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Data: 22/12/2013
Testata giornalistica: Il Centro
La riforma del lavoro - Renzi: contratto unico e reddito minimo. Il segretario del Pd prepara il “job act”: meno tutele ai neoassunti, indennizzo per i licenziati, riforma degli ammortizzatori. Landini (Fiom)«Parli italiano e ripristini l’articolo 18»

MILANO Si chiamerà Job Act, all'americana. Sarà pronto entro fine gennaio e per il neosegretario del Pd, Matteo Renzi, è la prima vera gande sfida. La riforma del lavoro che porterà con sé la revisione degli ammortizzatori sociali, della cassa integrazione, della formazione. Le tracce sostanziali del cantiere si trovano in uno dei documenti della Leopolda. «Abbiamo individuato cinque fattori chiave per una riforma del lavoro: revisione della disciplina contrattuale, tassazione del lavoro, rapporto formazione-lavoro, investimenti, Unione Europea. L'inserimento di un contratto unico a tutele progressive sarebbe fondamentale, così come una modifica della riforma Fornero, che snellisca i processi di licenziamento e riduca il costo delle assunzioni a tempo indeterminato. Bisogna anche combattere il lavoro sommerso e rivedere le normative su tirocini - che hanno finalità di inserimento o reinserimento lavorativo ma non costituiscono un rapporto di lavoro vero e proprio - affinché le aziende non ne approfittino per aggirare i contratti di apprendistato, che si configurano, invece, come contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato e sono quindi più onerosi per il datore di lavoro»: queste le parole contenute in uno dei documenti programmatici che sta ispirando il Job Act firmato Renzi. Al primo posto, sicuramente, l'introduzione di un contratto unico. Contratto unico. Un unico contratto a tempo indeterminato per i neo assunti, in sostituzione del gran numero di contratti atipici esistenti con tutele che crescono all'aumentare della durata dell'impiego. Per un primo periodo sarà prevista la possibilità di interrompere il rapporto di lavoro prevedendo un indennizzo economico. Le tutele previste dall’articolo 18 sarebbero introdotte a partire dal completamento del terzo anno di assunzione. L'indennità dovrebbe essere pari a 5 giorni per mese di anzianità, fino al limite massimo dei 3 anni di anzianità lavorativa, dopo i quali scattano le coperture dell'articolo 18. Flexsecurity. Il modello preso a esempio è quello danese, dove la protezione sociale per i lavoratori è particolarmente elevata: in Danimarca il trattamento è pari al 90% dell'ultima retribuzione per il primo anno successivo al licenziamento, poi 80% il secondo, 70% il terzo e 60% il quarto. E, come in Danimarca, anche in questo progetto la gestione del trattamento è affidata a un management responsabilizzato circa i risultati: infatti il finanziamento del trattamento complementare è accollato all'impresa che licenzia, la quale ha dunque tutto l'interesse a che il lavoratore venga ricollocato il più presto possibile. La stessa impresa è dunque incentivata anche a scegliere i servizi di assistenza intensiva più efficaci. Reddito minimo. Il reddito minimo è considerato sia come misura di assistenza sociale che come contributo per l'avviamento di una vita autonoma e impone al beneficiario di partecipare a corsi di formazione o altri programmi di incentivazione all'occupazione. Ma stante la ristrettezza delle risorse il Job Act dovrebbe assumere un doppio binario: un intervento sul salario minimo orario e, successivamente, un vero e proprio reddito minimo che dovrebbe rappresentare il superamento della cig in deroga e dell'attuale Aspi. Centri impiego. Il neosegretario del Pd ha più volte ripetuto che i centri per l'impiego non funzionano. Un dato su tutti: intermediano tra il 3% e l'1% dei contratti di lavoro, contro il 20% dell'Inghilterra. In più, secondo Renzi, non hanno professionalità adeguate e non sono collegati in modo appropriato al mondo del lavoro, non dando risposte al problema del mancato matching of job. Qui il progetto del Pd punta alla Svezia: le commissioni locali (sinonimo italiano di province o consorzi comunali) dirigono, coordinano e sviluppano le politiche del lavoro a livello territoriale e sono responsabili dei Centri per l'Impiego (circa 500 distribuiti prevalentemente nel Sud del paese). L'autonomia di gestione del budget da parte dei dirigenti è totale: possono assumere, licenziare e hanno la responsabilità del successo o meno di un determinato progetto.

Landini (Fiom)«Parli italiano e ripristini l’articolo 18»

«Se Matteo Renzi vuole fare una cosa intelligente ripristini l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori per impedire i licenziamenti ingiustificati. Ripristini un diritto di civiltà». Lo ha detto il leader della Fiom, Maurizio Landini, intervistato da Fabio Fazio durante la trasmissione “Che tempo che fa”. Landini ha spiegato che il problema è quello di agevolare le assunzioni e non i licenziamenti. L’articolo 18 - ha spiegato - è già stato cambiato dal governo Monti «ed ha aumentato i licenziamenti». Poi un altro consiglio al segretario del Pd: «Cominci a parlare in italiano e a fare delle cose precise». Landini ha citato la battuta che - ha detto - «mi ha fatto un operaio una volta: “Da quando voi politici e sindacalisti avete cominciato a parlare in inglese io ho meno diritti. Quand'è che tornate a parlare in italiano?”»

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