ROMA Roberto Alesse è il presidente della Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, un titolo lunghissimo. Per linee essenziali è semplicemente il Garante degli scioperi, l’uomo che decide se uno sciopero è legittimo o no. Di questi tempi ha un superlavoro da fare.
Presidente, da Genova a Torino, dalla Puglia alla Sicilia, l’Italia si sta fermando. Blocchi, proteste, forconi: siamo quasi alla paralisi dei servizi pubblici essenziali. E’ legittimo tutto ciò? E’ possibile che una minoranza di manifestanti impedisca la vita ordinata di un Paese?
«Non è assolutamente possibile. Tutto quello che sta avvenendo ad esempio nel settore del trasporto pubblico locale ci fa capire che il Paese corre il rischio di scivolare lungo un crinale pericoloso. Continuando così salteranno i servizi pubblici essenziali. E non è ammissibile».
E che cosa sta facendo la Commissione di garanzia per impedire questa deriva?
«Tutti gli uffici dell’Autorità di garanzia sono impegnati in un’opera attenta di monitoraggio, in stretto contatto con le Prefetture. Accerteremo le responsabilità ai fini della eventuale applicazione delle sanzioni. Il principio che attuiamo è quello della tolleranza zero. Vogliamo evitare che l’Italia diventi in modo permanente una giungla selvaggia al cui interno ognuno si faccia giustizia da sé».
Secondo lei la macchina delle Istituzioni sta facendo tutto quanto è nelle sue possibilità per arginare il fenomeno dei “forconi”?
«Le risposte che stiamo dando sono ancora oggettivamente deboli, poco efficaci. Secondo me bisognerebbe fare più squadra. Tutti i soggetti istituzionali competenti per materia dovrebbero fare fino in fondo la loro parte coordinandosi in modo sinergico. Così si potrebbero neutralizzare le proteste attraverso un’incisiva azione di prevenzione e di mediazione dei conflitti. Quello che manca è l’apertura di un tavolo permanente di confronto, manca una regìa complessiva in grado di favorire il dialogo».
Come si può attuare, secondo le sue parole, la «prevenzione dei conflitti»?
«Intanto mi preme di sottolineare che la logica del muro contro muro non giova a nessuno. La sfida è di natura preventiva e non di mera applicazione delle sanzioni. Spesso mi trovo a constatare quello che dicevo prima, cioè l’assenza di regìa nelle risposte da dare. Noi abbiamo da mesi, da anni, aree nevralgiche di crisi che investono interi settori dei servizi pubblici essenziali sulle quali non facciamo nulla. Comunque, è la legge che ci chiama, laddove sia possibile, a compiere uno sforzo di mediazione e prevenzione del conflitto collettivo di lavoro».
Può aiutarci a capire meglio come si esplica nei fatti l’attività del Garante degli scioperi?
«Il mio ufficio deve rispondere a una legge specifica che è quella che disciplina l’esercizio del diritto di sciopero. Deve fare un doppio sforzo nell’ottica del bilanciamento tra valori costituzionali differenti: da un lato la difesa strenua del diritto di sciopero e dall’altro la difesa del diritto dei cittadini utenti di poter usufruire dei servizi pubblici essenziali. Il bilanciamento, certo, lo si attua anche con un forte potere sanzionatorio nei confronti dei protagonisti delle proteste selvagge, siano essi sindacati, i singoli lavoratori o le stesse aziende. L’anno scorso le sanzioni si sono raddoppiate; abbiamo constatato un aumento vertiginoso delle violazioni di ordine formale. Però la legge ci chiama anche a compiere un grande sforzo di mediazione e di prevenzione su questi conflitti. Ed è su questo terreno che, con grande fatica, ci stiamo cimentando».
(*) Presidente della Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali