E ora, che succede? La domanda è cominciata a circolare subito dopo che le agenzie hanno battuto una notizia che, solo martedì pomeriggio, sembrava impossibile. La Corte Costituzionale ha cancellato il Porcellum. In molti pensavano che avrebbe rinviato la propria decisione a gennaio. Che avrebbe concesso al Parlamento un’ultima possibilità di fare ciò che non era riuscito a fare fino ad oggi.
Invece no. Ieri mattina i giudici della Suprema Corte si sono riuniti in Camera di Consiglio e ieri sera hanno emesso il loro verdetto: la legge elettorale è parzialmente incostituzionale. Anche se dietro quel «parzialmente» si nasconde una vera e propria bocciatura visto che incostituzionali sono sia le norme che regolano il premio di maggioranza alla Camera e al Senato, sia quelle che prevedono liste bloccate senza la possibilità da parte dell’elettore di esprimere la propria preferenza.
Se questa è la premessa la conseguenza logica è una sola: i deputati e i senatori eletti attraverso il premio di maggioranza sono stati eletti in violazione della Costituzione, quindi il Parlamento è «incostituzionale», lo è il Capo dello Stato eletto da queste Camere, il governo che ha ottenuto la fiducia. Considerato che il Porcellum è stato approvato nel 2005 ci sarebbe materia per sostenere che pure la Consulta, in parte espressione del Parlamento e del Quirinale, proprio in regola non è.
Il tema, quindi, è scottante. Da sette anni il Paese vivrebbe in uno stato di illegalità. Ma è soprattutto il presente a preoccupare. Non a caso qualche giorno fa, sulle pagine del Foglio , il capogruppo di Forza Italia alla Camera Renato Brunetta aveva spiegato che se la Consulta avesse bocciato il Porcellum, l’Italia si sarebbe ritrovata con una lunga lista di parlamentari «abusivi», con ovvie conseguenze per la maggioranza.
In realtà è ancora presto per capire la portata giuridica di questa sentenza. «Attendere il dispositivo - scrive su Twitter il costituzionalista Stefano Ceccanti - anche le virgole contano». Infatti ieri la Corte ha solo annunciato la propria decisione. Nei prossimi giorni il giudice relatore Giuseppe Tesauro scriverà le motivazioni indicando le ragioni che hanno determinato la bocciatura delle due parti della legge ed, eventualmente, formulando auspici per il Parlamento. Appena pronte (ci vorrà una settimana, forse due) le motivazioni saranno distribuite ai giudici costituzionali e poi, in camera di consiglio, lette, eventualmente integrate, e approvate.
Quindi ci sarà la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e, dal giorno dopo, le norme cancellate perderanno di efficacia scomparendo dall’ordinamento. Questo significa che si tornerà al precedente sistema elettorale? Non necessariamente. Anche questo dipende da ciò che è scritto nella sentenza.
Resta inteso, come spiega la Corte nel proprio comunicato, che «il Parlamento può sempre approvare nuove leggi elettorali, secondo le proprie scelte politiche, nel rispetto dei principi costituzionali». Insomma, l’impressione è che i giudici abbiano voluto tirare uno schiaffo alla politica nella speranza che la situazione si sblocchi.
La palla torna quindi alle Camere che hanno la possibilità di trovare un accordo prima che la Consulta pubblichi le motivazioni. Ma la strada resta in salita. Basta pensare che proprio ieri, nella commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama, il Pd si è spaccato con i renziani che chiedevano di trasferire a Montecitorio la discussione sul sistema di voto, mentre gli altri insistevano per istituire un "comitato ristretto" che potesse continuare il lavoro al Senato. Difficile che le cose migliorino visto che Matteo Renzi è destinato a diventare segretario.
In realtà ieri è circolata la voce che il sindaco abbia già stretto un patto con Enrico Letta per tornare al Mattarellum. Ipotesi che non dispiacerebbe ad Angelino Alfano che, appresa la notizia, commenta: «È ottima. A questo punto non ci sono più pretesti e alibi per alcuno. Si deve procedere con urgenza a cambiare la legge elettorale».
Non si sbilancia, invece, il ministro della Riforme Gaetano Quagliariello che interrogato dall’ Adnkronos sulla possibilità di un «ritorno al passato», replica: «Si tratta di capire se c’è o meno la la reviviscenza del Mattarellum, perché a seconda della risposta cambia tutto».
Chi non ha alcun dubbio, invece, è il leader del MoVimento 5 Stelle Beppe Grillo che in un video postato sul proprio blog attacca: «Finalmente la Corte Costituzionale ha deliberato che questo Porcellum è anticostituzionale, ci ha messo 7-8 anni perché ha i suoi tempi. Noi già nel 2005 lo avevamo detto, ma oggi succede una cosa straordinaria, perché se questa legge è anticostituzionale quelli che sono stati eletti con questa legge sono anticostituzionali. L’unica cosa è andare alle elezioni, togliere il Porcellum andare con il Mattarellum».