TERAMO Crea dal nulla una “banca parallela”. Svuota i conti della Tercas di 220 milioni. Diventa ricco. Ma la parabola del dg rampante si chiude davanti a un paio di manette. Antonio Di Matteo, 55 anni, è stato arrestato alle 7,30 di ieri dalla guardia di Finanza di Roma nella sua abitazione di Avezzano. L’ex direttore generale della Tercas è a Regina Coeli. Inquinava le prove, controllava ancora dall’esterno la sua ex banca entrandone nei computer grazie a due dipendenti amiche. Con lui sono indagate altre 18 persone, tra le quali la compagna Cinzia Ciampani, l’ex presidente della Tercas, Lino Nisii, gli imprenditori Raffaele Di Mario e Antonio Sarni, il re delle tv, Francescantonio Di Stefano e il politico-manager Gianpiero Samorì. Associazione a delinquere, riciclaggio, bancarotta fraudolenta, appropriazione indebita e ostacolo alle funzioni di vigilanza: accuse pesanti come macigni. Sedici le perquisizioni, 199 i milioni sequestrati insieme a yacht e ville piscina. In 80 pagine d’ordinanza, chiesta dai pm romani Giuseppe Cascini, Francesca Loy e Sabina Calabretta, ed eseguita dal Nucleo speciale di polizia tributaria, la procura svelae il metodo Di Matteo che«da un lato gestiva direttamente il credito della banca a favore di imprenditori amici e, dall’altro, era percettore di finanziamenti bancari attraverso lo schermo di società fiduciarie o intestate a "prestanomi"». Questo l’obiettivo, ottenuto attraeverso tre tappe. Ecco la prima. L’ACQUISTO CARIPE. Di Matteo così avrebbe “ingrassato” la Tercas per sottrarle 200 milioni. L’operazione Caripe, scrivono i pm, «E’ discesa dalla sua volontà di portare la Tercas oltre i confini che le erano propri prima del suo arrivo, pur in presenza delle conosciute sofferenze patrimoniali, procedendo all'acquisizione della Cassa di Risparmio di Pescara. Ma dall’operazione Caripe è emerso che l'acquisizione è stata autorizzata dalla Banca d'Italia sulla base di un patrimonio di vigilanza superiore a quello detenuto». COME AGIVA. Semplice, con il cosiddetto portage (collocare titoli presso terzi con successivo obbligo di riacquisto) in modo da fare entrare in bilancio denaro e farne uscire impegni finanziari-titoli. «L'operazione avveniva sempre», scrive la procura, «con il collocamento presso amici imprenditori, destinatari poi di finanziamenti generosi o al pubblico di risparmiatori, di obbligazioni subordinate assimilabili a pronti contro termine». IL CASO SMIB. «Nel 2007, dopo i primi contatti con le autorità centrali sammarinesi da parte di esponenti di Banca Tercas, e di fronte al diniego della Banca d'Italia all'operazione, Di Matteo e i suoi associati hanno comunque proceduto all'acquisizione e all'utilizzazione di fondi provenienti dalla Tercas, intestando azioni di quest’ultima a soggetti (Di Mario, per 3,5 milioni, Di Stefano per 49 e la Ciampani) destinatari di finanziament Tercas che, in circostanze ordinarie, non avrebbero mai ottenuto. SOLDI ALL’ESTERO. Le attività investigative hanno delineato fitta rete di operazioni finanziarie, schermate da conti correnti esteri "cifrati" «e di cui sono risultati reali beneficiari gli esponenti apicali del sodalizio criminale». In particolare, Di Matteo è risultato destinatario della somma di 2 milioni di euro su un conto corrente schermato aperto a Singapore. IL PRIMO “PECCATO”. Tutto però parte dai 23 milioni a Di Mario, un prestito d’oro troppo facile: «In tale contesto, il Di Mario, dietro la regia di Di Matteo, prima della dichiarazione di fallimento della holding Dimafin spa, costituiva un fondo immobiliare chiuso denominato Diaphora 1 che gli ha consentito di accedere ad ulteriore credito erogato da Tercas e dalla Banca sammarinese». IL BLITZ FINALE. Il gip di Roma, Vilma Passamonti, ha chiusola partita sequestrando199 milioni sotto forma di conti correnti, 4 ville a Pomezia e Modena; 15 appartamenti a Roma, Bologna, Isernia, L'Aquila, Teramo, Perugia, Modena, Ferrara e Reggio Emilia; un attico con piscina all'Eur/Roma; un outlet a Milano; la sede di Roma dell’azienda televisiva Centro Europa 7 srl; e poi 12 terreni, 2 yacht e 7 auto di lusso come una Maserati coupe. Per finire con le perquisizioni di 16 abitazioni, della sede centrale di Banca Tercas, delle filiali di Montorio, Roseto ed Avezzano e della filiale di Porto San Giorgio della Popolare di Spoleto.
E’ un avezzanese doc di 56 anni cresciuto al fianco di Consorte
TERAMO Chi è Antonio Di Matteo? 56 anni, avezzanese doc, cresciuto al fianco del teatinoi Giovanni Consorte (Unipol), passato poi in Banca Popolare dell'Adriatico, con Giandomenico Di Sante che lo lasciò andare tra le braccia di Lino Nisii alla direzione generale della Banca Tercas. Era il primo giugno del 2005, rampante, spregiudicato e profondo conoscitore della materia bancaria, Di Matteo è rimasto in Tercas fino al 30 settembre 2011, affondato da primo avviso di garanzia. Nei sei anni teramani, è stato anche amministratore delegato di Banca Caripe (3 gennaio 2011-26 settembre dello stesso anno) e, nel 2007, presidente della Commissione regionale Abi Abruzzo. L'ex direttore generale ora è indagato in tre grandi inchieste condotte dalle procure di Roma, Milano e Perugia. Casi fotocopia, tutti con imprenditori di volta in volta favoriti con prestiti d’oro, come per la banca di San Marino o la Banca di Spoleto. Il suo nome compare anche nell’inchiesta su Banca Marche per un singolarissimo retroscena: dall’ispezione di Bankitalia in Tercas spuntarono infatti tre assegni dell’ex dg Massimo Bianconi da cui partì l’indagine ispettiva nella banca marchigiana culminata con il commissariamento. A Teramo Di Matteo ha però avuto fama di grande banchiere: una sorta stratega della finanza, capace di far diventare un istituto locale un «vorace predatore», come lo definì Mf in un articolo di qualche tempo fa. Tutto è filato liscio fino a che la Vigilanza della Banca d'Italia ha accentuato i controlli sugli istituti medio-piccoli, «ponendo grande attenzione sulla dotazione patrimoniale, sul controllo dei rischi e sulle strategie industriali», spiegano gli addetti ai lavori. Il pentolone così si scopre e spuntano azioni vendute in quantità industriale all’amico delle tv Di Stefano; prestiti d’oro ad imprenditori come Di Mario e Sarni e cessioni di quote a personaggi come Samorì. Ma, come Icaro, lo stratega Di Matteo volava alto, troppo alto, quando, a settembre di due anni fa, fu costretto a dimettersi, sostituito da Dario Pilla, ex dg di Banca dell'Adriatico. Il ricambio al vertice di Tercas e l’arrivo del commissario Riccardo Sora, non sono però bastati per placare procura e finanza. Perché Di Matteo ha continuato a controllare, da fuori, i conti della sua ex banca attraverso dipendenti che gli sono rimasti fedeli.