudo: «Lo voterò, l'ho conosciuto, mi piace, ha una faccia fresca e giovane. E soprattutto rappresenta una svolta anagrafica nel partito in cui ho militato da sempre».

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