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Data: 13/12/2013
Testata giornalistica: Il Centro
Forconi, blocchi e tafferugli Alfano: c’è rischio ribellismo. A Ventimiglia bloccata per ore la frontiera con la Francia, manifestazioni da nord a sud 55 denunce e 14 agenti feriti. Lettera con minacce di morte alla presidente della Fita-Cna

ROMA Cortei e lanci di bombe carta a Roma, serrande abbassate e commercianti mobbizzati dai manifestanti a Milano, blocchi stradali in Liguria e in Piemonte, minacce di morte ai rappresentanti delle categorie che non vogliono piegarsi al popolo dei Forconi. La protesta del movimento che, senza regia, e come un virus ha ormai contagiato tutta Italia, è arrivata ieri al quarto giorno. Ed è stato un giovedì carico di tensione con il rischio espresso chiaramente dal ministro dell’Interno Angelino Alfano, che esponenti politici possano scendere in piazza accanto ai ribelli alzando il livello di allarme. «Chi è nelle istituzioni non dovrebbe cavalcare la protesta dei violenti» ha detto il vicepremier che ha parlato di «un fronte violento» e di un «rischio di una deriva ribellistica indirizzata contro istituzioni nazionali ed europee a cui non farebbero mancare il proprio sostegno organizzazione antagoniste». Alfano è tornato sul gesto dei poliziotti che si sarebbero tolti i caschi in segno di solidarietà con i manifestanti: «È stato strumentalizzato» il commento del ministro. Un caso che sembra chiuso dunque. Sulle strade però è stato il caos. È sempre il nord-ovest l’epicentro dei ribelli, che ieri hanno puntato alle frontiere con la Francia. Prima, hanno paralizzato il valico a Ventimiglia dove, all’alba, un gruppo di manifestanti sono riusciti a mettere di traverso auto e camion lungo la statale Aurelia. Il blocco ha resistito per ore con continui scontri tra i protagonisti del presidio e gli agenti che, alla fine hanno liberato la strada sparando lacrimogeni. Nel pomeriggio, la protesta si è spostata in Piemonte dove gli attivisti hanno bloccato sia l’accesso al ponte sul fiume Roja che porta Oltralpe, sia il cavalcavia di Roverino che conduce alla statale 20 e che raggiunge il territorio francese. A Roma, dove il Viminale ha alzato il livello di attenzione sugli obiettivi sensibili in vista della manifestazione annunciata dai leader del movimento per la prossima settimana, i quartieri del centro sono stati percorso da quattro cortei mentre alla Sapienza gli studenti hanno lanciato bombe-carta durante gli scontri con le forze dell’ordine. I Forconi hanno invaso, con un presidio improvvisato anche il centro storico di Firenze, mentre a Milano l’epicentro della protesta è rimasto in piazzale Loreto dove mercoledì c’è stata una rissa con i tifosi dell’Ajax. La zona è rimasta paralizzata per il quarto giorno consecutivo. Dal nord al sud. A Palermo dove il movimento è nato, un centinaio di persone ha manifestato davanti alla sede di “Riscossione Sicilia” bloccando il traffico e sventolando mutande poi appese sugli alberi. Blocchi, ma anche minacce. Un’altra lettera minatoria con esplicite minacce di morte e firmata con la frase «Viva la mafia, viva i Forconi» è stata recapitata a Cinzia Franchini, presidente della Cna-Fita che rappresenta il 30 per cento degli autotrasportatori italiani «colpevole» di aver preso le distanze dalla protesta. «Il 90 per cento della categoria non sta con il movimento dei Forconi» è stato il commento lapidario di Cinzia Franchini che si è detta preoccupata seriamente per le minacce. «Il tono del volantino è molto violento. Mi aspetto una presa di posizione pubblica del movimento dei Forconi». Sale intanto il numero delle persone denunciate. Il ministro Alfano ieri ha parlato di 55 persone denunciate e 14 agenti feriti. A Torino, dove la questione dei blocchi si è fatta molto seria visto che la Procura ha ipotizzato anche il reato di «devastazione», i magistrati hanno chiesto la custodia cautelare in carcere per cinque delle sei persone arrestate. A Genova, i dimostranti che rischiano di finire nei guai sono almeno duecento. Ma la protesta non si placa e i leader dei Forconi si stanno preparando a una «marcia su Roma». Mariano Ferro, siciliano, uno dei capi che nei giorni scorsi si è dissociato pubblicamente dai metodi violenti, ma che aderirà alla «marcia» ieri ha accusato chi sta attaccando il movimento. «Stanno spostando il dibattito sulle questioni di ordine pubblico per non parlare dei veri motivi che hanno fatto scendere la gente in strada: le tasse e il lavoro. Ci rappresentano come ubriachi e folli, ma non ci faremo distruggere da chi cerca di infiltrarsi nel nostro movimento».

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