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Pescara, 18/12/2025
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20/12/2013
Il Messaggero
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Il Senato boccia l’aumento Irpef a Roma: buco nel bilancio 2014. Non passa la norma sui licenziamenti i lavoratori delle municipalizzate con i conti in rosso (come Ama, Atac, Cotral). Ora i servizi sono nel mirino: tagli su trasporti, asili e Ama |
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Qualcuno, come il deputato del Pd Umberto Marroni, già agita lo spettro del default. Roma come Detroit, la città americana costretta a portare i libri in tribunale. Il decreto che doveva servire a salvare le finanze capitoline rischia di fallire il suo obiettivo. Una cattiva notizia per il Campidoglio. Meno per i cittadini che, se la norma non fosse saltata, sarebbero stati costretti a coprire il buco dei conti con un maxi aumento dell’addizionale Irpef: dallo 0,9% all’1,2%. La stangata sulle tasse è stata bocciata al Senato in una convulsa giornata nella quale il governo è stato battuto su un emendamento firmato da Linda Lanzillotta e Pietro Ichino di Scelta Civica. Lo stop al rincaro dell’Irpef è riuscito a ricomporre, per un giorno, persino la frattura nel centrodestra. Forza Italia e Ncd si sono ritrovati uniti nel voto contro l’aumento delle tasse, in una coalizione larghissima, dal Movimento Cinque Stelle alla Lega Nord. «Abbiamo posto un problema politico», spiega Gianluca Susta, senatore di Scelta Civica. «Non era possibile un intervento a carico del bilancio pubblico a favore di Roma senza fare in modo che l’amministrazione capitolina desse un segnale concreto della volontà e dell’impegno a risanare i conti». SALTANO I TAGLI Il riferimento è ad un altro emendamento presentato dalla Lanzillotta che ha bloccato fino a due giorni fa l’iter del decreto al Senato, e che prevedeva una serie di misure per coprire i buchi del bilancio della Capitale. Misure che andavano dalla possibilità di licenziare «per motivi economici» i lavoratori delle municipalizzate con i conti in rosso (come Ama, Atac, Cotral), passando per la privatizzazione del trasporto pubblico locale, fino alla cessione di quote Acea, ma mantenendo il controllo ed escludendo le reti. L’emendamento è stato riscritto, inserendo un riferimento all’articolo 2359 del codice civile. Un dettaglio tecnico, ma che di fatto può lasciare al 51% la partecipazione del Comune. Anche sui licenziamenti per motivi economici delle partecipate c’è stato un dietrofront. Questo, spiega Susta, nonostante «il piano di spending review e privatizzazioni ricalcasse quello che a livello nazionale sta portando avanti il governo Letta e che il neo segretario del Pd, Matteo Renzi, ha posto tra gli obiettivi della sua politica economica». L’emendamento «riscritto» è stato approvato, ma come risposta Scelta Civica ha deciso di votare contro l’innalzamento dell’Irpef. Ne è nato un duro scontro tra Lanzillotta e il sindaco Ignazio Marino. La prima ha difeso l’emendamento attaccando la politica del «tassa e spendi» che ha portato Roma ad avere il prelievo più alto su casa e redditi. Marino ha tentato di difendersi accusando la senatrice di «battaglie ideologiche» che non tengono conto della «complessità della situazione della Capitale». LE MOSSE SUCCESSIVE Cosa accadrà adesso? Il Campidoglio rassicura che per il bilancio del 2013 non ci sono problemi. Qualche serio grattacapo ci sarà per i conti del 2014. Ogni decimale di aumento Irpef, vale per Roma 45-50 milioni. Il rischio, dunque, è che si crei un buco di 130-150 milioni per l’anno prossimo. Difficile che la norma possa essere modificata al Senato. Ma il governo è già in allerta. Secondo quanto ricostruito da Il Messaggero, Palazzo Chigi starebbe già studiando di inserire di nuovo l’aumento Irpef all’1,2% nel decreto milleproroghe.
Ora i servizi sono nel mirino: tagli su trasporti, asili e Ama. I contratti delle aziende municipalizzate saranno ridotti almeno del 20 per cento.
Un terzo di spesa in meno per ogni dipartimento. Quindi, servizi ridotti: dal trasporto pubblico alla pulizia della città, dagli asili alla manutenzione stradale. La cura da cavallo per il Comune di Roma, che sarà inserita nel bilancio di previsione del 2014, sembra ormai inevitabile. Ogni settore della macchina capitolina dovrà ridurre il budget del 30-35 per cento (con la probabile eccezione delle politiche sociali), mentre le aziende del gruppo (Ama e Atac in testa) vedranno decurtati i loro contratti di servizio del 20 per cento. Sacrifici inevitabili, che possono essere mitigati solo da una seria politica di riduzione degli sprechi. A questo potrebbe contribuire lo sviluppo della centrale unica per gli acquisti, da estendere anche alla municipalizzate, che secondo l’assessore al bilancio Daniela Morgante comporterebbe risparmi per 130 milioni complessivi. Anche perché l’alternativa ai tagli profondi alla spesa è drammatica: avviare un piano di riduzione del personale, a partire dalle aziende. «Il Pd capitolino, attraverso una analisi accurata, indicherà già dalla proposta di bilancio 2014 un piano di rientro triennale in grado di riportare in equilibrio il bilancio, con risparmi concreti ed efficientamento della spesa», spiega Alfredo Ferrari, presidente della commissione bilancio. LE CIFRE
La situazione da affrontare è oggettivamente molto complicata: il prossimo anno l’amministrazione potrà spendere complessivamente 5,3 miliardi, contro i 6,5 del 2013. E in questi giorni stanno venendo a mancare, in Parlamento, alcuni strumenti utili per far quadrare i conti. In primis l’emendamento presentato dal senatore Felice Casson (Pd), poi ritirato, che avrebbe consentito al Campidoglio di trattare direttamente con il Governo i fondi da destinare al trasporto pubblico, senza passare per la Regione. Ignazio Marino puntava a ottenere 300 milioni da Palazzo Chigi, su questa voce, ma verosimilmente dovrà accontentarsi di molto meno. L’altra notizia negativa arriva dalla bocciatura dell’emendamento sull’Irpef, che avrebbe concesso a Palazzo Senatorio la possibilità di innalzare ulteriormente, dal 1° gennaio, l’addizionale comunale all’imposta sul reddito, portandola dallo 0,9 all’1,2 per cento. Sebbene Marino e l’assessore Morgante abbiano sempre negato di voler utilizzare questa facoltà (ma l’emendamento era stato presentato in seguito a richieste arrivate dal colle capitolino) l’incremento dell’Irpef era una delle possibilità contenute nelle simulazioni eseguite dagli uffici tecnici. E valeva 135 milioni di euro. MINISINDACI
«È impossibile programmare i servizi sociali per il 2014». L’allarme di alcuni Municipi è arrivato direttamente all’assessore al bilancio, Daniela Morgante. «Abbiamo chiesto spiegazioni e ci è stato detto che una parte dei fondi previsti nel bilancio 2013 è bloccata a causa della legge di stabilità - spiega il portavoce dei Municipi, Giammarco Palmieri - però noi abbiamo oggi l’esigenza di programmare tutti i servizi sociali per il 2014. E con i fondi realmente a disposizione copriamo appena tre mesi». Questo sarà uno dei temi dell’incontro che la Morgante avrà nei prossimi giorni coi minisindaci sul bilancio. Per ora una data non c’è. «Speriamo sia prima di Natale - dicono i presidenti - dobbiamo cominciare a discutere insieme di tutta la manovra».
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