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Data: 12/12/2013
Testata giornalistica: Il Centro
Forconi, la protesta sbarca anche in città. Presidio di giovani con slogan, striscioni e volantini su ponte San Ferdinando Momenti di tensione e accuse al sindaco quando arrivano i vigili urbani

TERAMO I Forconi sbarcano anche in città. Il movimento di protesta, che si è diffuso a livello nazionale promuovendo una "rivoluzione pacifica", ieri mattina ha istituito il primo presidio su ponte San Ferdinando, a due passi dal palazzo di giustizia. I dimostranti, quasi tutti giovani, armati di un megafono, hanno scandito slogan antipolitici e contro il sistema che crea disoccupazione e precarietà. Il solo vessillo ammesso dal "Comitato 9 dicembre", di cui fanno parte i cosiddetti Forconi, è il tricolore. Così nell'angolo della protesta, animato dagli attivisti che consegnano volantini ai passanti, campeggiano la bandiera italiani e striscioni con scritte come: "Ribellarsi è un dovere". La reazione più immediata non è tanto quella della gente, che passa incuriosita e scambia qualche battuta con i giovani manifestanti condividendone la protesta, ma delle forze dell'ordine. Pochi minuti dopo l'installazione del presidio, con gli striscioni appesi ai lati del ponte e il manifesto con il codice etico del comitato davanti al semaforo di via Fonte Regina, sul posto arrivano agenti della Digos e pattuglie dei carabineri. I dimostranti spiegano i motivi della protesta e sottolineano che nel dna del movimento c'è il rispetto della Costituzione e delle leggi, per cui non c'è nulla da temere dal punto di vista della sicurezza. Ma i toni crescono e accendono momenti di tensione quando arriva una pattuglia dei vigili urbani. «Gli agenti hanno modificato il funzionamento del semaforo manovrandolo manualmente», racconta Franco De Angelis, coordinatore dell'Arco, che ha messo a disposizione la sede dell'associazione a ridosso del presidio, «e bloccando il segnale verde sull'attraversamento pedonale per impedire che potessimo parlare con i passanti e distribuire i volantini». Dopo un periodo in cui il semaforo è rimasto fisso sul rosso, stando a quanto riferiscono gli attivisti, la luce che consente il passaggio a piedi ha ripreso a funzionare ma con intervalli brevissimi. «Chi ha mandato qui i vigili?», chiede De Angelis secondo cui l'intervento della polizia municipale è stata una chiara azione politica, «forse il sindaco sceriffo Maurizio Brucchi per scoraggiare la manifestazione?». Il popolo dei forconi dice di non riconoscersi in alcun partito e pesca in tutte le categorie sociali: giovani, anziani, studenti, disoccupati, precari, piccoli imprenditori ed esodati. «Questa classe dirigente non ci rappresenta», scandiscono i militanti, «i poltici devo andare tutti a casa». La rivoluzione pacifica, che in provincia è portata avanti anche con presidi e blocchi organizzati da trasportatori e agricoltori all'uscita autostradale di Val Vibrata, nei pressi della rotonda del centro commerciale di Colonnella, e sul ponte del Tronto, riporta a livello locale i temi della contestazione nazionale in corso ieri a Roma proprio mentre il parlamento votava la fiducia al governo. «Letta è come Monti, Draghi e altri», insistono i manifestanti, «fanno tutti parte della stessa lobby massonica di nominati». I forconi vogliono l'immediato ritorno alle urne per consentire al popolo di scegliere i suoi rappresentanti. «Dov'è la crescita occupazionale annunciata dal governo?», affermano gli attivisti, «le riforme finora hanno provocato solo disastri». L'onda della protesta non risparmia neppure i politici locali. «Non ci fidiamo di loro", dice De Angelis, «la classe dirigente teramana è costituita da figli che sembrano aver ricevuto i loro incarichi per diritto di successione dai loro padri». Il movimento dei Forconi vorrebbe raccogliere quante più adesioni possibile e trasversali. «In tanti dopo aver preso il volantino al presidio ci hanno chiamato», sottolineacon orgoglio De Angelis, «per unirsi al comitato lasciando nome, cognome e numero di telefono». L'obiettivo, dicono, è portare a Roma due milioni di persone per dar vita alla grande manifestazione con cui mettere sotto pressione il governo.

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