CHIETI Ci voleva purtroppo un’alluvione per riaccendere i fari sulla vicenda dei centri commerciali Megalò presenti e futuri e, quindi, sull’eccessiva incidenza economica e ambientale delle strutture della grande distribuzione nell’area metropolitana Chieti-Pescara. Il sasso nello stagno l’ha buttato in primis il segretario dell’autorità regionale di bacino Michele Colistro, che ha annullato il parere favorevole alla realizzazione delle opere di contenimento del rischio esondazione del fiume Pescara, in particolare dell’argine già costruito ma che sarebbe troppo corto di circa 400 metri rispetto all’area da proteggere e perdipiù senza garanzie di tenuta sismica. Erano proprio gli accordi tra la proprietà del centro commerciale e gli enti locali a prevedere, lo dimostrano i documenti, che gli argini da realizzare avessero una copertura ben più ampia, che oggi non c’è. In questa direzione va un altro intervento molto importante, quello del vicepresidente del consiglio comunale di Chieti, Alessandro Marzoli, che ha presentato un’interrogazione a risposta orale al sindaco Umberto Di Primio e al presidente dell’assise civica. L’esponente del centrosinistra solleva dubbi inquietanti: «Il centro commerciale Megalò - scrive Marzoli - è frequentato ogni giorno da migliaia di persone per shopping e svago, ma non è protetto da particolari costruzioni umane o strutture per il contenimento delle acque del fiume Pescara in caso di esondazioni. Fu lo stesso Comitato Via a nel 2009 a bocciare una richiesta di ampliamento per 30mila metri quadrati proprio perché quella zona così pianeggiante ricade all’interno di un’ansa del corso d’acqua». Premesse chiare, che affermano come le opere di contenimento della forza delle correnti del fiume non siano ritenute rispondenti ai livelli necessari di sicurezza. Ed è per questo che Marzoli chiama di fronte alla sue responsabilità il sindaco di Chieti, Di Primio, quale principale referente istituzionale per la pubblica incolumità e chiede di sapere se l’amministrazione sia a conoscenza di eventuali rischi che il centro commerciale correrebbe in caso di staripamento improvviso del fiume Pescara; se in Comune vi siano documenti atti ad escludere rischi per gli operatori, lavoratori e clienti vista la sostanziale inadeguatezza delle protezioni ed argini esistenti attualmente; se, soprattutto, sia previsto un piano di emergenza per evacuare il territorio su cui insiste il Megalò; infine, quali iniziative l’amministrazione intenda assumere per escludere criticità e pericoli in caso di fenomeni naturali di straordinaria intensità.
In sostanza Marzoli giudica adombra insufficienti misure di sicurezza, a dispetto di quanto sostenuto dalla direzione di Megalò soltanto 24 ore prima, quando aveva chiarito che nei capannoni non vi erano state infiltrazioni e che la chiusura temporanea era stata decisa dal Comune a scopo puramente precauzionale.
Colistro, dal sua canto, ha anche affermato che «c’è un grado di sicurezza non adeguato» in quanto le opere esistenti lungo il corso d’acqua non hanno avuto il previsto collaudo sismico, e che lo stesso argine è stato realizzato senza le necessarie autorizzazioni tecnico-amministrative e su terreni di proprietà demaniale di pertinenza idraulica, il tutto senza la preventiva acquisizione della concessione di legge». Insomma una vera e propria bufera sullo stessa società titolare del Megalò e sugli enti che in qualche modo hanno omesso controlli o favorito illegittimità.