ROMA La Corte costituzionale «si esprime unicamente attraverso i propri atti collegiali e le dichiarazioni ufficiali del suo Presidente. Ogni altra dichiarazione od opinione, manifestata in qualunque diversa forma, non è in alcun modo riferibile alla Corte e non ne riflette il pensiero». In un’asciuttissima nota il presidente della Consulta, Gaetano Silvestri, dà l’altolà a illazioni e retroscena che, a meno di 48 ore dal lodo sulla legge elettorale, stanno già provocando fibrillazioni a vari livelli, dispiegando effetti ancor prima che la sentenza diventi operativa e nota nelle sue motivazioni. La sottolineatura che il pensiero della Corte si esprime solo attraverso i suoi atti ufficiali, sembra anche lasciar trasparire il fastidio per l’impressione che alcune ”informazioni interpretative“ siano filtrate da ambienti della stessa Consulta. Nella medesima nota, Silvestri, sia pur indirettamente, dice la sua sulla querelle - animata soprattutto da Forza Italia e M5S - secondo la quale i 148 deputati eletti con il premio di maggioranza alla Camera sarebbero da considerare decaduti per effetto della decisione della Corte. Il presidente ricorda infatti che sugli effetti della sentenza la Corte si è «ufficialmente espressa con gli ultimi due capoversi del comunicato del 4 dicembre», nei quali si leggeva che la decorrenza degli effetti giuridici inizierà con la pubblicazione della sentenza - quindi tra alcune settimane - e, soprattutto, la legittimazione del Parlamento ad «approvare nuove leggi elettorali, secondo le proprie scelte politiche, nel rispetto dei principi costituzionali».
Innegabile che, comunque, la Consulta abbia messo alle strette tutti i partiti, per mesi rimasti inerti sul superamento del Porcellum, nonostante le ripetute sollecitazioni del Quirinale. Al di là della questione della decadenza dei deputati le opposizioni incalzano per un ritorno alle urne in primavera. Il governo cerca contromisure e Letta, sulle riforme, lavora a concertare una strategia con Giorgio Napolitano che, oltre al premier ha ricevuto ieri il presidente del Senato, Grasso. Ma per tutti arriva, a due giorni dalle primarie, la doccia fredda di Matteo Renzi: «Il governo non si occupi della legge elettorale. Se ne occuperà il Parlamento dopo l’8 dicembre», dice al Tg1 il quasi segretario del Pd, aggiungendo: «Da lunedì bisogna fare le cose che chiedono i cittadini che vanno ai gazebo: non si fanno le riforme che vuole Quagliariello».