ROMA L'approdo in Consulta della legge elettorale ha alle spalle una vicenda giudiziaria di ricorsi e bocciature, alla cui base c'è la testardaggine di un avvocato 79enne, Aldo Bozzi, che non si è arreso. Novembre 2009. In qualità di cittadino elettore, l’avvocato Bozzi cita in giudizio la presidenza del consiglio e il ministero dell'Interno davanti al tribunale di Milano, sostenendo che nelle elezioni politiche che si sono svolte dopo l'entrata in vigore della legge 270/2005, il cosiddetto Porcellum, e nello specifico nelle elezioni del 2006 e del 2008, il suo diritto di voto era stato leso perché non si era svolto secondo le modalità fissate alla Costituzione, ossia voto «personale ed eguale, libero e segreto (art. 48) e «a suffragio universale e diretto». Questi gli aspetti contestati: le liste bloccate, il premio di maggioranza senza soglia minima, l’inserimento nella lista elettorale del nome del capo di ciascuna lista o coalizione. Secondo Bozzi, per garantire l'espressione del voto personale e diretto deve essere data all'elettore la possibilità di esprimere la propria preferenza a singoli candidati. E ancora. Attribuire un premio di maggioranza senza agganciarlo a un numero minimo di voti, significa violare il principio di uguaglianza del voto. Terza osservazione: l'indicazione sulla scheda del capo del partito o coalizione, possibile futuro premier, limiterebbe l'autonomia del capo dello Stato nella scelta del presidente del consiglio. Nel giudizio sono intervenuti a sostegno della posizione di Bozzi 25 cittadini elettori. 18 Aprile 2011. Il tribunale di Milano rigetta l'istanza, giudicandola manifestamente infondata. Aldo Bozzi però non si ferma e presenta ricorso in appello. 24 aprile 2012. La corte d'appello di Milano respinge di nuovo il ricorso, motivando che il principio del voto uguale per tutti è da intendersi in senso formale, ossia che nell'urna ogni voto ha lo stesso valore. A quel punto, il legale presenta ricorso in Cassazione. 17 marzo 2013. La Suprema Corte, prima sezione civile, non prende una decisione, ma emette un'ordinanza interlocutoria nella quale segnala numerosi aspetti critici della legge elettorale e il 17 maggio scorso ha rimesso la questione davanti la Corte Costituzionale.