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Pescara, 16/05/2025
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10/12/2013
Il Centro
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Protesta dei Forconi, scontri a Torino. Feriti 14 agenti, aperta un’inchiesta. Proteste, blocchi e disagi in tutta Italia: I leader: «Non ci fermeremo» |
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ROMA L’epicentro della «rivoluzione» del 9 dicembre in cento piazze italiane è Torino. Nella città chiusa per protesta, dove decine e decine di negozi scelgono la serrata per aderire alla mobilitazione dei Forconi contro «i criminali che stanno al potere», l’euro e la globalizzazione, la rabbia esplode poco dopo mezzogiorno quando in piazza Castello, davanti alla sede della giunta regionale, piovono pietre sugli agenti schierati in assetto antisommossa: «Italia, Italia» scandiscono i manifestanti, «ladri, ladri». La risposta della polizia è un lancio fitto di lacrimogeni, ma l’ala dura non arretra. Cadono razzi e oggetti di ogni tipo sugli uomini in divisa, ragazzi a volto coperto si spingono avanti, le forze dell’ordine caricano. La protesta senza bandiere promossa in tutta Italia da un coordinamento di associazioni capitanate dal Movimento siciliano dei Forconi, a Torino resta per un’ora in ostaggio delle frange violente. In piazza, accanto ad ambulanti, camionisti, studenti e disoccupati, ci sono antagonisti ed esponenti dei centri sociali, che si ritrovano accanto a estremisti di destra e ultrà di Juventus e Torino. Un fotografo viene aggredito, le postazioni di Sky e Rai vengono assaltate, il bar Caval ’D Brons, locale simbolo della città, è costretto sotto minaccia a chiudere. «È un manipolo di giovani aggressivi e violenti che poco c’entrano con la manifestazione» corre ai ripari il portavoce del Coordinamento 9 dicembre, Andrea Zunino. «Noi vogliamo rispettare le regole». Mariano Ferro, leader dei Forconi ammette: «Le infiltrazioni mafiose, di estremisti di destra o di sinistra fanno un favore al sistema. Ma ci sono, ha ragione il Viminale. Prometto che i primi poliziotti saremo noi». Ma quando il sit-in si conclude, il bilancio è pesante: 14 tra poliziotti e carabinieri sono rimasti feriti, la procura apre un’inchiesta sugli scontri. Nel capoluogo piemontese il traffico è in tilt, con blocchi stradali e cassonetti in mezzo alle strade, 17 treni in ritardo o cancellati. «Ma andremo avanti a oltranza – annuncia Zunino – il governo si deve dimettere. Non vogliamo tavoli, se ne devono andare». Da Roma il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha già fatto sapere che il governo non si farà intimidire: «Le proteste sono legittime se rispettano la legge. Noi impediremo che vengano violate». È un giorno di presidi, blocchi e disagi pesanti in tutta Italia. Dopo Torino, le tensioni maggiori di registrano a Roma, dove un gruppo di esponenti del Movimento sociale per l’Europa si allontana dal presidio autorizzato che si svolge senza particolari tensioni in piazzale dei Partigiani per lanciare fumogeni e petardi prima davanti alla sede del Gruppo Espresso, quindi davanti alla Regione Lazio: 11 militanti vengono denunciati. «Il Paese corre il rischio di scivolare su un crinale pericoloso – avverte il Garante per gli scioperi Roberto Alesse – per quanto ci compete il principio è quello della “tolleranza zero”». Se in Sicilia, culla del movimento, la linea dura dei prefetti ha evitato ripercussioni sulla circolazione, nel resto del Paese la contestazione ferma treni e blocca svincoli, con proteste ovunque, da Palermo, a Napoli, fino a Vicenza e Verona. In Liguria la protesta cancella 90 convogli ferroviari, settanta dei quali a Genova dove operai, vigili del fuoco, studenti e commercianti marciano con gli ultrà di Genoa e Sampdoria. Anche la sopraelevata viene bloccata. Nel mirino c’è anche Equitalia. A Cagliari il movimento AntiEquitalia blocca il traffico, a Sassari il presidio è dominato da una bara con su scritto «Commercianti». Presidio anti-tasse anche a Bologna. Centri sociali e studenti in corteo a Milano, con stop al traffico in zona Expo. Blocchi si registrano a macchia d’olio nel Veneto, a Savona, Imperia, Andria, Catanzaro (dove manifesta anche Casapound), nel Salernitano. Rallentamenti a Varese come a Caserta: «Ci hanno portati alla fame, ribellarsi è un dovere».
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