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Pescara, 16/05/2025
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Data: 08/12/2013
Testata giornalistica: Il Centro
Quel che l’Abruzzo non puo’ permettersi. Una regione con poco più di un milione di abitanti può davvero permettersi due aeroporti? di Mauro Tedeschini

Anche i ricchi piangono o, quantomeno, non possono più permettersi di sprecare neppure un euro. E’ di ieri la notizia che gli industriali di Chieti e di Pescara hanno deciso di confluire in un’unica associazione, lasciando da parte vecchie logiche di campanile per avere una struttura che costi meno e serva un’area più vasta. E, magari, pesi un po’ di più a livello nazionale. Davanti a segnali di questo tipo, è giunta l’ora che anche il sistema Abruzzo si ponga una serie di domande del genere: ce lo possiamo ancora permettere? Io provo a buttarne lì qualcuna, sperando che ne esca una discussione concreta, senza i soliti sterili insulti: 1) Ha ancora senso avere una Regione con la doppia sede L’Aquila-Pescara? Non sarebbe ora di scegliere il capoluogo una volta per tutte e di concentrare gli uffici, senza più doppioni? 2) Possono ancora esistere comuni con poche decine di abitanti e strutture inesistenti, che finiscono col penalizzare i loro stessi cittadini? L’Abruzzo interno, rispetto a un passato non così lontano, ha raggiunto livelli di spopolamento dell’80%, come ci ricordano spesso i lettori che lì vivono tra non pochi disagi. 3) Invece di avere tanti piccoli porti, non sarebbe il caso di puntare sul potenziamento di un vero scalo marittimo d’ Abruzzo (Ortona), lasciando agli altri, come Giulianova e Vasto, solo attribuzioni specialistiche? 4) Una regione con poco più di un milione di abitanti può davvero permettersi due aeroporti? Ovunque gli scali più piccoli stanno chiudendo per mancanza di traffico: era proprio necessario investire sull’Aquila-Preturo, quando lo stesso aeroporto d’Abruzzo fatica maledettamente a sopravvivere con 600 mila passeggeri? 5) Possono tre distinte università statali, in una regione delle dimensioni di cui sopra, continuare a farsi concorrenza offrendo agli studenti gli stessi corsi di laurea? 6) Possibile che persino nei musei pubblici ci sia una frammentazione che porta a un’offerta così frastagliata e poco attrattiva? Come spieghiamo a pagina 16, molti di questi luoghi attirano un numero di visitatori giornalieri da contare sul palmo di una mano: sarebbe il caso di concentrarsi sui 10-12 musei più importanti. Potrei continuare a lungo con questo elenco, allargandomi a settori come il turismo e l’agricoltura. Preferisco fermarmi qui dicendo: questa è una piccola regione, ha bisogno di dedicarsi a poche eccellenze, da sviluppare con idee chiare e programmi a lunga scadenza. C’è bisogno di una macchina pubblica più snella, che non solo costi meno, ma soprattutto renda di più. I localismi sono una bella cosa, una ricchezza della storia di cui andare fieri. Ma usarli a sproposito può costare molto, ma molto caro.

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